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BERLINO – Chiuso in un container senza finestre nel New Mexico, aria condizionata, davanti a un computer, per anni ha pilotato e manovrato con tastiera e joystick droni che volavano e colpivano in Afghanistan, dall”altra parte del pianeta, e dal suo schermo ha visto morire «uomini, donne e anche bambini». A sfogarsi con un giornalista dello Spiegel, raccontando gli «orrori» di una guerra «virtuale», «impersonale» e «asettica» incoraggiata da Obama, è l”ex soldato della Us Air Force Brandon Bryant, 27 anni, oltre cinque dei quali trascorsi a manovrare a distanza droni in missioni di guerra.
Lo faceva, scrive lo Spiegel, da un container di forma oblunga, senza finestre, delle dimensioni di una roulotte, con l”aria condizionata costantemente regolata a 17 gradi e la cui porta, per ragioni di sicurezza, non poteva essere aperta. Lì lui e i suoi colleghi avevano davanti 14 schermi di computer e quattro tastiere. «Quando Brandon premeva un bottone nel New Mexico, qualcuno moriva dall”altra parte del pianeta».
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Una volta, racconta Brandon Bryant, nel breve intervallo di tempo fra il lancio del razzo dal drone, da lui comandato con un clic del bottone sul suo joystick, e l”impatto del razzo sul «bersaglio», un bambino appare sul suo schermo di controllo. Compare solo un attimo prima di scomparire nell”esplosione del razzo. Brandon ha ucciso un bambino.
Il militare inizia ad avere problemi di sonno, di depressione e un giorno sviene e inizia a sputare sangue. Per sei mesi viene messo a riposo con la diagnosi di una «sindrome post traumatica» non dissimile da quella vissuta da molti soldati che hanno combattuto fisicamente al fronte. Al suo ritorno ripiomba di nuovo nell”incubo, fino a quando non viene congedato, dimostrando, scrive lo Spiegel, l”impossibilità di una guerra «virtuale» e senza traumi.
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