Vittime di un popolo vittima

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5 Gennaio 2009 - 18.17


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di Luciano Ferrucci – Megachip

“La tragedia di essere vittime di un popolo vittima”. Due tragedie in una. La tragedia del popolo palestinese senza Stato e quasi senza terra, vittima di uno stato, quello Israeliano, e di un popolo, gli ebrei, contro cui il nazismo ha consumato sessant”anni fa il peggiore dei crimini possibili: il tentativo di sterminio.


Essere “Vittima” delle “Vittime”, ti toglie quasi la speranza, spiegava il palestinese Edward Said, ti riduce le solidarietà attorno, trasforma in “antisemitismo” ogni critica allo Stato d”Israele. La scorsa settimana alcune centinaia di cittadini indignati hanno protestano di fronte ai cancelli Rai di Viale Mazzini contro l”informazione sulla guerra in atto, data dal servizio pubblico. Il disequilibrio dei notiziari Rai è indiscutibile persino per la geografia. La presenza sul territorio coinvolto nell”attacco in corso, sempre e soltanto dal fronte israeliano.

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Il tentativo, a volte patetico, di “riequilibrare” attraverso qualche inviato di supporto, con qualche rara voce israeliana di dissenso e qualche protesta della parte araba. Dalla striscia di Gaza, se giunge qualche voce, è quella telefonica smozzicata di collaboratori di altri giornali. Un reporter esperto di guerre ci ha spiegato la semplice e crudele “regola della distanza”. Distanza chilometrica dai luoghi dove accade il macello rispetto a casa nostra. La distanza tra dove si trova il narratore e dove esplodono gli ordigni. Distanza o vicinanza fisica del testimone tra una delle due parti che confliggono. La distanza tra il nostro modo di vivere, il “noi”, e il “loro” modo di vivere: la possibilità insomma di identificarsi istintivamente tra una delle due parti coinvolte.

Ciò che sta accadendo anche giornalisticamente a Gaza è la somma di tutte le disparità possibili. Gli occhi del mondo comune, i nostri, ridotti ai soli obiettivi delle telecamere. Volendo concedere che chi possiede ed usa quegli strumenti di comunicazione sia onesto, di fatto, il racconto che ci giunge parte sempre dalla stessa linea del fronte, come le bombe. Non sempre è malizia ma spesso è la stupidità di una parte a non consentire la testimonianza diretta da ambedue i fronti in guerra. E” nota l”efficienza israeliana nel consentire-regolare la presenza dei media internazionali sui suoi campi di battaglia: dubito che esista analoga sensibilità-furbizia da parte di Hamas. Alla fin fine il racconto, anche il più onesto, si risolve in un”equazione sempre dispari. Dispari il conto militare tra azione e reazione, dispari quello delle vittime civili, dispari quello della indignazione internazionale.

Torniamo all”informazione Rai. Reputiamo codarde le pallottole di carta sparate da casa su chi cerca di lavorare, bene o male, tra le pallottole vere. Legittimo invece interrogarsi su come l”insieme dell”informazione della Rai si sforzi di rappresentare le complessità e gli interessi divergenti che arrivano a straripare in guerra. Scelte giornalistiche ed editoriali a monte, insomma, per avere coerentemente occhi, orecchie e strumenti tecnici in grado di testimoniare ambedue le sofferenze e le invitabili parti di ragione. Uno spunto per la Commissione parlamentare di vigilanza Rai se la stessa non fosse attualmente ostaggio di un piccolo e caricaturale personaggio prodotto dalla piccola e caricaturale politica.

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Quando e come l”azienda radiotelevisiva pubblica ha dispiegato le sue “truppe informative” su di un campo di battaglia largamente preannunciato. La prontezza di “reazione” di Tg e Gr variamente numerati con i loro inviati che valorosamente fanno quello che possono. Quanti e come sono supportati i corrispondenti da Gerusalemme. Quanti e come sono stati utilizzati i collaboratori della struttura Rai di lingua e identità palestinese. C”è mancata la voce del collaboratore Rai dalla Striscia di Gaza, che certo non può mancare e le sue immagini dal centro del bersaglio. Problema editoriale, insomma, che investe le responsabilità giornalistiche dei direttori di testata e quelle aziendali di equilibrio ed organizzazione, prima che l”attacco israeliano su Gaza aggiunga alle sue devastazioni “l”effetto collaterale” della bugia ad inquinare il nostro diritto a sapere ciò che realmente accade.

 

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