Disoccupazione, PIL e manipolazione di massa

Molti commentatori sostengono che gli USA sarebbero usciti dalle secche della crisi. Ma se si osservano da vicino i dati, se ne scoprono delle belle [Giuseppe Masala]

Disoccupazione, PIL e manipolazione di massa
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5 Ottobre 2014 - 21.02


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di Giuseppe Masala.

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In questi giorni molti
commentatori si esercitano nell’illustrazione della tesi secondo la
quale gli USA sarebbero usciti dalle secche della crisi esplosa nel
2008 grazie a una politica monetaria molto più lungimirante di
quella europea.

Per suffragare questa
visione portano all’attenzione i dati
sulla disoccupazione
e i dati sul Prodotto
Interno Lordo
americano. Per quanto riguarda il fenomeno
della disoccupazione il dato sul quale focalizzano l’attenzione
è il tasso di disoccupazione che vede una discesa del numero dei
disoccupati al 5,9%. Ancora più straordinari sono i dati relativi
alla crescita del Prodotto Interno Lordo che indicano una crescita
pari al 4,6% su base annua.

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Ma ad un’analisi un po’
più attenta questi dati sono in grado di reggere? Siamo sicuri che
le cose stiano andando come ci vengono descritte da questi numeri
apparentemente straordinari?

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A modesto avviso di
zeroconsensus
, anche analizzando in maniera sommaria, e senza
entrare troppo in tecnicismi, le cose non stanno esattamente come ci
vengono descritte.

Per quanto riguarda la
disoccupazione, molto semplicemente ricordo che i dati sulla
disoccupazione sono calcolati sulla base di diversi
“filtri”
. In particolare quello utilizzato per il
calcolo del tasso di disoccupazione ufficiale è il cosiddetto U3
che considera “disoccupati” coloro che hanno perso il lavoro ma
che ne hanno cercato uno nelle ultime 4 settimane.

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Coloro che nelle ultime 4
settimane non lo hanno fatto sono considerate persone
“scoraggiate” e dunque sono espulse dalla statistica. Come si può
capire il filtro è a maglie molto strette e tende ad escludere un
numero molto elevato di persone.

L’esclusione
dall’insieme dei disoccupati – come è facilmente intuibile –
comporta anche l’esclusione dall’ insieme delle persone che vanno
a formare la cosiddetta ”forza lavoro” e dunque la base sulla
quale viene calcolata la percentuale dei disoccupati.

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Se andiamo a verificare
le statistiche (dal sito governativo USA del Federal Boureau of
Labor Statistics
) sulla forza lavoro vediamo infatti che la
forza lavoro americana continua a restringersi.

Ecco il grafico:

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Se facciamo un’analisi
solo un po’ accurata vediamo che dal 2007 a oggi il sistema
economico USA ha creato, sì, 1.085.000 posti di lavoro, ma
contemporaneamente ha espulso dalla forza lavoro ben 13.300.000
persone. Veramente troppi per credere che si siano tutti ritirati dal
mercato perché diventati milionari e dunque possano godersi la
vita in qualche isola caraibica per ricchi.

Molto più credibile
l’ipotesi che il “filtro” utilizzato sia a maglie troppo
strette e non adatto a descrivere la profondità della crisi sociale
americana.

Se andiamo a vedere i
dati sul PIL americano, che dovrebbe descrivere – secondo i corifei
– la bruciante “ripartenza” americana, anche qui abbiamo
sorprese.

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Innanzitutto il dato del
4,6% di crescita del PIL Ã¨ frutto di un assunto molto bizzarro
e assolutamente infondato: la crescita del PIL annuale per
raggiungere questo dato deve essere costante e uniforme per tutto
l’anno. Infatti questa cifra è calcolata prendendo il dato
calcolato sul trimestre precedente e moltiplicato per 4 (quattro sono
i trimestri in un anno). Dunque una crescita sul trimestre precedente
dell’1,15% diventa del 4,6% una volta annualizzata (ripeto,
nell’ipotesi assolutamente non credibile che nei seguenti tre
trimestri la crescita sia costante e uniforme).

Non basta. Se andiamo a
vedere cosa accadde nel trimestre precedente vediamo che il dato
diventa ancora più bizzarro e incredibile. Infatti nel secondo
trimestre del 2014 la crescita americana non è stata una crescita…ma
una decrescita: -2,9% annuo. In altri termini il PIL del primo
trimestre USA (calcolato a sua volta sul PIL del quarto trimestre del
2013) era pari a – 0,725% che moltiplicato a sua volta per quattro
era pari – appunto – a -2,9%.

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A puro titolo di esempio
se facciamo la media della crescita tra i due trimestri vediamo che è
pari a 0,425% e facendo proprio l’assunto (comunque cervellotico e
arbitrario) che la crescita sarà uniforme e costante nei
successivi tre trimestri e dunque moltiplicandolo per quattro
questa sarà pari ad uno striminzito +1,7%.  Chiunque può
comprendere che un calcolo del PIL di questo genere è un puro gioco
di prestigio che non ha assolutamente la funzione di descrive la
realtà ma semmai di edulcorarla.

Se poi andiamo a
considerare che negli USA le innovazioni sul metodo di calcolo del
PIL  (SEC 2010), che non riguardano solo la facoltà di
introdurre nel calcolo lo spaccio di droga, la prostituzione e il
contrabbando, ma anche la riclassificazione delle spese in Ricerca e
Sviluppo, le Spese Militari (che passano dalla voce “consumi
intermedi” a quella “investimenti fissi”) e una nuova
definizione di “scambi con l’estero” vediamo che, in USA,
l’impatto sarà pari a un + 3% (si veda a tale proposito
uno lo studio della CGIL “La
nuova revisione dei conti nazionali: più illegalità, meno
benessere” del 15/Settembre/2014:
In particolare sulla base di
quanto detto da Eurostat si osservi la tabella a pagina 7).

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Insomma, a guardar bene
il presunto boom della crescita USA rischia di essere solo l’effetto
di una distorsione ottica (*).

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In sostanza, sembra di
essere di fronte ad una enorme manipolazione dei dati al fine di far
credere che il sistema USA (e dunque la sua peculiare forma di
capitalismo) sia in buona salute quando in realtà ha ancora di
fronte a sé un enorme crisi tutta da risolvere.

“Troncare, sopire e
manipolare
” direbbe oggi il Conte Zio.

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(*) La modifica dello
schema Sec 2010 non dovrebbe impattare sull’aumento del PIL, ma sul
valore del PIL in valore assoluto. Modificando comunque alcuni
importanti “fondamentali” come il rapporto Deficit/PIL e il
rapporto Debito/PIL.

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