"Soluzione libica" per la Siria?

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18 Novembre 2011 - 21.04


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da Nena News (segue un articolo de Il Foglio)

Bashar Assad non ferma la repressione ma a far sprofondare il paese nella guerra civile è anche il cosiddetto “Esercito sirano libero”, i disertori sunniti che conquistano appoggi esterni, a cominciare da quello turco.

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La situazione in Siria sta diventando simile a quella di una «guerra civile». Lo ha affermato ieri il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, parlando dell”attacco sferrato mercoledì da un gruppo di disertori contro una base dell”intelligence siriana. Secondo Lavrov, la comunità internazionale dovrebbe esortare tutte le parti coinvolte nella crisi siriana, in corso da otto mesi, a porre fine alle violenze, che hanno già fatto – secondo dati Onu – almeno 3.500 morti.

Anche ieri, stando alla tv al-Arabiya, l”«Esercito siriano libero» ha attaccato una struttura dei servizi segreti siriani nella provincia di Idlib. «È necessario bloccare le violenze, da qualsiasi parte vengano, ha detto Lavrov – perchè in Siria non arrivano solo da apparati del governo». Per il ministro degli esteri russo, inoltre, il piano di pace arabo dovrebbe essere più «concreto» e «dettagliato». «Per l”attuazione dell”iniziativa della Lega araba, proponiamo che tutti gli Stati interessati a una soluzione pacifica esigano la cessazione delle violenze». La Russia, alleata di Damasco, in ottobre ha posto il veto – con la Cina – alla risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu sulle sanzioni contro il governo Assad.

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Un”altra ex alleata della Siria, la Turchia, è ora quella più dura rispetto al regime di Assad: non passa giorno senza criticare l”indifferenza della comunità internazionale rispetto alla crisi siriana e si spinge fino ad ipotizzare la possibilità di instaurare una no-fly zone unilaterale e addirittura un”intervento militare in Siria. Intanto Gran Bretagna, Francia e Germania comunicano di star lavorando per mettere a punto una risoluzione da sottoporre al Consiglio di sicurezza (che però, dopo «il trucchetto» delle risoluzioni sulla Libia, sembra difficile che passino»).

La situazione in Siria sta diventando simile a quella di una «guerra civile». Lo ha affermato ieri il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, parlando dell”attacco sferrato mercoledì da un gruppo di disertori contro una base dell”intelligence siriana. Secondo Lavrov, la comunità internazionale dovrebbe esortare tutte le parti coinvolte nella crisi siriana, in corso da otto mesi, a porre fine alle violenze, che hanno già fatto – secondo dati Onu – almeno 3.500 morti. Anche ieri, stando alla tv al-Arabiya, l”«Esercito siriano libero» ha attaccato una struttura dei servizi segreti siriani nella provincia di Idlib. «È necessario bloccare le violenze, da qualsiasi parte vengano, ha detto Lavrov – perchè in Siria non arrivano solo da apparati del governo».

Per il ministro degli esteri russo, inoltre, il piano di pace arabo dovrebbe essere più «concreto» e «dettagliato». «Per l”attuazione dell”iniziativa della Lega araba, proponiamo che tutti gli Stati interessati a una soluzione pacifica esigano la cessazione delle violenze». La Russia, alleata di Damasco, in ottobre ha posto il veto – con la Cina – alla risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu sulle sanzioni contro il governo Assad.

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Un”altra ex alleata della Siria, la Turchia, è ora quella più dura rispetto al regime di Assad: non passa giorno senza criticare l”indifferenza della comunità internazionale rispetto alla crisi siriana e si spinge fino ad ipotizzare la possibilità di instaurare una no-fly zone unilaterale e addirittura un”intervento militare in Siria. Intanto Gran Bretagna, Francia e Germania comunicano di star lavorando per mettere a punto una risoluzione da sottoporre al Consiglio di sicurezza (che però, dopo «il trucchetto» delle risoluzioni sulla Libia, sembra difficile che passino»). 

 

Fonte: http://nena-news.globalist.it/?p=14506.

