Come valutare le fonti giornalistiche?

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22 Settembre 2009 - 15.00


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Pubblichiamo un botta e risposta di un lettore con Giulietto Chiesa sull”uso delle fonti nel giornalismo d”inchiesta, vuoi quando si guarda il cielo, vuoi il mare, oppure i palazzi del potere, siano in fiamme o no.

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Caro Sig. Chiesa

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leggo en passant su CDC il suo commento sulle “chemtrails”.

Se ciò che  è stato riportato corrisponde a verità, lei avrebbe più o meno  allegramente liquidato il soggetto affermando che non ne vale la pena  parlarne perché non c”è, secondo lei, alcuna prova al riguardo.

 

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Tralasciando la veridicità di tale affermazione, che sembra  soprattutto basata su una superficiale indifferenza nei confronti  delle informazioni attualmente disponibili in materia e sul fatto che  Lei, persona troppo occupata, abbia probabilmente poco tempo per dare  uno sguardo al cielo, trovo la sua una posizione comunque ambigua.

Non è assolutamente possibile che Lei, persona generalmente  informatissima su tutto, non sappia o non voglia sapere delle scie chimiche. Trovo ancora più sconcertante che per non entrare nel merito Lei faccia appello a una presunta mancanza di prove.

Ho appena finito di leggere il suo articolo sull”Arctic Sea, dove Lei prendendo lo spunto da alcuni avvenimenti di cronaca, di cui peraltro  non si sa nulla ufficialmente, monta interessanti teorie su sentito  dire e “rivelazioni” di personaggi per lo più anonimi.

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IL TUTTO SENZA UNO STRACCIO DI PROVA – parrebbe che in tal caso la mancanza di prove non sembri limitarla in alcun modo.

Ho sempre letto i suoi articoli con interesse e l”ho sempre  considerata una persona della massima onestà e correttezza. Un punto  fermo in questo marasma mediatico.   Confesso ora che la sua posizione sulle scie chimiche mi lascia confuso.  Sono convinto che Lei, pur sapendone parecchio, abbia scelto di  proposito di evitare l”argomento e qualunque ne siano le ragioni, non  riesco a trovarle ne” accettabili ne” tantomeno scusabili.   È, a mio avviso, una questione di limpidezza che tutt”a un tratto va  a farsi benedire.

Regards

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Massimo Puccinelli

 

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La risposta di Giulietto Chiesa:

Caro Puccinelli,

io non so dove lei possa aver trovato che io abbia “allegramente” detto che le scie non esistono, o che “non vale la pena di occuparsene”. Né ho affermato che non c”è alcuna prova al riguardo.

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Se c”è qualcuno che cerca sistematicamente di denigrarmi (e ce n”è più d”uno) la pregherei semplicemente di andarsi a leggere, sul mio sito, le risposte (ormai alcune decine, forse) che ho dato alle numerose lettere che ricevo in tema.

Mi sono semplicemente (e non allegramente) limitato a dire che la mia opinione e” che le scie chimiche (o come altro le si voglia chiamare) sono altra cosa dalle scie di condensa. E che si richiede una spiegazione della loro natura, di chi le crea, e degli scopi per i quali sono create, visto che si tratta di un”attività sicuramente dispendiosa e, temo per tutti noi, non filantropica.

Ciò detto, mi sono pronunciato, e mi pronuncio, contro tutti coloro tirano conclusioni senza avere nemmeno provato a fare verifiche.

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Ho anche riferito della esperienza negativa di alcuni incontri, da me promossi proprio per vedere se si riusciva a mettere insieme un team di esperti in grado di svolgere un”indagine approfondita e multilaterale non solo delle fonti, ma anche dei dati sperimentali acquisiti e da acquisire.

In quegli incontri, in uno soprattutto, mi sono trovato di fronte pubblici eterogenei, in cui molti dei presenti avevano già tratto conclusioni sulla base di elementi assai labili e assai vulnerabili.

Di fronte alla mia proposta di avviare il lavoro di indagine e, in primo luogo, di definire le competenze indispensabili, una parte dei presenti mi ha evidentemente considerato un miscredente, perché ponevo e mi ponevo domande che ritenevo irrisolte. Con gli altri non sono stato in grado di proseguire perché, evidentemente, pensavano che io dovessi “fare il lavoro”.

