Fiat. Torino, riunione dei "complici" con palo

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26 Luglio 2010 - 23.02


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di Pietro Ancona.

Si apre una settimana cruciale per lo sviluppo del colpo di stato sociale che la Confindustria e in particolare la Fiat stanno realizzando in Italia con l”aiuto di Sindacati fedifraghi e politici ruffiani. Si svolge a Torino e non a Roma, al Ministero del Lavoro, una riunione convocata da Sacconi con Marchionne, Cisl ed Uil, Cgil, il sindaco di Torino e il presidente della regione Cota. Si dovrebbe scongiurare il trasferimento della produzione da Torino alla Serbia.

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La povera Serbia accetterebbe di farsi spolpare fino all”osso accollandosi la costruzione di grande parte dello stabilimento e assicurando condizioni fiscali di coloniale favore, ivi compresa una zona franca Fiat.

 

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Inoltre consegnerebbe al Gran Visir degli Agnelli gli operai ben selezionati a prezzi stracciati, ultradisciplinati, disponibili a qualsiasi sacrificio pur di portare a casa un pezzo di pane: quattrocento euro al mese.

Insomma più o meno alle condizioni degli schiavi che costruirono le Piramidi. Sono gli stessi operai che avevano dato vita alla Jugoslavia del Presidente Tito, una grande civiltà del lavoro e del socialismo distrutta dai bombardamenti Nato.

Peccato che la Serbia non li possa militarizzare come fece Mussolini durante le guerre africane. Allora gli operai se “indisciplinati” su segnalazione della Fiat potevano finire di fronte al tribunale Militare di Guerra, e rischiavano anche la condanna a morte, oppure lunghissimi e durissimi periodi di detenzione.

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Argomento della riunione con i “complici” (Sacconi così definisce il rapporto Confindustria-Governo-Sindacati) alla presenza confermata del Palo (la CGIL che non se la sente di aderire al club dei complici ufficialmente, ma è costretta a colpi di sperone dal PD, da Chiamparino, da Letta, da Veltroni etc. a stare alle condizioni che pone la Fiat) è la cosiddetta «affidabilità» che dovrebbe essere «garantita», si dice, dai sindacati ma si intende dalla Fiom.

Dei sindacati di base, che pure hanno una loro significativa eroica presenza tra i lavoratori, non si parla nemmeno. Basta cancellarli con un trattino di penna ed ogni tanto decimarli con qualche licenziamento ben mirato.

I giornali e le Tv sanno che debbono ignorarli, oppure, quando proprio non se ne può fare a meno, di parlarne definirli estremisti, pericolosi fondamentalisti, teste calde, antipatriottici.

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Dopo la vicenda di Pomigliano, seguita dai licenziamenti di rappresaglia quotati in borsa, sono portato a credere che abbia davvero ragione Eugenio Scalfari a dubitare della consistenza dei programmi e delle prospettive reali della Fiat. Scalfari dice che la Fiat si è salvata aggrappandosi alla Chrysler e facendosi finanziare da Obama e dal Sindacato Uaw e che l”investimento in Serbia avviene a condizioni specialissime, ad esborso quasi zero della Fiat. Insomma, osserva in controluce e senza concedere molto credito il radioso cammino di Marchionne, che riesce a scippare il malloppo soltanto sfruttando lo stato di bisogno e la crisi altrui. In effetti, se si seguono i movimenti di Marchionne, si ha l”impressione di trovarsi di fronte ad un giocoliere, allo stereotipo del napoletano con compare che fa il gioco delle tre carte e ti invita a indovinare quella vincente: Qual è la carta vincente della Fiat?

Il lugubre Bossi, unendosi a una lamentazione di prefiche maledicenti la Fiom – che metterebbe in pericolo l”occupazione – dice: «Senza lavoro non ci sono diritti». Per sottintendere: prendiamoci il lavoro, e ai diritti penseremo un”altra volta…

La riunione di Torino presieduta da un Ministro del Lavoro che sarebbe meglio chiamare degli Industriali si propone lo scopo di ottenere nuove e significative concessioni dai Sindacati e dalla pubblica amministrazione. I sindacati dovrebbero garantire la cancellazione de facto di diritti garantiti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, dalle leggi e dalla Costituzione e fare anche da mazzieri del padrone come i sindacati americani mafiosi che piacciono tanto a Marchionne.

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Dovrebbero tenere l”ordine, incitare i lavoratori a fare fino in fondo il loro dovere di macchinari viventi, isolare le teste calde, segnalarle all”ufficio risorse, accettare il loro confino nei reparti più duri. È cambiata qualcosa dalla Fiat di Valletta che confinava gli operai comunisti e della Cgil nei reparti dove si moriva prima come la verniciatura di una volta?

A Torino si farà un altro passo avanti, un”altra stazione di via crucis lungo la strada apertasi oltre venti anni fa con l”abolizione della scala mobile e lastricata di diritti perduti fino ai “refusi” fatti in malafede da Sacconi con il consenso dei “complici”.

Venti milioni di italiani che vivono di lavoro dipendente sono sottoposti a un attacco che non ha precedenti. L”obiettivo è la cancellazione della libertà e delle sue regole nei posti di lavoro. Un obiettivo al quale lavorano in molti della maggioranza e dell”opposizione parlamentare. C”è più opposizione nella cultura giuridica e sociologica che tra partiti e sindacati che una volta erano dalla parte dei lavoratori.

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Pietro Ancona è stato consigliere del CNEL.

 

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Vedi: http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=206&artsuite=4.

 

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