Il Mali e la nuova al Qaeda a tre passi da casa

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18 Dicembre 2012 - 21.52


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Notizia caduta nel disinteresse dei media. Ennesimo colpo di Stato in Mali. Paese molto più vicino a noi dell”Afghanistan è la nuova roccaforte di al-Qaeda.

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di Ennio Remondino – Globalist.

Presidenti precari. Prima l”arresto poi, come si conviene nell”era della comunicazione globale, un breve discorso in diretta televisiva, anche se messo in onda alle 4 del mattino.

Cheik Modibo Diarra non è più il primo ministro del Mali: è stato lui stesso ad annunciare le dimissioni sue e del governo. Poche ore prima l”ex presidente era stato incarcerato a Bamako, la capitale del paese africano, da militari golpisti.

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Un esercito agli ordini del capitano Amadou Haya Sanogo, lo stesso che lo scorso 22 marzo aveva già rovesciato il presidente Amadou Toumani Toure. Mestiere pericoloso fare il presidente in Mali. Partita decisiva: contrastare o favorire le milizie islamiste, gruppi armati legati ad al-Qaeda che controllano il nord del Paese. Il quesito ci riguarda da vicino.

Quel brutto pasticcio. Il 12 ottobre, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, su richiesta del Governo transitorio maliano guidato dal Presidente a interim Dioncounda Traoré (due presidenti fa), e appoggiato dalla ex potenza coloniale francese, aveva votato all”unanimità la Risoluzione 2071 che autorizzava l”invio nel Nord Mali di una Forza inter-africana per affiancare l”esercito di Bamako nel conflitto e invita i Paesi membri della “Comunità Economica degli Stati dell”Africa Occidentale” a preparare un piano di intervento e presentarlo entro 45 giorni all”Onu. Nel documento veniva denunciata la presenza di formazioni jihadiste e movimenti indipendentisti in vaste aree del Paese con violazioni dei diritti umani da parte di formazioni armate.

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La politica degli ostaggi. Risposta al Consiglio di sicurezza: il 20 novembre il movimento islamista “Mouvement pour l”unicitè et le jihad en Afrique de l”Ouest” (Mujao), operante nel Nord del Mali, rivendica il sequestro di un cittadino francese, Gilberto Rodriguez Leal, rapito a Diema, nell”ovest del Mali, al confine con Mauritania e Senegal, facendo così salire a 13 il numero degli ostaggi -di cui 7 francesi- nelle dei jihadisti presenti nell”intera area settentrionale maliana dove stanno imponendo la sharia. Due settimane dopo, i 2 dicembre, l”Emiro Mous”ab Abdel Weddoud, esponente di spicco di “Al Qaida in the Islamic Maghreb” (Aquim) minaccia la Francia, con un messaggio registrato fatto pervenire al sito “Sahara Media”.

Tornano le crociate. Sono oltre 5.000 i francesi residenti in Mali, ma la minaccia riguarda tutto l”Occidente nel caso di intervento militare, precisando che “Aquim sta preparando una guerra ai crociati” e che “dispone di armi sofisticate”. Sul fronte opposto la Comunità Economica degli Stati dell”Africa Occidentale (Cedeao) ha già mobilitato 3.500 militari da inviare in rinforzo all”esercito maliano: da Niger, Nigeria e Togo 600 soldati ciascuno, da Senegal, Benin e Burkina Faso dalle 100 alle 500 unità ognuno, e dal Chad, che non fa parte della Cedeao, la disponibilità di uomini e flotta aerea, a bilanciare la defezione di Costa d”Avorio, Mauritania e Liberia, alle prese con problemi interni, e la posizione attendista dell”Algeria favorevole al dialogo.

Venti di guerra. Sul fronte Occidentale, Usa e Francia, favorevoli a una soluzione armata stile Libia, sono disponibili per fornire logistica e addestramento e, secondo quanto riportato da alcuni media -Washington Post, Le Figaro e Jeune Afrique- gli Stati Uniti potrebbero utilizzare droni e la Francia avrebbe già dispiegato “un centinaio di forze speciali nella regione”. L”opzione militare appariva scontata già dopo la riunione del 19 ottobre a Bamako tra rappresentanti di Onu, Cedeao, Unione Africana, Ue, che condividono il timore di un”implosione del Mali attraversato da spinte secessioniste, col radicamento di gruppi islamici radicali e instabilità istituzionale. Calcolati oltre 500.000 sfollati su 15 milioni di abitanti, destabilizzando l”intera Regione.

