Giulietto Chiesa, un maestro

Caro Giulietto, sentivi l'urgenza di costruire le difese dell'umanità di fronte alle crisi di interi sistemi. Ci arrivavi prima degli altri, perché pensavi liberamente, da angolazioni scomode che altri fuggivano.

Giulietto Chiesa, un maestro
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26 Aprile 2020 - 22.09


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di Pino Cabras.

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Caro Giulietto,
ci eravamo sentiti al telefono l’ultima volta pochi giorni fa. Come sempre facevi progetti, legavi la tua energia sempre fresca a una rete di relazioni umane e politiche, sentivi l’urgenza di costruire le difese dell’umanità di fronte alle crisi di interi sistemi. Ci arrivavi molto prima degli altri, perché pensavi liberamente, e da angolazioni scomode che altri fuggivano.
Sei stato il giornalista che meglio seppe raccontare la fine dell’Urss, e con questo affinasti un fiuto speciale per notare i piedi d’argilla su cui crollano i colossi della Storia, i segni inquietanti che rivelano la fragilità dell’intera civiltà contemporanea, esposta alla sua stessa potenza apocalittica.
Ho davanti a me il tuo saggio del 2002 “La guerra infinita” con cui descrivevi con esattezza la futura guerra in Iraq e le sue conseguenze, mentre quasi tutte le redazioni che contano erano a prendere farfalle e a darti del complottista, fino a lasciare questo stigma nei loro frusti coccodrilli di oggi.
A fianco vedo “Barack Obush”, il libro che scrivemmo assieme nel 2011 in due settimane, dove fu emozionante e febbrile il racconto in anticipo del caos libico e siriano causato da potenze miopi con la complicità di media sempre meno attendibili.
E accarezzo la copertina di “Invece della catastrofe: perché costruire un’alternativa è ormai indispensabile”. Ai tempi del Coronavirus, questo tuo libro del 2013 ha già nel titolo uno sguardo irrinunciabile per capire il nostro tempo.
Ma non hai mai fermato alle pagine scritte il tuo grande impegno. Non solo da eurodeputato (2004-2009). Giravi fino all’ultima saletta di provincia per parlare, ascoltare, costruire relazioni di cittadini attenti e inquieti.
Spesso in mezzo al folto pubblico che ti ascoltava si trovavano anche i giornalisti, affascinati dalla lucidità estrema con cui collegavi i fatti in un modo lontanissimo dalla loro prassi. Rimanevano lì per lì impressionati dalla forza precisa delle tue parole. Tuttavia, al momento di scrivere, riprendeva tutta la sua forza il sistema di idee e carriere in cui si collocavano, mentre tu ritornavi a essere ai loro occhi un profeta alieno, sul filo della follia e dell’esaltazione.
Dove loro si illudevano di cogliere l’inerzia oculata di un ordine imperiale, sorvegliato dalla saggezza dei finanzieri e non minacciato da alcun vero cambiamento, tu vedevi la ben diversa verità effettuale.
Ti vedo ancora a tavola con i commensali che avevano modo di conoscerti meglio, con la tua aneddotica infinita sulla tua fantastica esperienza russa, e con le tue mirabolanti barzellette georgiane, che aprivano squarci sorprendenti e allegri sulla varietà dello spirito umano.
E non so come facessi a trovare alla soglia degli ottanta anni il tempo per dedicare due ore al giorno allo studio del cinese. Con ottimo accento genovese.
Arrivederci Giulietto. Spero che molti capiscano che dobbiamo cercare dei maestri. E tu un maestro lo sei, oltre le contingenze di questo pianeta che anche oggi ci fa fare un giro intorno al sole, come amavi dire dagli schermi di Pandora TV.

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