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da Nena News.
Truppe siriane e combattenti di
 Hezbollah hanno ieri ripreso il controllo della città di Qusair, in 
mano ai gruppi di opposizione al regime di Bashar al-Assad. Secondo 
quanto riportato dall”Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, 52 
persone sono morte e 23 militanti libanesi sarebbero stati uccisi negli 
scontri a fuoco. L”esercito di Assad ha preso il controllo della piazza 
principale, della sede del Comune e della Chiesa. La tv di Stato siriana ha riportato l”arresto di numerosi ribelli, che tentavano di fuggire vestiti da civili.
La battaglia per Qusair va avanti da settimane: ieri l”esercito da 
Damasco ha attaccato via terra, casa per casa, dopo una serie di 
bombardamenti aerei. Una città strategica per entrambi i fronti, 
perché collega la capitale Damasco alla costa, vicino al confine con il 
Libano: controllare Qusair significa in parte controllare il Paese. 
Soprattutto per lo smercio di armi, contrabbandate in gran quantità 
dalla permeabile frontiera libanese. E la presenza ingente di 
miliziani di Hezbollah nella battaglia di Qusair ne è la prova: il 
coinvolgimento del movimento libanese nella guerra civile siriana a 
fianco di Assad è ormai palese, tanto da spingere nuovamente il primo
 ministro israeliano Netanyahu a minacciare Damasco di un nuovo 
intervento militare, dopo i bombardamenti di due settimane fa.
Da tempo il governo siriano era impegnato nella ripresa di Qusair e 
delle cittadine vicine, nel distretto di Homs, cuore della comunità 
alawita a cui appartiene il presidente Assad. Immediata la reazione 
della Coalizione Nazionale Siriana, federazione dei gruppi di 
opposizione al regime, che ha denunciato “il bombardamento barbaro e 
distruttivo” della città, avvertendo che una simile azione può far 
naufragare la conferenza proposta da Stati Uniti e Russia per la 
fine del mese. Una conferenza che però le stesse opposizioni avevano 
criticato, perché non prevedeva l”allontanamento immediato di Bashar 
al-Assad ma un suo possibile coinvolgimento nella transizione, almeno 
all”inizio.
Dal canto sui Assad ha messo in chiaro la sua posizione: in un”intervista a Repubblica, il presidente siriano ha detto che non si dimetterà fino alla fine del suo mandato,
 il prossimo anno, e che a quel punto spetterà al popolo siriano – e non
 a Washington – disegnare il proprio futuro con libere elezioni.
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