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L”incertezza al potere. Cos”è accaduto nel Paese che è stato in grado nel 1991 di rovesciare con un colpo di stato incruento il regime a partito unico del generale Moussa Traoré e nominare Presidente, nelle prime elezioni libere, l”archeologo Alpha Oumar Konaré ? Ribellioni al Nord e tensioni sociali mai sopite non hanno impedito al Mali una certa apertura: patto nazionale tra Governo e i movimenti dell”Azawad, un milione e 500 mila persone nomadi, nell”aprile 1992. Libertà di stampa, sviluppo del turismo e investimenti stranieri. Progressi consolidati con l”elezione di Amadou Toumani Touré, ex generale e protagonista del colpo di Stato del 1991 che aveva fatto della cooptazione dei rappresentanti di tutte le correnti il suo metodo di governo.

Clientele tribali. Il favoritismo verso dirigenti mediocri, la corruzione, l”incanalamento delle risorse verso la capitale che assorbe il 90% di abitanti a danno delle regioni del nord e la penetrazione dei gruppi jihadisti di matrice qaedista nel Sahel, hanno progressivamente eroso le capacità mediatrici di Touré, convinto, dopo aver ottenuto la liberazione di 32 occidentali rapiti in Algeria nel 2003, di avere acquisito un ruolo fondamentale nei contatti con Aqim, esercitato con successo sino al 2010 anche grazie al supporto, in termini di mezzi e uomini, di Usa e Occidente nella “lotta al terrorismo”. Ma il “vento mutante” che attraversa l”arco Mediterraneo e i Paesi confinanti del sud, segnala invece una discontinuità profonda con il passato.

L”effetto “Libia”. Nel novembre 2011, a meno di un mese dalla caduta di Gheddafi, il gruppo “Tuareg per la liberazione dell”Azawad”, insieme a tutte le organizzazioni indipendentiste della Regione -“Movimento Nazionale Azawad”, “Movimento Popolare per la Liberazione dell” Azawad”- forte di oltre 8 mila combattenti e rinforzato dai tuareg arruolati nell”esercito libico e rientrati -si parla di 2-3 mila uomini, addestrati e dotati di considerevole armamento- ha riproposto al governo la richiesta di indipendenza del Nord, dichiarandosi pronto alla lotta armata. Il conflitto, dilagato in tutto il Nord, ha mostrato un esercito demotivato, nonostante la fornitura di armi e addestramento da parte degli Usa, e incapace di contenere gli assalti dei tuareg.

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Nuovo colpo di Stato. Da questa situazione nasce il colpo di stato di marzo, guidato dal capitano Amadou Sanogo che, in diretta televisiva, annuncia la destituzione del Presidente, l”insediamento del “Comitato Nazionale per il Risanamento della Democrazie e la Restaurazione dello Stato” e promette di restituire il potere ai civili al termine dell”emergenza. Il Consiglio di sicurezza Onu condanna il golpe e il Paese si spacca in due: da un lato il gruppo golpista incassa il sostegno di Oumar Mariko, leader dell”unica forza di opposizione in Parlamento, “Solidarité Africaine pour la Démocratie et l”indèpendence”, con gli alleati della coalizione “Movimento del 22 Marzo” e dichiara la disponibilità a trattative con i ribelli tuareg.

Paese spaccato. Si oppone al golpe il “Fronte Unito per la Salvaguardia della Democrazia e della Repubblica” e l”Unione Africana che impone sanzioni a golpisti e ribelli tuareg. La divisione nel Paese si aggrava per l”alleanza militare dell”Mnla con formazioni jihadiste vicina ad Aqim, come “Ansar Dine”, Difesa dell”Islam, con quartier generale a Kidal. Organizzazione armata guidata dal leader tuareg Iyad Ag Ghaly, già console maliano in Arabia Saudita, e il gruppo Mujao, insediato a Gao, che hanno favorito l”avanzata dei ribelli. Il centro di Timbuctù è conquistato da “Ansar Dine” l”aeroporto dall”Mnla, mentre la città diventa sede del quartier generale di Aquim. A Bamako, nella base militare abbandonata dall”Esercito si installa la “Brigata Faruk”.

Maghreb islamico. “Al Qaida in the Islamic Maghreb” controlla militarmente gran parte del territorio grazie a tre comandanti algerini: Abu Zaid, Mokhtar Belmokhtar e Yahya Abu al Hamman. La dichiarazione di “Indipendenza da Mali per uno Stato basato su una Costituzione democratica” aggrava uno scenario già complesso: la Comunità internazionale, primi fra tutti Francia e Unione Africana, la ritiene nulla. Le milizie islamiste dichiarano che intendono esercitare la sharia nelle città conquistate. I militari golpisti invocano l”aiuto internazionale. Gli stessi tuareg, nomadi abituati a vivere attraverso le frontiere di Mali, Niger, Algeria, Libia e Burkina Faso si impegnano a rispettare i confini degli Stati, ma la Comunità Internazionale non ci crede.

