Algeria, votare o non votare

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9 Aprile 2009 - 20.38


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di Karim Metref – da peacereporter.net

Oggi si è chiusa ufficialmente in Algeria la campagna per le elezioni presidenziali del 09 aprile 2009. I 6 Candidati alla più alta carica politica hanno chiuso i loro tour elettorali intorno alle 48 province del paese. La campagna è stata segnata da una grande disparità di mezzi e di accesso ai mezzi d”informazione.

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I partiti dell”alleanza al governo in sostegno del presidente Bouteflika hanno usato senza lesinare i mezzi dello stato mentre i cinque altri candidati-comparse si sono accontentati delle poche briciole messe a loro disposizione.

Tutto questo di fronte ad un paese rimane largamente indifferente ed è alle prese con vari scioperi e movimenti di contestazione dovuti principalmente al deterioramento della qualità della vita e all”aumento vertiginoso dei prezzi delle materie di prima necessità. L”unica ombra alla vittoria annunciata del presidente candidato rimane il fronte del boicottaggio. Quasi tutti i partiti tradizionali dell”opposizione hanno rifiutato di partecipare ad una gara di cui tutti sanno già l”esito.

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Abdelaziz Bouteflika presidente uscente, e già sicuramente rientrante, si è presentato alla testa di una potente coalizione formata da due dei tre partiti al potere: lo storico Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) e il Raduno Nazionale Democratico (RND). Ha dovuto, per potersi ricandidare dopo due mandati, cambiare la costituzione del paese. Ma fu un gioco da bambini per lui con una maggioranza schiacciante all”Assemblea Nazionale e al Senato e con un consiglio costituzionale agli ordini. In poche settimane la revisione della costituzione ha trovato il consenso delle due camere del parlamento (con una ventina di voti contrari su 500 parlamentari) e ha ottenuto il consenso dei magistrati dell”organo supremo di tutela costituzionale. L”opposizione non si è fatta nessuna illusione. Questo era un segno chiaro di coerenza tra i clan al potere e ci dice che sono tutti d”accordo per Bouteflika presidente “ad vitam”. Gli altri candidati sono tutti di partiti minori che non contano niente sullo scacchiere politico algerino. Moussa Touati, presidente del Fronte nazionale algerino (Fna), Ali Fawzi Rebaine AHD-54 (tendenza nazionalista che richiama alla fedeltà ai principi della rivoluzione del 1954), Mohamed Said del Partito della Giustizia e libertà, (Pjl – islamico modernista), Jahid Younsi, presentato da El Islah (islamista) e infine Louisa Hanoune, del Partito dei lavoratori (Pt, sinistra trozkista). All”eccezione di Louisa Hannoun (che negli anni 90 era conosciuta come la “passionaria” Algerina, prima di allinearsi sulle posizioni del regime e di accettare il ruolo di comparsa) e del candidato dell”AHD-54 (già candidato nelle presidenziali precedenti) tutti gli altri sono degli illustri sconosciuti sulla scena politica algerina.

Chiamano invece a Boicottare i principali partiti dell”opposizione democratica Fronte delle Forze socialiste (FFS) e Raduno per la Cultura e la Democrazia(RCD) in testa. A loro si aggiunge il coro di vari leader democratici, nazionalisti e islamisti. Attraverso il paese migliaia di attivisti, intelletuali, artisti, cittadini semplici si organizzano e scrivono lettere e firmano appelli per chiamare a boicottare la più ovvia delle farse elettorali algerine dalla fine del partito unico nel 1989. Su internet si creano mailinglist e gruppi su Facebook. La rete è piena di siti spontanei creati da sostenitori del boicottaggio. La mobilitazione è impressionante e sembra veramente l”unica cosa che teme il governo di Algeri. È la prima volta che una campagna di boicottaggio supera i confini della Cabilia, regione abituata alla contestazione. Infatti il direttore di campagna elettorale per Bouteflika ad Algeri, il sindaco stesso della città, Tayeb Zitouni ha dichiarato, al quotidiano Liberté, di aver creato un Call-centre per chiamare le persone a casa e di aver attivato 5000 associazioni di quartiere, di giovani, religiose, di donne, di scout… per fare il porta a porta, e tutto questo, secondo lui, non per convincere la gente a votare per il presidente candidato ma per andare a votare. È la paura degli uffici elettorali vuoti che ossessiona il regime di Algeri. E sanno bene che è possibile. Negli anni precedenti, la Cabilia ha spesso dato degli spettacoli impressionanti di partecipazione con tassi inferiori al 1 %. Bouteflika ha paura che queste manifestazioni si estendano ad Algeri, Orano e altre grandi città dove saranno presenti stampa e osservatori internazionali. Perché se il suo ministro degli interni è ormai da anni un maestro nella manipolazione dei risultati finali, egli non può coprire una assenza assoluta di affluenza..

D”altronde non è solo il movimento per il boicottaggio ad allontanare gli algerini dalle urne. Mentre i clan al potere vogliono chiudere ogni spazio di libertà di espressione e di contestazione, sembra
succeda proprio il contrario. Gli scioperi e le proteste si moltiplicano in tutto il paese. Operai, insegnanti, corpo medico e paramedico, i precari dell”educazione nazionale… tutti protestano, tutti scioperano. I movimenti sono migliaia attraverso tutto il paese. Nonostante la chiusura degli spazi di espressione, nonostante la limitazione dei diritti di sciopero e di protesta, nonostante la violenza della repressione. La gente non si ferma. I prezzi dei prodotti di prima necessità hanno subito degli aumenti da capogiro che superano i 400 % certe volte. Le patate hanno raggiunto il prezzo di 1,40 / 1,50 Euro, la carne supera i 9 euro, le acciughe (una volta considerate la carne dei poveri) girano sui 4/5 euro. Il tutto in un paese dove lo stipendio di un insegnante non supera i 180 euro e gli stipendi più bassi sono di 80/90 euro. Per anni il governo di Ahmed Ouyahia si è vantato di avere le casse piene (grazie ai prezzi da record raggiunti dal petrolio). Ma la popolazione non ha visto nessun miglioramento del suo livello di vita, gli stipendi non sono migliorati molto rispetto all”inflazione e la disoccupazione dilaga soprattutto tra i giovani. Oggi con la crisi la situazione ha varcato la soglia dell”insopportabile. Il paese è in ebollizione. Il momento ricorda molto la fine dell”anno 1988, quando dalle proteste nelle fabbriche si allargò il movimento e si diffuse attraverso tutto il paese per dare vita alla protesta del 5 ottobre 88, che mise fine a 26 anni di potere assoluto del Fronte di Liberazione Nazionale.

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Paradossalmente è nel momento della sua massima potenza, quando ha ormai riunito intorno a se tutti i clan al potere, quando ha domato i generali e raccolto il sostegno di tutti i governi del mondo, che il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika gioca la partita più pericolosa di tutta la sua carriera. Ciò che doveva essere un plebiscito sarà probabilmente soltanto un desolante spettacolo di un regime completamente isolato dalla sua popolazione. E se non saranno i partiti dell”opposizione e i movimenti sociali a far vacillare i piani del regime di Algeri, ci pensa la crisi, ci pensa il prezzo delle patate.

 

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