'L''embargo sul petrolio iraniano non conviene a nessuno'

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27 Gennaio 2012 - 18.48


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di Nima BaheliLimes

L”Unione Europea ha approvato lunedì un”ulteriore stretta economica nei confronti dell”Iran. Bruxelles, che aveva un accordo di libero scambio con Teheran fino al 2005, ha imposto sanzioni sempre più restrittive dal 2007 nel tentativo di bloccare il programma nucleare della Repubblica islamica.

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La Danimarca, presidente di turno dell”Unione, ha messo a punto un embargo petrolifero che verrà introdotto entro il primo luglio 2012, lasciando agli Stati membri quasi sei mesi di tempo per concludere i contratti esistenti. Alcuni paesi, tra cui Gran Bretagna, Francia e Germania, volevano un termine di tre mesi per l”entrata in vigore della misura, mentre altre nazioni finanziariamente più deboli quali la Grecia, l”Italia e la Spagna avevano chiesto fino a un anno. L”embargo europeo segue a stretto giro di posta le severe sanzioni introdotte dal presidente statunitense Barack Obama il 31 dicembre.

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L”embargo riguarderà le importazioni di petrolio greggio, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici. Esso coprirà altresì l”esportazione di attrezzature e tecnologie indispensabili per il settore petrolifero iraniano. L”intesa prevede anche il divieto di vendita di oro, diamanti e altri metalli preziosi.

Il patrimonio della Banca centrale Iraniana all”interno dell”Ue sarà congelato con esenzioni limitate al fine di consentire l”esecuzione dei contratti petroliferi in fieri. Tali esenzioni sono state richieste dalla Germania, che detiene 2,6 miliardi di euro di prestiti che dovranno esserle rimborsati. È previsto un riesame, da effettuarsi entro il 1 maggio, per valutare l”impatto economico delle sanzioni su nazioni quali la Grecia, l”Italia e la Spagna, dipendenti in larga misura dall”oro nero iraniano.

L”Unione europea insiste nel ribadire che la sua azione è inserita nella cornice di un “doppio binario” finalizzato alla riapertura delle trattative con gli iraniani. Il responsabile della politica estera europea Catherine Ashton aveva sottolineato come le potenze mondiali avessero mostrato “disponibilità a impegnarsi” con l”Iran, senza ricevere alcuna risposta alla loro offerta del 21 ottobre. Anche l”Iran nei giorni scorsi aveva segnalato la propria disponibilità a riprendere i colloqui sospesi un anno fa in Turchia con Stati Uniti, Cina, Russia, Francia, Germania e Gran Bretagna.

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Il ministro degli Esteri russo ha ritenuto la decisione europea “profondamente errata”. Sergei Lavrov ha dichiarato: “è ovvio che ciò che sta accadendo è una pressione palese e un diktat, un tentativo di punire l”Iran per il suo comportamento. Questa è una linea profondamente errata, come abbiamo detto ai nostri partner europei più di una volta. Sotto tale pressione l”Iran non si dimostrerà disponibile a concessioni o ad eventuali modifiche nella sua politica.”

Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Ramin Mehman-Parast ha definito la mossa europea nulla più che un”azione da “guerra psicologica”, sottolineando che questa mossa “illogica e errata non bloccherà la nostra nazione dall”ottenimento dei nostri diritti. Le nazioni europee e quelle che sono sotto pressione statunitense devono pensare ai propri interessi. Qualsiasi nazione che si privi del mercato energetico iraniano vedrà presto come il suo posto sarà preso da altri”.

Teheran è consapevole delle differenze presenti in seno all”Unione.

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L”Europa è un importante partner economico iraniano, avendo importato nel 2010 beni per un valore di 14,5 miliardi di euro ed avendone esportati per un valore di 11,3 miliardi. Con 600 mila barili quotidiani l”Europa è il secondo mercato per il petrolio iraniano subito dopo la Cina. Il greggio persiano rappresenta il 34,2% delle importazioni energetiche della Grecia, il 14,9% della Spagna e il 12,4% dell”Italia – paesi che sono anche i più esposti alla crisi del debito europeo.

Atene ha concluso degli accordi con Teheran che le permettono un termine di pagamento di 60 giorni anche senza garanzie finanziarie. Pur avendo accettato le nuove sanzioni, sarà difficile per la nazione ellenica ottenere tali condizioni da altri fornitori.

Per quel che riguarda l”Italia, il premier Mario Monti aveva chiesto di escludere dal divieto il rimborso dei circa due miliardi di dollari che la National iranian oil company (Nioc) deve all”Eni quale tranche del compenso per gli investimenti effettuati illo tempore dalla compagnia petrolifera italiana in base a contratti “buy back”.

