'Cos''è il "Brain Project" di Obama'

«Ma quello che appare evidente, fin da subito, è che si tratta di un progetto pazzescamente realizzabile.» [Giulietto Chiesa]

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7 Agosto 2013 - 12.54


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di Giulietto Chiesa

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Sarà qualcosa di analogo al “Progetto Genoma” e produrrà frutti
altrettanto copiosi di quelli che inondarono la genetica e le borse
valori dell”Occidente. In un campo, tuttavia, del tutto diverso. Si
chiamerà infatti “Brain Project” (BRAIN, per semplicità, per Brain Research Through Advancing Innovative Neurotechnologies) e dovrà
produrre un gigantesco balzo in avanti della conoscenza del
funzionamento del cervello umano, consentendo di vedere da vicino,
dall”interno, come l”individuo percepisce il mondo esterno e quell”altro
mondo che gli è proprio, il luogo dove confluiscono i miliardi e
miliardi di informazioni che vengono dai miliardi e miliardi di cellule
del corpo umano. Che è – quest”ultima parte – all”incirca il 98% di
tutta l”attività cerebrale.

Il BRAIN si propone di sapere da dove nascono – e come – pensieri,
sensazioni, sentimenti, ricordi. Fin dove si spinge la coscienza, dove
sconfina nell”inconscio. Anzi, di più, cos”è la coscienza. E dove si
trova. Mai ci si era proposti un compito così immenso. Tanto che, con le
idee e le tecnologie di ieri, lo si sarebbe definito, sic et
simpliciter
, impossibile.

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Ma non finisce qui. Così sarebbe solo un esercizio calligrafico di
bravura scientifica: qualcosa per confermare ancora una volta a noi
stessi quanto siamo bravi a dominare la Natura, quanto siamo prometeici,
quanto ci piacciono le sfide. No, nei tempi della fine dell”abbondanza,
queste soddisfazioni costano – e possono rendere – assai. Non ci
s”imbarca in un”avventura di queste dimensioni se non si pensa di
poterne trarre un vantaggio. Tanti vantaggi. Il primo dei quali è
immediatamente economico, sebbene ve ne siano molti, da sbandierare, e
altri di cui è bene parlare sottovoce, almeno per il momento. Non è una
corporation quella che si propone una tale cornucopia di obiettivi: è
l”America in persona, quella che impugna la fiaccola della libertà. E”
lo Stato che ha dominato il XX secolo quello che rilancia la posta di
una partita che non è più certo di poter vincere nel XXI. Certo, gli
Stati Uniti, in quanto Stato, impersonano possenti interessi di dominio
che non sono solo statuali. Ma sono questi interessi a dettare la rotta.
Il BRAIN è il loro prolungamento. Forse un protrarsi fatale, vedremo.

Ma quello che appare evidente, fin da subito, è che si tratta di un
progetto pazzescamente realizzabile
. Qualcuno, assai bene informato,
afferma che è già in fase di realizzazione, alla chetichella, da non
poco tempo (James Martin, “The Meaning of the XXI Century“). Già decine
di laboratori, negli Stati Uniti e altrove, sono impegnati a studiare il
collegamento tra l”intelligenza umana e l”intelligenza artificiale.
Cioè a trasferire capacità umane -come la visione, la comprensione dei
linguaggi, gli stessi processi decisionali che caratterizzano il
cervello umano – nelle “macchine di calcolo”. E viceversa.

Attenzione, perché il viceversa è proprio la novità del BRAIN: significa
letteralmente trasferire nel cervello umano alcune delle capacità non
umane di elaborazione di quantità sterminate di dati
, e anche di
trasferire almeno in parte, le velocità superumane di realizzazione di
tali elaborazioni. E l”idea di stabilire una connessione tra due
intelligenze qualitativamente diverse, inconfrontabili, ma che hanno
elementi basilari di funzionamento comuni. Tra questi, in primo luogo,
il linguaggio binario. E” qui che la tecnologia è l”elemento
determinante. Prima non c”era, adesso c”è. Cosa ne verrà fuori non lo sa
nessuno. Ci affacciamo su un altro abisso inesplorato, guardando il
quale, dal luogo in cui ci troviamo, si possono intravvedere ombre
inquietanti. Tant”è che lo stesso Obama si è sentito in bisogno –
annunciando il progetto – di informare il pubblico che verrà istituita
una qualche “commissione etica” con l”incarico di studiare le
ripercussioni che una tale esplorazione potrà implicare. Sappiamo che le
commissioni etiche hanno scarse munizioni a disposizione contro i
possenti interessi di cui stiamo parlando. Dunque cerchiamo di restare
nel campo del realismo. I rischi sono enormi.