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Ora io non ho tutte le competenze necessarie, di gran lunga non tutte.

Inoltre avevo ed ho numerosi altri programmi di lavoro, che escludevano un impegno totale in quella direzione. Punto e basta. Io non ho scelto di “evitare l”argomento”. Non lo evito a tal punto che rispondo anche a lei, per chiarire la mia posizione. Ma non credo di saperne di più di molti altri. Ho fatto le mie osservazioni empiriche e logiche. Ne ho scritto (vada a leggere le cose che ho scritto) e ho esposto le mie certezze (le scie artificiali esistono) e i miei dubbi (chi le fa, con quali scopi). E qui mi sono fermato, anche perché per un lavoro del genere ci vogliono grandi mezzi finanziari e io non ne ho.

 

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Per quanto concerne le sue note sul mio articolo a proposito non solo dell”Arctic Sea, mi permetto di farle rilevare che:

1) Non è vero che non si sa nulla di ufficiale. Il mio articolo mette in relazioni molte notizie ufficialmente emerse e molte altre notizie non ufficiali ma ormai accertate (esempio visita lampo segreta di Netanyahu a Mosca).

2) E” ben vero che cito parecchie fonti anonime. Ma avrà notato che in diversi momenti del mio articolo-analisi preavverto il lettore sui punti “bianchi” del racconto. Inoltre non mi spavento di fonti anonime: non c”e” giornalista qualificato che non ne faccia uso, quando sa che sono buone, anzi indispensabili, ma non intende bruciarle. Per esempio il libro di un autorevole giornalista, Philip Shenon, “The Commission“, che ho recensito per Megachip, è tutto una fonte anonima, ma lui spiega benissimo perché non se ne può fare a meno. Idem con Seymour Hersh. La prova del nove non c”è e bisogna fidarsi. E lo sa come ci si fida? Conoscendo il background di chi scrive, la sua competenza professionale e enumerando gli errori o le cantonate che si prendono in una carriera. Se sono molte, o troppe, non ci si deve fidare. Se sono poche, al confronto con le molte, giuste rivelazioni e scoperte, allora ci si può fidare.

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3) Nel caso mio veda lei se si deve fidare. Il mio background mi dice che alcune delle cose dette da fonti che non potevo verificare erano buone, a prescindere. Lo sapevo da altre mie fonti che, a mia volta, non posso rivelare. Tutto qui. Si è trattato di un esercizio calligrafico di giornalismo d”inchiesta. Fatto, per altro, fornendo al lettore tutte le chiavi per districarsi da solo, lasciando aperti, esplicitamente, gl”interrogativi sui punti dove i legami tra i singoli fatti mancavano.

Per esempio l”assalto alla base segreta di Tambov c”è stato o si è trattato solo di un incendio dovuto a un corto circuito? Non posso affermarlo e non l”ho affermato nell”articolo. Ma la successione temporale era e rimane interessante. Così come indubbiamente lo è stato il viaggio di Netanyahu e le sue modalità segrete. E anche il fatto che è avvenuto meno di una settimana prima della decisione di Obama di cancellare il programma missilistico in Europa. Io avevo, essendo a Mosca in quei giorni, buone informazioni che mi avrebbero permesso di anticipare la notizia. Non l”ho fatto perché non avevo alcuna certezza in materia, ma solo una ottima fonte. Ma, quando ho cominciato a esanimare i pezzi del mosaico, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata che Netanyahu non poteva non saperlo prima di me.

Dunque dire che ho scritto “senza avere uno straccio di prova” significa solo che lei non ha letto con la dovuta attenzione né quello che ho scritto, né i dettagli che ho offerto ai miei 22 lettori perché potessero capire fin dove dicevo loro cose sicure e dove avrebbero dovuto esercitare la loro capacità critica per selezionare le altre.

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Questo è esattamente il tipo di giornalismo che le ha fatto pensare per tanto tempo che io fossi una fonte attendibile di informazioni.

 

Cordiali saluti

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Giulietto Chiesa

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