‘di Giulietto Chiesa
Sarà qualcosa di analogo al “Progetto Genoma” e produrrà frutti 
altrettanto copiosi di quelli che inondarono la genetica e le borse 
valori dell”Occidente. In un campo, tuttavia, del tutto diverso. Si 
chiamerà infatti “Brain Project” (BRAIN, per semplicità,  per Brain Research Through Advancing Innovative Neurotechnologies) e dovrà 
produrre un gigantesco balzo in avanti della conoscenza del 
funzionamento del cervello umano, consentendo di vedere da vicino, 
dall”interno, come l”individuo percepisce il mondo esterno e quell”altro
 mondo che gli è proprio, il luogo dove confluiscono i miliardi e 
miliardi di informazioni che vengono dai miliardi e miliardi di cellule 
del corpo umano. Che è – quest”ultima parte – all”incirca il 98% di 
tutta l”attività cerebrale.
Il BRAIN si propone di sapere da dove nascono – e come – pensieri, 
sensazioni, sentimenti, ricordi. Fin dove si spinge la coscienza, dove 
sconfina nell”inconscio. Anzi, di più, cos”è la coscienza. E dove si 
trova. Mai ci si era proposti un compito così immenso. Tanto che, con le
 idee e le tecnologie di ieri, lo si sarebbe definito, sic et 
simpliciter, impossibile.
Ma non finisce qui. Così sarebbe solo un esercizio calligrafico di 
bravura scientifica: qualcosa per confermare ancora una volta a noi 
stessi quanto siamo bravi a dominare la Natura, quanto siamo prometeici,
 quanto ci piacciono le sfide. No, nei tempi della fine dell”abbondanza,
 queste soddisfazioni costano – e possono rendere – assai. Non ci 
s”imbarca in un”avventura di queste dimensioni se non si pensa di 
poterne trarre un vantaggio. Tanti vantaggi. Il primo dei quali è 
immediatamente economico, sebbene ve ne siano molti, da sbandierare, e 
altri di cui è bene parlare sottovoce, almeno per il momento. Non è una 
corporation quella che si propone una tale cornucopia di obiettivi: è 
l”America in persona, quella che impugna la fiaccola della libertà. E” 
lo Stato che ha dominato il XX secolo quello che rilancia la posta di 
una partita che non è più certo di poter vincere nel XXI. Certo, gli 
Stati Uniti, in quanto Stato, impersonano possenti interessi di dominio 
che non sono solo statuali. Ma sono questi interessi a dettare la rotta.
 Il BRAIN è il loro prolungamento. Forse un protrarsi fatale, vedremo.
Ma quello che appare evidente, fin da subito, è che si tratta di un 
progetto pazzescamente realizzabile. Qualcuno, assai bene informato, 
afferma che è già in fase di realizzazione, alla chetichella, da non 
poco tempo (James Martin, “The Meaning of the XXI Century“). Già decine 
di laboratori, negli Stati Uniti e altrove, sono impegnati a studiare il
 collegamento tra l”intelligenza umana e l”intelligenza artificiale. 
Cioè a trasferire capacità umane  -come la visione, la comprensione dei 
linguaggi, gli stessi processi decisionali che caratterizzano il 
cervello umano – nelle “macchine di calcolo”. E viceversa.
Attenzione, perché il viceversa è proprio la novità del BRAIN: significa
 letteralmente trasferire nel cervello umano alcune delle capacità non 
umane di elaborazione di quantità sterminate di dati, e anche di 
trasferire almeno in parte, le velocità superumane di realizzazione di 
tali elaborazioni.  E l”idea di stabilire una connessione tra due 
intelligenze qualitativamente diverse, inconfrontabili, ma che hanno 
elementi basilari di funzionamento comuni. Tra questi, in primo luogo, 
il linguaggio binario. E” qui che la tecnologia è l”elemento 
determinante. Prima non c”era, adesso c”è. Cosa ne verrà fuori non lo sa
 nessuno. Ci affacciamo su un altro abisso inesplorato, guardando il 
quale, dal luogo in cui ci troviamo, si possono intravvedere ombre 
inquietanti. Tant”è che lo stesso Obama si è sentito in bisogno – 
annunciando il progetto – di informare il pubblico che verrà istituita 
una qualche “commissione etica” con l”incarico di studiare le 
ripercussioni che una tale esplorazione potrà implicare. Sappiamo che le
 commissioni etiche hanno scarse munizioni a disposizione contro i 
possenti interessi di cui stiamo parlando. Dunque cerchiamo di restare 
nel campo del realismo. I rischi sono enormi.
