di Robert Fisk.
Mentre il regime di Assad a Damasco ha negato la responsabilità dei missili al
 gas sarin che hanno ucciso circa 1.400 siriani nel sobborgo di Ghouta 
il 21 agosto, circolano ora in città informazioni che le nuove “prove†
russe a proposito dell’attacco comprendono le date di esportazione degli
 specifici razzi usati e – cosa più importante – i nomi dei paesi ai 
quali sono stati venduti in origine. Sono stati apparentemente 
fabbricati nell’Unione Sovietica nel 1967 e venduti da Mosca a tre paesi
 arabi: Yemen, Egitto e alla Libia del colonnello Gheddafi. Questi 
dettagli non possono essere verificati mediante documenti e Vladimir 
Putin non ha rivelato i motivi per cui ha dichiarato a Barack Obama di 
sapere che l’esercito di Assad non ha lanciato i missili al sarin; ma se
 l’informazione è corretta – e si ritiene sia pervenuta da Mosca – la 
Russia non ha venduto questa particolare partita di munizioni chimiche 
alla Siria. 
Dopo
 la caduta di Gheddafi nel 2011, vaste quantità delle sue armi 
abbandonate di fabbricazione sovietica sono cadute nelle mani di gruppi 
ribelli e di insorti affiliati ad al-Qaeda. Molte sono state rinvenute 
successivamente nel Mali, alcune in Algeria e una gran quantità nel 
Sinai. I siriani affermano da molto tempo che una quantità considerevole
 di armi di fabbricazione sovietica sono finite dalla Libia nelle mani 
di ribelli nella guerra civile del paese con l’aiuto del Qatar, che 
aveva appoggiato i ribelli siriani contro Gheddafi e oggi paga le 
spedizioni di armi agli insorti siriani. 
Non
 c’è dubbio che la Siria abbia un considerevole arsenale di armi 
chimiche. Né che le scorte siriane contengano grandi quantità di missili
 da 122mm di gas sarin. Ma se i russi sono stati effettivamente in grado
 di identificare gli specifici marchi dei missili su frammenti rinvenuti
 a Ghouta – e se si tratta di munizioni mai esportate in Siria – il 
regime di Assad vanterà che la sua innocente è stata provata. 
In 
un paese – in realtà in un mondo – in cui la propaganda ha più influenza
 della verità, scoprire l’origine delle sostanze chimiche che hanno 
soffocato tanti siriani un mese fa è un’indagine piena di pericoli 
giornalistici. I giornalisti che trasmettono dispacci dalle parti della 
Siria tenute dai ribelli sono accusati dal regime di Assad di 
frequentare i terroristi. I giornalisti che riferiscono dal lato 
governativo delle linee siriane del fronte sono regolarmente accusati di
 dar voce alla propaganda del regime. E anche se il regime di Assad non è
 stato responsabile degli attacchi del 21 agosto, le sue forze hanno 
commesso una gran quantità di crimini di guerra negli ultimi due anni. 
Torture, massacri, bombardamento di obiettivi civili sono da tempo 
dimostrati. 
Ciò
 nonostante, va anche detto che gravi dubbi sono espressi dall’ONU e da 
altre organizzazioni internazionali a Damasco che il gas sarin sia stato
 lanciato dall’esercito di Assad. Anche se questi incaricati 
internazionali non possono essere identificati, alcuni di loro erano a 
Damasco il 21 agosto e hanno posto una serie di domande cui nessuno ha 
ancora fornito una risposta. Perché, ad esempio, la Siria avrebbe atteso
 fino a quando gli ispettori dell’ONU si erano sistemati a Damasco il 18
 agosto prima di usare il gas sarin poco più di due giorni dopo, e solo a
 quattro miglia dall’hotel in cui si erano appena registrati gli 
ispettori dell’ONU? Avendo in tal modo regalato all’ONU la prova 
dell’uso del gas sarin – che gli ispettori hanno rapidamente acquisito 
sul campo – il regime di Assad, se colpevole, si sarebbe certamente reso
 conto che un attacco militare sarebbe stato messo in atto dalle nazioni
 occidentali. 
Così
 come stanno le cose, la Siria sta per perdere le sue intere difese 
chimiche strategiche a lungo termine contro un Israele dotato di armi 
nucleari perché, se si deve credere ai leader dell’occidente, ha voluto 
lanciare solo sette missili vecchi di quasi mezzo secolo contro un 
sobborgo ribelle in cui solo 300 delle 1.400 vittime (se si deve credere
 agli stessi ribelli) erano combattenti. Come ha dichiarato ieri una ONG
 occidentale: “Se Assad voleva davvero usare il gas sarin perché, in 
nome di Dio, ha atteso due anni e proprio quando l’ONU era 
effettivamente sul terreno per indagare?â€
I 
russi, naturalmente, hanno negato in modo simile in precedenza la 
responsabilità di Assad negli attacchi con il sarin. Quando almeno 26 
siriani erano morti per avvelenamento da sarin a Khan al-Assal il 19 
marzo – Mosca aveva di nuovo attribuito la responsabilità ai ribelli. I 
russi in seguito hanno presentato all’ONU un rapporto di cento pagine 
contenente le loro “proveâ€. Come le prove di Putin a proposito degli 
attacchi del 21 agosto, esse non sono state rivelate. 
Un 
testimone che era con le truppe siriane della Quarta Divisione 
dell’esercito il 21 agosto – un ex ufficiale delle Forze Speciali 
considerato una fonte affidabile – ha affermato di non aver visto alcuna
 prova di lanci di proiettili al gas, anche se si trovava in uno dei 
sobborghi, Moadamiya, che è stato un bersaglio del sarin. Ricorda in 
effetti che i soldati avevano espresso preoccupazione quando avevano 
visto le prime immagini su YouTube di civili che soffocavano, non per 
simpatia, ma perché temevano di dover combattere in mezzo a nuvole di 
veleno. 
“Ci si spingerebbe forse oltre le teorie della cospirazione affermando che 
il governo non è stato coinvoltoâ€, ha affermato un giornalista siriano 
la settimana scorsa, “ma siamo sicuri che i ribelli disponevano del 
sarin. Avevano bisogno di stranieri che insegnassero loro come 
lanciarlo. O c’è una “terza forza†che non conosciamo? Se l’Occidente 
aveva bisogno di una scusa per attaccare la Siria, l’ha avuta giusto in 
tempo, nel posto giusto e di fronte agli ispettori dell’ONU.â€
Tratto da Z Net.
Originale: The Independent
Traduzione a cura di di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0.