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SULLO STESSO TEMA:

I segreti (turchi) dell”esercito ribelle che sfida l”esercito siriano

da Il Foglio.

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In Siria non c”è soltanto una guerra civile, ma una guerra tra due armate, con l”esercito del regime quotidianamente impegnato in battaglie contro militari disertori in grado di sferrare ieri un attacco con lanciarazzi e mitragliatrici contro il quartier generale dei servizi di intelligence dell”Aeronautica, nella periferia nord di Damasco, obbligando i lealisti a intervenire con elicotteri e forze di terra.

L”altro ieri ben 36 militari dell”esercito “regolare” sono rimasti uccisi nella zona di Homs, in uno scontro con i militari ribelli, che hanno riportato 12 vittime: nel complesso, una cinquantina di morti in divisa (più della media dei morti di una giornata di guerra in Libia).

E” un bilancio pesante che indica che nei combattimenti erano impegnati, da una parte e dall”altra, centinaia e centinaia di militari. Le cifre ufficiali del ministero della Difesa di Damasco, confortate da quelle dei ribelli, danno il segno di uno scenario ben diverso da quello di una guerra civile in cui le truppe lealiste massacrano i manifestanti. Secondo il portavoce delle Forze armate di Damasco, sono 1.150 i militari lealisti uccisi dai ribelli, là dove i Comitati locali di coordinamento dell”opposizione forniscono la cifra di 721 morti in divisa (cui vanno aggiunti 3.570 civili).

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Se si fa il raffronto con dieci anni di guerra in Afghanistan in cui sono caduti 2.700 militari Nato e Isaf (438 in 11 mesi del 2011), si comprende l”intensità degli scontri tra le due armate in Siria.

Il dato politicamente più rilevante è che i militari disertori sono in grado di sviluppare tante e tali azioni d”attacco soltanto perché armati, finanziati e anche ospitati in “santuari” ben protetti dall”esercito della Turchia (che nega questo coinvolgimento a livello ufficiale), così come da forze libanesi legate all”ex premier Saad Hariri (appoggiato dall”Arabia Saudita) nella zona di Tripoli del Libano, dove peraltro si è avuto un contagio diretto, con scontri tra alawiti e sunniti con una decina di morti nelle ultime settimane. Nella provincia turca di Antakya, il governo turco ha impiantato un “campo degli ufficiali”, che altro non è se non un distaccamento speciale che serve da base per i disertori siriani della Free Sirian Army del colonnello Riad al Assad (non parente del rais) che si muove protetto da un drappello di militari turchi.

Ieri la Free Syrian Army e la Brigata degli ufficiali liberi del tenente colonnello Hussein Harmush, che conterebbe su 17 mila effettivi, hanno formato un “Consiglio militare provvisorio” per coordinare le loro azioni. La vicinanza con il Libano spiega come mai nelle ultime settimane l”epicentro degli scontri tra i due eserciti sia Homs, terza città della Siria, distante pochi chilometri dal confine. L”attività di minamento del confine libanese – e da ieri di quello con la Giordania (probabile ulteriore base delle infiltrazioni dei ribelli) – conferma la dinamica di una guerra combattuta sottotraccia da tre nazioni confinanti, ormai decise ad accelerare la sconfitta sul piano dello scontro bellico di un regime che rifiuta ogni mediazione – intanto ribadiscono il rifiuto di intervento militare straniero, che interferirebbe nei loro piani.

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Sommata alla preoccupazione per i contraccolpi sul piano interno della decisione della Lega araba di sospendere la Siria – segnale gravissimo per il non piccolo ceto di alawiti, cristiani e sunniti agiati, che continua ad arroccarsi a difesa del regime – c”è la risposta rabbiosa di Bashar el Assad. Ieri i “manifestanti” lealisti, in realtà “squadre speciali” in borghese, hanno assaltato le ambasciate di Giordania, Quatar, Emirati arabi uniti e Marocco, sintomo di un regime che rifiuta opzioni politiche e s”affida soltanto alla violenza. Indicativa l”ultima dichiarazione del ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu: “Damasco pagherà caro per quello che ha fatto”.

 

Fonte: Il Foglio, 17 novembre 2011.

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