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In alternativa vi era la proposta italiana di consentire alle aziende iraniane di continuare a ripagare i debiti con greggio invece di denaro contante. Questa ipotesi, assieme alle dichiarazioni rilasciate da differenti operatori del mercato energetico – secondo le quali le aziende italiane, spagnole e greche hanno esteso la maggior parte dei propri accordi petroliferi per tutto l”anno corrente – fanno intuire che, presumibilmente, la maggior parte delle forniture iraniane all”Unione Europea sarà esente da sanzioni almeno per l”intero 2012.

Non pensiate che sia solo il famigerato “Club Med” ad aver richiesto deroghe! Oltre a Berlino, che ha fatto pesare la sua voce per vedere “garantiti” i suoi interessi, bisogna registrare un fatto a dir poco surreae. Londra, che da novembre aveva tagliato tutti i legami con le banche iraniane, e che assieme a Parigi è stata l”ispiratrice di questo nuovo ciclo di dure sanzioni europee ha chiesto, a sua volta, esoneri . ma agli Stati Uniti!

A dicembre funzionari britannici, dell”Ue e della British Petroleum (BP) si sono recati in pellegrinaggio a Washington per chiedere che le sanzioni statunitensi non comprendessero Shah Deniz II: si tratta di un progetto gasifero del valore di 22 miliardi di dollari al largo della costa del mar Caspio, di fronte alla Repubblica d”Azerbaigian, visto come punto d”approvvigionamento chiave per il gasdotto Nabucco. Tale pipeline è basilare per la sicurezza energetica europea, in quanto permette a Bruxelles di bypassare la Russia riducendo lo strapotere di Gazprom sul Vecchio Continente.

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La BP e la Statoil norvegese detengono la maggioranza del progetto con il 25,5% delle azioni ciascuna; tuttavia – bizzarrie del “pipelinestan” – la Naftiran Intertrade Co., filiale della Nioc con sede in Svizzera, detiene una quota del 10%. Motivo per cui, paradossalmente, se Teheran decidesse di bloccare il progetto o il programma stesso venisse bloccato dagli Stati Uniti, la sicurezza energetica europea verrebbe fortemente compromessa. Da ciò deriva una situazione kafkiana: il nemico storico di Teheran, Bp, chiede al proprio governo e all”Ue di recarsi a Washington a fare azione di lobbyng per “tutelare” indirettamente gli interessi iraniani.

A complicare ulteriormente la situazione c”è il fattore “sostituzione”. Qualora il progetto euro-statunitense di bloccare la vendita del petrolio iraniano sul mercato mondiale avesse successo, bisognerebbe “sostituire” entro la fine dell”anno 2,6 milioni di barili giornalieri. L”Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) prevede che la domanda mondiale di petrolio aumenterà nel 2012 di circa un milione di barili al giorno, portando quindi il deficit potenziale totale a 3,6 milioni di barili.

L”Arabia Saudita e gli emirati arabi del Golfo Persico si erano detti favorevoli a “sostituire” i 2,6 milioni di barili iraniani; un duraturo aumento di produzione di 3,6 milioni di barili è però verosimilmente al di là delle capacità di queste nazioni, considerando che Riyad, che farebbe la parte del leone in questo progetto, già ora pompa 10 milioni di barili al giorno, quantitativo insolitamente alto.

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Tralasciando le considerazioni sulla qualità del petrolio saudita – più “acido” di quello iraniano, ovvero più ricco di zolfo e altre impurità che aumenterebbero i costi di raffinazione – bisognerà a questo punto escludere l”ipotesi di ulteriori shock dell”offerta sul mercato petrolifero mondiale, in quanto le nazioni arabe del Golfo Persico non avrebbero capacità addizionale di sostituzione.

Tale ipotesi è peregrina, in quanto già si registrano problemi fra il Sudan e il Sud Sudan, con Juba che minaccia di non pompare più il proprio petrolio a causa del pedaggio troppo alto chiesto da Khartoum per l”uso dei propri oleodotti. Sempre in Africa, i due milioni di barili giornalieri nigeriani non sono particolarmente sicuri; cambiando continente, è inverosimile che l”Iraq sia disponibile a “pestare i piedi” al proprio potente vicino; Messico e Regno Unito, pur essendo potenzialmente disponibili, sono in una fase irreversibile di capacità produttiva declinante.

Se aggiungiamo a tutto ciò il fatto che già a condizioni “normali” si prevedeva l”aumento dei prezzi petroliferi a 120 dollari entro il 2016 – a causa della domanda globale superiore all”offerta – sarà intuitivo capire come le prospettive di un boicottaggio completo e continuativo nel tempo del petrolio iraniano siano irrimediabilmente destinate a essere esili.

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Fonte: http://temi.repubblica.it/limes/lembargo-sul-petrolio-iraniano-non-conviene-a-nessuno/31634

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