Il BRAIN è dunque una vera e propria “nuova frontiera”, destinata in 
ogni caso a proiettare Barack Obama nella rosa dei presidenti americani 
che hanno fatto la storia del futuro. Eppure, quando il lancio è stato 
effettuato, nel marzo 2013, il clamore, curiosamente, è stato contenuto 
in poche righe. Il che c”induce a dare un”occhiata più ravvicinata alla 
faccenda, che vada oltre le poche cose fino ad ora rese note, e anche ai
 primi 100 milioni di dollari stanziati per il 2014. Com”era da 
attendersi, gli obiettivi che sono stati messi in primo piano concernono
 le potenziali – per altro gigantesche – applicazioni mediche. Tutte 
buone. Potremo affrontare la cura dell”Alzheimer, insieme a tutte le 
innumerevoli malattie mentali che hanno afflitto l”Uomo nella storia, 
più quelle nuove, che affliggono l”uomo contemporaneo occidentale e che 
occupano molti dei suoi pensieri: schizofrenia, autismo e così via. Il 
BRAIN ci libererà dunque da molti mali. Come non applaudire? Di fronte a
 queste virtù taumaturgiche addizionali tutte le altre faccende passano 
in secondo piano. Le affronteremo quando si presenteranno concretamente.
 Perché fasciarci la testa in anticipo? E” un procedimento obliterativo 
assai simile a quello che accompagnò la creazione della prima bomba 
atomica. I vantaggi erano lì, visibili, sottomano. Come non 
approfittarne? Il principio di precauzione venne dopo, quando già 
Hiroshima e Nagasaki – indubbi vantaggi dell”epoca – si erano realizzati
 e avevano cambiato la storia del mondo. E, come sappiamo, ancora oggi 
il principio di precauzione funziona assai poco e male. Basta pensare a 
Fukushima. Eppure si va avanti a tutto gas.
Quanto sia il gas che sta cominciando a bruciare per avviare il BRAIN lo
 si intuisce sfogliando l”elenco dei soggetti principali che lo faranno 
muovere. Cӏ tutto il Gotha del Potere, della scienza, della forza: 
agenzie federali, a cominciare da quelle militari; fondazioni private; 
corporations; università;  interi teams di neuro-scienziati e di 
nano-scienziati, e – non c”era dubbio – il Pentagono in prima persona, 
essendo a tutti nota la sua sollecitudine verso non solo la salute 
mentale degli americani ma quella di tutti i sette miliardi d”individui 
del pianeta Terra. I primi indirizzi sono già stati indicati: Istituto 
Nazionale per la Salute (NHI),  l”Agenzia della Difesa per i progetti 
avanzati di ricerca (DARPA), La Fondazione Nazionale della scienza 
(NSF), L”istituto di ricerche mediche Howard Hughes, l”Istituto Allen 
per la scienza del cervello. Il “dream team” che è stato formato per 
cominciare è guidato da Cori Bargmann dell”Università Rockfeller e da 
William Newsome, dell”Università di Stanford.
Dunque proviamo a riassumere i pregi del BRAIN: salute e prolungamento 
della vita umana, di quella attiva in particolare; sviluppo di numerose 
tecnologie del tutto nuove in diverse direzioni; investimento a grande 
potenziale di resa. Dalle cifre che si metteranno in campo si desume che
 potrebbe essere anche un rilancio in grande stile dell”economia 
americana. Non a caso si è parlato fin da subito di qualcosa di simile 
al decennale “Progetto Genoma” (HGP, Human Genome Project), che fu 
accompagnato da un investimento pubblico di circa $300 milioni annui. 
Che, moltiplicato per dieci, fa $ 3 miliardi. BRAIN andrà molto oltre. 
Secondo George M. Church, biologo molecolare già impegnato nell”HGP, già
 adesso cifre di quest”ordine di grandezza si spendono nello studio 
delle neuroscienze e delle nanotecnologie (International Herald Tribune [IHT],
 18 febbraio 2013).  Presumibilmente il BRAIN andrà ben oltre. Proviamo a
 moltiplicare per quattro, o cinque. In fondo Ben Bernanke tira fuori 
dal nulla circa 85 miliardi di dollari al mese. Nulla impedisce che si 
possa moltiplicare per cinque gl”investimenti in BRAIN, magari senza 
dirci niente. Lo stesso Obama, nel suo ultimo discorso sullo stato 
dell”Unione, ha fatto un calcolo fantasmagorico: ogni dollaro investito 
nel HGP ne ha fruttato 140. Se il “Progetto Genoma” ha creato profitti 
per $800 miliardi, proviamo a immaginare cosa potrebbe significare, per 
l”economia USA, un BRAIN che potesse contare sull”attivazione di trilioni di $ di 
investimenti. Cifre che fanno sognare banchieri e politici, ancora più 
convinti che lo sviluppo possa continuare a essere “infinito”, nella 
realtà come lo è nelle loro teste. Il campo di sfruttamento più 
redditizio sarà quello dei 100 miliardi di neuroni del nostro cervello: 
territorio di ripopolamento dove si troveranno miliardi di limoni da 
spremere, costi quello che costi.