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La resa dei conti. Il primo a capitolare è il Capitano Sanogo, che ad aprile firma con la Cedeao un accordo che obbliga i golpisti a passare i poteri al Presidente del Parlamento, Diouncounda Traoré, impegnato a fissare le elezioni presidenziali entro 40 giorni e a proteggere il Presidente deposto. In cambio, la Cedeao abolirà le sanzioni e concederà l”amnistia ai golpisti. Il Consiglio di sicurezza Onu riconosce l”accordo e insedia il Presidente designato. Il 15 aprile viene nominato Primo Ministro del Governo di Transizione Sheikh Modibo Diarra, astrofisico. Nel nuovo governo anche tre militari: colonnello Yamussa Camara alla Difesa, colonnello Moussa Sinko Coulibaly all”Interno e generale Tiefing Konaté alla Protezione Civile.

Frattura tra i ribelli. Diventa pubblica la frattura fra i leader dell”Azawad e le milizie islamiste, quando uno dei gruppi, “Ansar Dine” in giugno invia il portavoce Sheikh Ag Wissa, in Burkina Faso per incontrarne il Presidente, Balise Compaoré, mediatore per un possibile negoziato tra i contendenti. Tutto ciò a tre giorni dalla bocciatura all”Onu della proposta di intervento armato presentata da esponenti militari di alcuni Paesi dell”Unione Africana guidata dal Presidente del Benin, Thomas Boni Yayi. Il rifiuto dell”Onu diventa elemento non secondario nella ripresa degli scontri fra tuareg e gruppi islamisti che in poche settimane conquistano -con i militanti di “Ansar Dine” e di “Mujao”- le città di Gao e Timbuctù con episodi di ferocia.

Jihadisti contro Tuareg. Lo scontro non è soltanto politico ma anche religioso. A Timbuctù vengono dissacrate importanti moschee e mausolei dove si pratica il culto dei santi della dottrina sufi, ritenuta “empia” dai jihadisti, fino a sconfiggere -con l”aiuto di Aqim- i tuareg dell”Mnla ad Ansogo, a pochi chilometri da Gao, costringendoli ad abbandonare definitivamente il territorio dell”Azawad. Su invito del “Consiglio per la Sicurezza e la Pace” riunito a luglio dall”Unione Africana ad Addis Abeba, si cerca di ottenere l”invio di una Forza militare internazionale per fronteggiare i qaedisti ed evitare il loro radicamento nel nord. La situazione del Mali e dei Paesi vicini spinge lo stesso Presidente a chiedere l”intervento dell”Onu.

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L”Onu di Romano Prodi. L”inviato speciale Onu per il Sahel, Romano Prodi, e lo stesso Segretario Generale, Ban Ki Moon, escludono un”azione militare internazionale prima del settembre 2013 e invitano le Autorità maliane a trattative negoziali con gli insorti. Il rinvio della missione “African led International Support Mission to Mali” delude i militari. Il Capitano Amadou Haya Sanogo la notte del 10 dicembre invia una ventina di militari alla residenza del Premier Sheik Modibo Diarra, in procinto di recarsi a Parigi per cure, e lo fa arrestare. Il Premier presenta le dimissioni il giorno successivo negli uffici della Radio-televisione del Mali e nel Paese hanno inizio le consultazioni per la formazione di un nuovo esecutivo. E siamo tornati all”inizio del racconto.

Ma a noi cosa interessa? Vicende troppo lontane per riguardarci? Possiamo anche continuare ad illuderci. Salvo poi scoprire di colpo che esiste il Mali e che esiste una feroce guerra in corso al prossimo malaugurato rapimento con mobilitazione di opinione pubblica, fiaccolate di solidarietà, Farnesina mobilitata a sconsigliare turismo improbabile e solidarismo incosciente e Aise (servizi segreti esteri) a rincorrere rapitori politici o banditeschi. Cambia poco sul prezzo. Un amico che per anni ha fatto uno strano mestiere al servizio dello Stato mi raccontava che un milione di dollari in banconote -ovviamente di piccolo taglio- pesa 20 chili e riempie un intero zaino. Ad evitare fatica (zaini) e sacrifici (contenuto), parlare di Mali oggi non guasta. Oltre alle terribili condizioni umanitarie che là si vivono.

 

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Fonte: http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=37453&;typeb=0&Il-Mali-e-la-nuova-al-Qaeda-a-tre-passi-da-casa.

 

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