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Il BRAIN è dunque una vera e propria “nuova frontiera”, destinata in
ogni caso a proiettare Barack Obama nella rosa dei presidenti americani
che hanno fatto la storia del futuro. Eppure, quando il lancio è stato
effettuato, nel marzo 2013, il clamore, curiosamente, è stato contenuto
in poche righe. Il che c”induce a dare un”occhiata più ravvicinata alla
faccenda, che vada oltre le poche cose fino ad ora rese note, e anche ai
primi 100 milioni di dollari stanziati per il 2014. Com”era da
attendersi, gli obiettivi che sono stati messi in primo piano concernono
le potenziali – per altro gigantesche – applicazioni mediche. Tutte
buone. Potremo affrontare la cura dell”Alzheimer, insieme a tutte le
innumerevoli malattie mentali che hanno afflitto l”Uomo nella storia,
più quelle nuove, che affliggono l”uomo contemporaneo occidentale e che
occupano molti dei suoi pensieri: schizofrenia, autismo e così via. Il
BRAIN ci libererà dunque da molti mali. Come non applaudire? Di fronte a
queste virtù taumaturgiche addizionali tutte le altre faccende passano
in secondo piano
. Le affronteremo quando si presenteranno concretamente.
Perché fasciarci la testa in anticipo? E” un procedimento obliterativo
assai simile a quello che accompagnò la creazione della prima bomba
atomica
. I vantaggi erano lì, visibili, sottomano. Come non
approfittarne? Il principio di precauzione venne dopo, quando già
Hiroshima e Nagasaki – indubbi vantaggi dell”epoca – si erano realizzati
e avevano cambiato la storia del mondo. E, come sappiamo, ancora oggi
il principio di precauzione funziona assai poco e male. Basta pensare a
Fukushima. Eppure si va avanti a tutto gas.

Quanto sia il gas che sta cominciando a bruciare per avviare il BRAIN lo
si intuisce sfogliando l”elenco dei soggetti principali che lo faranno
muovere. Cӏ tutto il Gotha del Potere, della scienza, della forza:
agenzie federali, a cominciare da quelle militari; fondazioni private;
corporations; università; interi teams di neuro-scienziati e di
nano-scienziati, e – non c”era dubbio – il Pentagono in prima persona,
essendo a tutti nota la sua sollecitudine verso non solo la salute
mentale degli americani ma quella di tutti i sette miliardi d”individui
del pianeta Terra. I primi indirizzi sono già stati indicati: Istituto
Nazionale per la Salute (NHI), l”Agenzia della Difesa per i progetti
avanzati di ricerca (DARPA), La Fondazione Nazionale della scienza
(NSF), L”istituto di ricerche mediche Howard Hughes, l”Istituto Allen
per la scienza del cervello. Il “dream team” che è stato formato per
cominciare è guidato da Cori Bargmann dell”Università Rockfeller e da
William Newsome, dell”Università di Stanford.

Dunque proviamo a riassumere i pregi del BRAIN: salute e prolungamento
della vita umana, di quella attiva in particolare; sviluppo di numerose
tecnologie del tutto nuove in diverse direzioni; investimento a grande
potenziale di resa. Dalle cifre che si metteranno in campo si desume che
potrebbe essere anche un rilancio in grande stile dell”economia
americana
. Non a caso si è parlato fin da subito di qualcosa di simile
al decennale “Progetto Genoma” (HGP, Human Genome Project), che fu
accompagnato da un investimento pubblico di circa $300 milioni annui.
Che, moltiplicato per dieci, fa $ 3 miliardi. BRAIN andrà molto oltre.
Secondo George M. Church, biologo molecolare già impegnato nell”HGP, già
adesso cifre di quest”ordine di grandezza si spendono nello studio
delle neuroscienze e delle nanotecnologie (International Herald Tribune [IHT],
18 febbraio 2013). Presumibilmente il BRAIN andrà ben oltre. Proviamo a
moltiplicare per quattro, o cinque. In fondo Ben Bernanke tira fuori
dal nulla circa 85 miliardi di dollari al mese. Nulla impedisce che si
possa moltiplicare per cinque gl”investimenti in BRAIN, magari senza
dirci niente. Lo stesso Obama, nel suo ultimo discorso sullo stato
dell”Unione, ha fatto un calcolo fantasmagorico: ogni dollaro investito
nel HGP ne ha fruttato 140
. Se il “Progetto Genoma” ha creato profitti
per $800 miliardi, proviamo a immaginare cosa potrebbe significare, per
l”economia USA, un BRAIN che potesse contare sull”attivazione di trilioni di $ di
investimenti
. Cifre che fanno sognare banchieri e politici, ancora più
convinti che lo sviluppo possa continuare a essere “infinito”, nella
realtà come lo è nelle loro teste. Il campo di sfruttamento più
redditizio sarà quello dei 100 miliardi di neuroni del nostro cervello
:
territorio di ripopolamento dove si troveranno miliardi di limoni da
spremere, costi quello che costi.