Mappare il cervello: lo si può fare oggi, senza aprirlo. Analogia con 
l”immensità degli spazi cosmici. Siamo oggi in grado di conoscere la 
composizione chimica di una stella distante 100 anni luce, o di un 
satellite di Giove, senza esserci mai andati. Addirittura senza avere 
neppure la speranza che qualcuno possa mai andarci, nei secoli dei 
secoli. Lo sappiamo dall”analisi spettroscopica. Oggi la biologia 
sintetica ci consente di entrare nel cervello con intere flotte di 
nano-astronavi capaci di raccogliere (e trasmettere all”esterno) 
l”attività delle cellule neuronali.
Tutto bene, tutto meraviglioso. Ma viene alla mente quello che scriveva 
Edgar Morin, nei “Sette Saperi”:
“la genetica e la manipolazione
molecolare del cervello umano permetteranno normalizzazioni e
standardizzazioni finora mai riuscite con gl”indottrinamenti e le
propagande sulla specie umana”.
Come ci insegna Edward Snowden (ma quanti se ne
 sono resi conto?), chi è in grado di spiare nei segreti (in questo caso
 della natura), è anche in condizioni di controllare i comportamenti (in
 questo caso dell”Uomo).  Scriveva John Markoff, autore dell”articolo 
già citato di IHT – ma solo nelle ultime cinque righe – che “gli 
scienziati individuano un insieme di complessi temi etici, che includono
 la privacy, la possibilità di leggere i pensieri e perfino una cosa che
 oggi riguarda la fantascienza, cioè il controllo delle menti”. Si 
sbagliava. Già oggi decine di centri di ricerca sono impegnati – 
scriveva ancora IHT il 5 aprile 2013 (Clair Cain Miller) “a leggere 
nelle nostre menti”, per sapere in anticipo cosa desidereremo, come 
possiamo comprare, dove andremo, come ci comporteremo. Lo fanno con 
l”intelligenza artificiale, con i motori di ricerca. Ora proviamo a 
immaginare un cervello artificiale che copia perfettamente un cervello 
umano. E poi proviamo a immaginare di poter mettere in relazione, via 
wifi, i due “strumenti”. E avremo un altro Uomo. Ci siamo già. E 
quest”uomo non ci sarà amico, perché sarà o pazzo o smisuratamente più 
forte di noi. L”unica cosa certa è che non sarà nessuno di noi.
Immagino gli entusiasmi degli “scienziati ebeti” che sono stati formati 
per credere ciecamente nel risultato immediato di ciò che creano, ma che
 sono incapaci di vederne le ripercussioni. E capiremo che siamo nelle 
dirette vicinanze del “sogno di Frankenstein”.
Immagino anche gli 
entusiasmi degli adoratori della Rete: che bello averla direttamente 
connessa con il proprio cervello! Che meraviglia dilatare 
istantaneamente il proprio sguardo a tutto YouTube!
Dato il livello culturale e intellettuale medio dei “cittadini di 
Matrix”, cioè dei cittadini del Mercato, cioè ancora degli “scienziati 
ebeti”, e dei non meno ebeti economisti, si può scommettere che non 
esiteranno ad applaudire ogni aggeggio che porti vantaggio economico. 
Gli diranno che è utile alla salute, o alla tasca, farsi mettere qualche
 capsula da qualche parte. O farsi fare una “benefica” vaccinazione. 
Sarà una centrale trasmittente e ricevente, ma che importa ai cittadini 
di Google?
Ultima avvertenza, speciale per i più ottimisti: stiamo parlando non di 
un futuro remoto. Il BRAIN ci dice che, tra dieci anni, più o meno, 
questo futuro sarà presente. Ma tutto questo è in via di realizzazione 
in un contesto “disturbante”, “quando non esiste nessuna certezza 
riguardo chi utilizzerà questi strumenti; quando nessuno può prevedere 
gli effetti di medio e lungo periodo; quando il tutto si realizza in 
condizioni di laceranti squilibri di ricchezza, di reddito, di forza e 
di potere tra aree del mondo, tra Stati, popoli, civiltà, culture. 
Saranno i più ricchi, e i meglio armati, ad avere nelle mani  strumenti 
che verranno usati per accrescere il loro dominio sugli altri. Il tutto 
in condizioni di impressionanti sperequazioni sociali e di penuria 
assoluta di beni.  E non dimentichiamo che gli apprendisti stregoni sono
 i “Masters of the Universe”, cioè la [url”scimmia al comando”]http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=60514&typeb=0&Assemblea-di-Alternativa–relazione-introduttiva[/url]. Prepariamoci 
all”atterraggio.
Fonte: [url”http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/07/cose-brain-project-di-obama/678965/”]http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/07/cose-brain-project-di-obama/678965/[/url]
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