La tecnologia e il futuro dei senza-lavoro

Entro il 2020 la rivoluzione tecnologica rischia di cambiare in profondità il mercato del lavoro e di dare inizio a un nuova era senza-lavoro. [Carlo Mazzucchelli]

La tecnologia e il futuro dei senza-lavoro
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25 Agosto 2015 - 12.48


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di Carlo Mazzucchelli

Tra pochi anni [url”Uber”]https://it.wikipedia.org/wiki/Uber[/url] potrebbe essere nuovamente sulle prime pagine dei giornali. Non per avere messo in crisi i modelli attuali del traporto urbano tramite taxi, ma per il licenziamento dei suoi autisti a causa dell’affermarsi di auto senza autista. Un cambiamento che non sarà il solo e che porterà alla perdita di nuovi posti di lavoro.

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Con percentuali di disoccupazione che si aggirano intorno al 13% i lavoratori italiani non possono stare tranquilli. Sia perché la percentuale di disoccupati non calerà facilmente, neppure in caso di ripresa economica, sia perché le molteplici rivoluzioni tecnologiche in corso, che stanno interessando tutti i settori di mercato, sono destinate a privare del loro lavoro nuove schiere di colletti blu e di colletti bianchi.

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Il taxista milanese che si mobilità contro Uber dovrebbe già da oggi pensare a come sarà il suo lavoro quando, tra dieci anni, saranno disponibili le nuove automobili senza autista. La stessa cosa dovrebbero fare i lavoratori delle aziende manifatturiere sempre più robotizzate, i lavoratori dei fast-food ma anche gli impiegati di uffici amministrativi e contabili. A preoccuparsi per il loro futuro lavorativo dovrebbero essere anche farmacisti, operatori di call center e customer service.

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Entro il 2020 la rivoluzione tecnologica rischia di cambiare in profondità il mercato del lavoro e di dare inizio a un nuova era senza-lavoro.

I numerosi vantaggi e i benefici che la tecnologia ci sta regalando ci stanno facendo dimenticare i suoi effetti collaterali, uno dei quali dovrebbe preoccupare molti lavoratori, oggi impegnati in attività che possono essere rimpiazzate da soluzioni tecnologiche più o meno intelligenti. E’ una preoccupazione che dovrebbe far riflettere i lavoratori delle fabbriche di automobili o elettrodomestici così come i lavoratori della conoscenza impegnati in attività sostituibili da computer o programmi intelligenti. A subire questi effetti saranno tutti i mercati industriali così come il mondo delle professioni. Ne deriveranno problemi sociali e politici ma soprattutto individuali legati alla difficoltà di adattamento alle nuove realtà e di tipo economico.

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Molti studiosi collocano nel 2020 l’anno di maggiore criticità per l’affermarsi delle molteplici rivoluzioni tecnologiche che si manifesteranno nella perdita di migliaia di posti di lavoro. Da qui al 2020 è fondamentale che tutti comprendano i cambiamenti in corso e si attrezzino per farvi fronte, evitando di farsi intrappolare nelle false promesse dei produttori di tecnologie che esaltano le nuove opportunità lavorative generate dalle nuove tecnologie e i loro benefici.

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Le nuove opportunità ci saranno ma saranno limitate ad ambiti definiti e a un numero limitato di persone con professionalità intellettuali difficilmente sostituibili da un computer. Per tutti gli altri le opportunità saranno limitate o inesistenti. Il taxista ad esempio dopo avere combattuto con Uber per salvaguardare il suo reddito, dovrà difendersi dalle auto senza autista per difendere il suo posto di lavoro. Il lavoratore manifatturiero dopo aver combattuto per una catena di montaggio più umana potrebbe essere obbligato ad accettarne le nuove regole disumane per fare concorrenza a macchine intelligenti introdotte sulla catena per aumentarne velocità, efficienze e produttività. Il lavoratore della conoscenza dovrà fare i conti con macchine dotate di intelligenza artificale e capaci di svolgere attività di raccolta, analisi e utilizzo delle informazioni per lavori quali il contabile, il trader di borsa, l’avvocato e il personale medico.

Non tutti condividono la visione pessimistica e molti anzi insistono sulla potenzialità innovativa e generativa di nuove opportunità evidenziando come nel passato nessuna previsione sulla fine del lavoro si sia mai realizzata. Molte delle visioni positive sembrano però derivate da una fede cieca nel potere della tecnologia che impedisce una riflessione laica e distaccata degli scenari prossimi futuri, l’unica capace di facilitare una transizione verso il futuro senza-lavoro che permetta di aiutare coloro che più di altri subiranno le conseguenze dell’evoluzione tecnologica e delle sue applicazioni pratiche nel mondo del lavoro. Inoltre bisogna tenere presente che il boom di professionalità che ci sarà per la realizzazione di robot, computer e macchine intelligenti non potrà durare a lungo come è già dimostrato dalle numerose fabbriche cinesi dotate di robot che costruiscono altri robot.

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La rivoluzione delle macchine determinerà cambiamenti radicali nel sistema capitalistico attuale, in termini di disuguaglianze e accesso al reddito. Alcune scuole di pensiero stanno già sostenendo una trasformazione verso società nelle quali a tutti venga garantito un reddito minimo di cittadinanza e sopravvivenza, una iniziativa che potrebbe essere resa possibile e obbligatoria dalla eliminazione di burocrazie e costi e dalla necessità di alimentare il portafoglio di spesa dei cittadini consumatori. In alternativa i governi potrebbero impiegare nuova forza di lavoro nella riprogettazione delle infrastrutture di città e nazioni in ottica tecnologica: sensori, smart cities, mobilità, autostrade informatiche e banda ultra-larga, ecc.

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Chi non vuole sposare una delle due visioni contrastanti che si contrappongono in mille sfumature diverse e non crede alla veridicità delle previsioni può sempre decidere di analizzare e misurare rivoluzioni simili avvenute nel passato. Ciò che scoprirebbe non è tanto la giustezza delle previsioni fatte, quanto in che modo la realtà sia stata modificata, anche positivamente, dopo i numerosi aggiustamenti apportati alle nuove situazioni create dalle rivoluzioni tecnologiche avvenute. In ogni caso, visto che il futuro non è prevedibile, per il benessere attuale è meglio credere che le previsioni dei tecnoscettici e tecnocatastrofisti siano errate. Una scelta utile per allontanare la disperazione che sempre accompagna la perdita del posto di lavoro e la vita di coloro che, pur cercandolo con metodo e assiduità, un lavoro non lo ritrovano più.

Credere in un futuro positivo è un modo per far trionfare la ragione sulla paura. Usare la ragione significa diventare consapevoli delle rivoluzioni in corso e predisporsi, culturalmente, professionalmente e cognitivamente al futuro tecnologico e con meno lavoro che verrà.

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(24 agosto 2015)

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Infografica: © [url”Joost Swarte”]http://joostswarte.blogspot.it/[/url]. [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]
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