Colpa della Nato il caos in Libia

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1 Febbraio 2012 - 00.59


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di Ramzy Baroudgulfnews.com. Con video in coda all”articolo.

Il Foreign Office britannico e il Dipartimento di Stato USA sono seriamente preoccupati. I funzionari che si occupano di diritti umani all”Onu sono furibondi. Il Canada, per qualche ragione, sembra particolarmente infuriato. L”obiettivo di tutta questa furia è il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) della Libia, che viene rimproverato per non riuscire a limitare le diffuse violazioni dei diritti umani in tutto il paese.  La storia sembra in qualche modo rientrare in un tipico schema: i gruppi di salvaguardia dei diritti lanciano l”allarme in merito alle violazioni presso qualche paese del terzo mondo. Le potenze occidentali rispondono esigendo responsabilità. I resoconti dei media riferiscono la vicenda finché non svanisce.

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Tuttavia, questa storia richiede più di un mero riconoscimento dell”approccio autovalorizzante alle violazioni dei diritti umani. Fra gli accusatori sono ricompresi l”Onu e i principali membri della Nato. Sono state le formulazioni e interpretazioni selettive della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell”ONU ad aver portato a una guerra devastante contro la Libia. La guerra ha distrutto un regime brutale e lo ha sostituito con un altro, il tutto a spese di decine di migliaia di vite libiche.

Per quanto riguarda l”accusato, non è altro che il Cnt, che a sua volta è stato un assemblaggio politico della Nato volto a guidare la transizione politica in Libia per servire gli interessi occidentali.

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L”intera vicenda libica è stata messa in ballo in un modo che assomiglia in realtà alla gestione dell”Iraq dopo l”invasione del marzo 2003. Le potenze occidentali hanno preteso di agire in veste di autorità di esecuzione del diritto internazionale, con lo scopo altruistico di liberare il mondo dai vili dittatori che “uccidono la propria gente”. Ma la situazione in Libia è apparentemente meno gestibile del previsto.

 

Disavventura Iraq

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Si è scoperto che la ”missione compiuta” in Libia è stata l”ennesima bufala. Il risultato non è meno devastante di quanto accaduto in Iraq.

La situazione attuale in Libia sta promettendo un conflitto pluri-stratificato che coinvolge numerose milizie, tribù e fazioni, tutti organizzati attorno a obiettivi ideologici, familiari e politici che sono eccezionali per la Libia stessa.

La guerra contro la Libia ha reso più potenti alcuni partiti fornendo loro l”occasione di regolare i conti. Ciò è evidenziato nella violenza in corso a Bani Walid, che ha visto uccisioni diffuse e torture di quanti erano accusati di essere fedelissimi di Muammar Gheddafi.

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Tutto ciò che occorre a una milizia per giustificare il suo attacco contro qualsiasi paese in Libia consiste semplicemente nel dichiarare che ospita i fedelissimi Gheddafi. Questo è stato il caso di Bani Walid, una delle ultime città ad arrendersi. La denuncia è sufficiente a rendere ogni atto di aggressione e tortura in qualche modo accettabile dai media arabi e occidentali allo stesso modo. Il Cnt sta semplicemente scegliendo le parti per garantirsi che le potenti milizie emergenti gli rimangano fedeli, anche se solo verbalmente.

Tutto questo va contro i calcoli iniziali della Nato. La Nato aveva sperato che un Cnt forte, sostenuto da milizie ben controllate, avrebbe avviato un processo di fusione per diventare il prossimo governo del paese e l”esercito nazionale. Questo non è accaduto. Il Ctn si è organizzato a casaccio, senza un reale mandato popolare, mentre le milizie sono ancora nelle loro trincee per assicurare che il futuro la Libia non trascuri le loro rispettive tribù, città e interessi di fazione. È una ricetta per una guerra civile.

La situazione è peggiorata da che i gruppi per i diritti hanno formulato critiche pungenti nei confronti della terribile situazione nelle carceri libiche. Amnesty International ha parlato di detenuti che muoiono sotto tortura. A Davos, L”Alto Commissariato dell”Onu per i Diritti Umani, Navi Pillay, ha dichiarato all”Associated Press che le varie milizie imprigionano fino a 8mila detenuti in 60 centri di detenzione in tutto il paese. In questi centri, «ci sono le torture, le esecuzioni sommarie, gli stupri di uomini e donne».

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Gli alleati della Nato sono preoccupati, ovviamente. Se il modello libico – un cambio di regime dal cielo – fallisce completamente, il loro avventurismo militare in Medio Oriente subirà un”ulteriore battuta d”arresto. Di più, il dispiegarsi della parodia libica continuerà a risvegliare le accuse di gravi crimini di guerra commessi dalla Nato stessa, che in teoria aveva scatenato la guerra in Libia «per proteggere i civili e aree popolate civili sotto la minaccia di attacco».

La guerra della Nato in Libia era sotto il comando di un canadese, il generale Charles Bouchard. Nel giugno scorso è stata citata una frase del ministro degli Esteri canadese John Baird che affermava che per la Libia non ci si dovrebbe aspettare di andare da «Gheddafi a Thomas Jefferson». Non è riuscito a formulare che tipo di democrazia la Nato intendesse raggiungere con le sue 9600 missioni di attacco.

Il rimproverare i libici del fatto che non riescano ad aderire ai diritti umani è una sfacciata ipocrisia, soprattutto perché molte delle vittime della Nato non sono state ancora pienamente messe nel conto. Il comportamento delle milizie e questo Cnt che non rappresenta nessuno sono semplicemente una continuazione della violentissima eredità deliberata proprio dai paesi della Nato che pure si presentano molto esigenti in termini di responsabilità, democrazia e affermazione dello Stato di diritto.

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Ramzy Baroud è un giornalista internazionale e direttore di PalestineChronicle.com. Il suo ultimo libro è My Father Was a Freedom Fighter: Gaza”s Untold Story (“Mio padre era un combattente della libertà: la storia inedita di Gaza”, NdT).

 

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Fonte: http://gulfnews.com/opinions/columnists/blame-nato-for-the-mess-in-libya-1.974030.

 

Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.

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http://www.youtube.com/watch?v=6Jo-EIoKV64

 

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