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Mappare il cervello: lo si può fare oggi, senza aprirlo. Analogia con
l”immensità degli spazi cosmici. Siamo oggi in grado di conoscere la
composizione chimica di una stella distante 100 anni luce, o di un
satellite di Giove, senza esserci mai andati. Addirittura senza avere
neppure la speranza che qualcuno possa mai andarci, nei secoli dei
secoli. Lo sappiamo dall”analisi spettroscopica. Oggi la biologia
sintetica ci consente di entrare nel cervello con intere flotte di
nano-astronavi capaci di raccogliere (e trasmettere all”esterno)
l”attività delle cellule neuronali.

Tutto bene, tutto meraviglioso. Ma viene alla mente quello che scriveva
Edgar Morin
, nei “Sette Saperi”:

“la genetica e la manipolazione
molecolare del cervello umano permetteranno normalizzazioni e
standardizzazioni finora mai riuscite con gl”indottrinamenti e le
propagande sulla specie umana”. 

Come ci insegna Edward Snowden (ma quanti se ne
sono resi conto?), chi è in grado di spiare nei segreti (in questo caso
della natura), è anche in condizioni di controllare i comportamenti (in
questo caso dell”Uomo). Scriveva John Markoff, autore dell”articolo
già citato di IHT – ma solo nelle ultime cinque righe – che “gli
scienziati individuano un insieme di complessi temi etici, che includono
la privacy, la possibilità di leggere i pensieri e perfino una cosa che
oggi riguarda la fantascienza, cioè il controllo delle menti”. Si
sbagliava. Già oggi decine di centri di ricerca sono impegnati –
scriveva ancora IHT il 5 aprile 2013 (Clair Cain Miller) “a leggere
nelle nostre menti”, per sapere in anticipo cosa desidereremo, come
possiamo comprare, dove andremo, come ci comporteremo. Lo fanno con
l”intelligenza artificiale, con i motori di ricerca. Ora proviamo a
immaginare un cervello artificiale che copia perfettamente un cervello
umano. E poi proviamo a immaginare di poter mettere in relazione, via
wifi, i due “strumenti”. E avremo un altro Uomo. Ci siamo già. E
quest”uomo non ci sarà amico, perché sarà o pazzo o smisuratamente più
forte di noi. L”unica cosa certa è che non sarà nessuno di noi.

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Immagino gli entusiasmi degli “scienziati ebeti” che sono stati formati
per credere ciecamente nel risultato immediato di ciò che creano, ma che
sono incapaci di vederne le ripercussioni. E capiremo che siamo nelle
dirette vicinanze del “sogno di Frankenstein”.

Immagino anche gli
entusiasmi degli adoratori della Rete: che bello averla direttamente
connessa con il proprio cervello! Che meraviglia dilatare
istantaneamente il proprio sguardo a tutto YouTube!

Dato il livello culturale e intellettuale medio dei “cittadini di
Matrix”, cioè dei cittadini del Mercato, cioè ancora degli “scienziati
ebeti”, e dei non meno ebeti economisti, si può scommettere che non
esiteranno ad applaudire ogni aggeggio che porti vantaggio economico.
Gli diranno che è utile alla salute, o alla tasca, farsi mettere qualche
capsula da qualche parte. O farsi fare una “benefica” vaccinazione.
Sarà una centrale trasmittente e ricevente, ma che importa ai cittadini
di Google?

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Ultima avvertenza, speciale per i più ottimisti: stiamo parlando non di
un futuro remoto. Il BRAIN ci dice che, tra dieci anni, più o meno,
questo futuro sarà presente
. Ma tutto questo è in via di realizzazione
in un contesto “disturbante”, “quando non esiste nessuna certezza
riguardo chi utilizzerà questi strumenti; quando nessuno può prevedere
gli effetti di medio e lungo periodo; quando il tutto si realizza in
condizioni di laceranti squilibri di ricchezza, di reddito, di forza e
di potere tra aree del mondo, tra Stati, popoli, civiltà, culture.
Saranno i più ricchi, e i meglio armati, ad avere nelle mani strumenti
che verranno usati per accrescere il loro dominio sugli altri
. Il tutto
in condizioni di impressionanti sperequazioni sociali e di penuria
assoluta di beni. E non dimentichiamo che gli apprendisti stregoni sono
i “Masters of the Universe”, cioè la [url”scimmia al comando”]http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=60514&typeb=0&Assemblea-di-Alternativa–relazione-introduttiva[/url]. Prepariamoci
all”atterraggio.

Fonte: [url”http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/07/cose-brain-project-di-obama/678965/”]http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/07/cose-brain-project-di-obama/678965/[/url]

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