Il sinistro Pd

Nulla di nuovo sotto il sole: contro il Jobs Act dal Pd nessuna opposizione vera al governo Renzi. [Anna Lami]

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11 Ottobre 2014 - 07.26


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di Anna Lami

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Eccezion fatta per la timida e disordinata astensione/assenza di qualche senatore, la “sinistra” Pd ha votato compatta la fiducia al governo sul Jobs Act, giustamente definita dal M5S una delega in bianco sulla pelle dei lavoratori.

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Nulla di nuovo sotto il sole: che i “dissidenti” del Pd, come rilevato in ultimo da Aldo Giannuli, non siano propriamente un esempio di coerenza battagliera, è risaputo. Che sia destinata ad essere asfaltata dalla corsa di Renzi (che non ha troppo tempo da perdere nell’esecuzione dei voleri della troika) è piuttosto probabile.

Per cercare un’ancora di salvezza i residui dello ieri del Pd, dell’ante Renzi, dimenandosi come pesciolini fuor d’acqua, tentano di aggrapparsi ai residui legami con la burocrazia Cgil, al punto di annunciare una loro partecipazione al corteo di Cgil e Fiom del prossimo 25 ottobre.

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“In assenza di modifiche significative” sul Jobs Act “io ritengo che la manifestazione della Cgil del 25 ottobre sia utile e quindi andrò in piazza.” Ha affermato l’equilibrista Stefano Fassina, puntualizzando che la manifestazione convocata “è contro il provvedimento in sè, non contro il governo.”

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Anche Alfredo D’Attorre, fedelissimo di Bersani, sta facendo un pensierino sul 25: “Leggeremo la piattaforma della manifestazione. Se sarà condivisibile, immagino che avrà una larga adesione nell”area di minoranza del Pd. Io do per scontato che la delega sarà modificata alla Camera sui punti irrisolti e spero che il 25 non saremo in una situazione di scontro frontale”. Pure Gianni Cuperlo è della partita: “Certo che ci sarò in piazza, con convinzione”.

A Susanna Camusso forse farà piacere se si verificherà la partecipazione della minoranza Pd. La segretaria della Cgil, infatti, preferisce sicuramente che il taglio della manifestazione sia contro il Jobs Act e non rappresenti invece un passo verso la costruzione di un’opposizione sociale contro il governo. Non a caso la Camusso ha prontamente dichiarato: “Chi condivide il corteo viene. Non si esclude nessuno”.

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Peccato che il Jobs Act non sia un incidente di percorso del governo, ma rappresenti invece una delle tappe fondamentali che vuole percorrere Renzi. L’ampio contesto in cui si inserisce è quello della risposta delle classi dominanti italiane ed europee alla crisi, la quale prevede un attacco concentrico ai lavoratori. Renzi è il personaggio, giovane e accattivante, su cui puntare per fare un balzo in avanti complessivo e dunque dare un nuovo slancio ai processi di ristrutturazione del mercato del lavoro già tracciati negli anni passati.

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Non è un caso che il relatore del Jobs Act sia Sacconi, già ministro del lavoro con Berlusconi. Si tratta di una continuità di obiettivi, che, transitando per Monti e per Letta, è arrivata a Renzi. Cambia l’approccio mediatico, rimane inalterata (non potrebbe essere altrimenti visti i vincoli posti dall’Unione Europea e dalla Bce) la sostanza politica. Dunque una vera politica in difesa del lavoro non può limitarsi al Jobs Act ma dovrebbe, invece, mettere in discussione l’assetto complessivo in cui si inserisce il provvedimento di Renzi.

La sinistra Pd, essendo parte del problema, avendo sostenuto Monti, Letta, e ora (sia pur con qualche piccolo distinguo) Renzi, non può essere la soluzione.

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Anche nella Fiom sembra esserci questa consapevolezza. Ieri sul profilo Facebook ufficiale della Fiom Emilia-Romagna (subito ripreso da quello della Fiom di Milano) è comparso questo commento: “Chi vota la fiducia al governo non deve venire alle manifestazioni promosse dalla Cgil; non deve, non sarebbe gradito”.

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Anche perché nei luoghi di lavoro, iniziano ad esserci alcuni significativi segnali di malcontento contro il Jobs Act: dagli scioperi spontanei nelle più importanti fabbriche del modenese e alla Piaggio di Pontedera, ai blocchi stradali ad opera di alcune centinaia di operai in provincia di Reggio Emilia. Il 13 ottobre sarà sciopero anche alla Same di Bergamo, il 16 sciopero generale Cgil in tutta l’Emilia-Romagna, mentre il 17 si fermeranno i metalmeccanici torinesi. Le lotte proseguiranno il 24 ottobre con lo sciopero generale nazionale indetto dall’Usb, mentre CUB e Cobas assieme ai movimenti sociali hanno indetto per il 14 novembre una prova inedita di sciopero sociale.

Tante iniziative, tutte molto importanti, che però difficilmente potranno eguagliare il corteo del 25 ottobre indetto dalla Cgil, sia per prevedibile partecipazione numerica che per visibilità mediatica.

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Nonostante siano trascorsi dodici anni lunghi un’era da quando Cofferati portò al Circo Massimo oltre 3 milioni di lavoratori contro l’abolizione dell’articolo 18, la Cgil resta tutt’ora il sindacato con maggiori capacità di mobilitazione.

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Quello che accadrà durante la manifestazione del 25 avrà quindi un significato non trascurabile. Non resta che augurarsi che se davvero la minoranza Pd proverà a sfilare a fianco dei lavoratori, riceva lo stesso trattamento che gli operai dell’Alcoa riservarono due anni orsono a Fassina cacciandolo dalla loro manifestazione sotto il Ministero dello sviluppo economico.

Pippo Civati ha affermato che lui in piazza ci sarà comunque, temendo però che gli potrà servire la scorta. Confidiamo nelle sue capacità di previsione.

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(11 ottobre 2014) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]

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