'Yalta, settant''anni dopo'

Ora che i venti di guerra USA soffiano sull’Europa, torno da un meeting a Yalta per ricordare la storica conferenza che vi si tenne nel 1945 [Dario Tamburrano, M5S]

'Yalta, settant''anni dopo'
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10 Febbraio 2015 - 06.01


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intervento di Dario Tamburrano,

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portavoce M5S in UE.

Settant’anni fa la Seconda guerra
mondiale stava finendo. L’unico legame fra USA, URSS e Gran Bretagna era
la comune alleanza contro Hitler: era chiaro che gli interessi andavano
sempre più divergendo man mano che la vittoria si avvicinava. Dunque i
leader dei tre Paesi – Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Josif Stalin – si incontrarono a Yalta e stipularono gli accordi fondamentali sull’assetto del mondo dopo il conflitto.

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Ora che i venti della guerra d’Ucraina fomentati dagli Stati Uniti soffiano prepotentemente
sull’Europa, sono tornato da poco dal meeting che si è svolto a
Yalta per ricordare quella storica conferenza del febbraio 1945. La sede
dell’incontro era il palazzo di Livadija, esattamente come allora. Yalta si trova in Crimea, la penisola che, mediante referendum, si è staccata dall’impresentabile Ucraina spalleggiata da Unione Europea e Stati Uniti per aderire alla Russia. La Crimea Ã¨ uno dei nodi del conflitto in Ucraina.

Il
meeting di Yalta è stato fondamentalmente un convegno storico dedicato
all’analisi di ciò che accadde alla Conferenza del 1945. Ho accettato
l’invito a partecipare da parte della Civil Society Development Fundation per
due motivi: si dicono tante cose su Russia e Crimea, ma volevo
constatare con i miei occhi e mi sembra attualissimo il “modello Yalta”,
cioè l’idea di sedersi attorno a un tavolo per discutere e trattare pur
partendo da posizioni lontanissime come lo erano quelle del presidente
statunitense Roosevelt e del leader dell’Unione Sovietica Stalin. Il
“modello Yalta” non sembra essere gradito ai “grandi” di oggi: al
meeting non hanno partecipato rappresentanti ufficiali del governo degli
Stati Uniti e della Gran Bretagna, protagonisti della Conferenza di
settant’anni fa.

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Un’assenza
non casuale, a dimostrare che Stati Uniti e Gran Bretagna hanno assai
poca voglia di discutere con la Federazione Russa. Anche se ritengo che
la soluzione politica sarebbe l’unica soluzione sensata. 

Tra i politici della Crimea ho
incontrato il sindaco e l’assessore al Turismo di Yalta, e tra i
politici russi diversi deputati della Duma. Il secondo giorno è venuto a farci visita a sorpresa il Presidente della Duma, Sergey Naryshkin , che in Russia è la terza carica dello Stato.

Mi hanno intervistato testate locali e
il quotidiano Pravda di Mosca, molto interessate alla presenza di un
deputato europeo del M5S. Parlando con me, sono stati lieti di
constatare che nell’UE esistono le eccezioni alla russofobia dilagante. A
tutti ho spiegato che in Europa la gente vuole evitare la guerra con la
Russia, che il conflitto (sanzioni comprese) non è negli interessi dei
cittadini europei, che per quella parte d’Europa che vive ancora di
economia reale, è fondamentale il rapporto commerciale e di vicinanza
con la Russia.

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Dal Parlamento Europeo oltre a me sono andati a Yalta: Kostadinka Kuneva di Syriza, Béla Kovacs (leader di un partito ungherese di estrema destra), Tatjana Zdanoka dei Verdi indipendenti ALE (il Partito Verde Europeo, nel Parlamento Europeo, fa invece parte del blocco antirusso).

Tra i presenti esponenti politici,
universitari e di associazioni di ONG provenienti da Kazakistan, Russia,
Francia, Svizzera, Germania, Spagna, Austria, Moldavia, Ucraina,
Belgio, Ungheria, Bulgaria, Montenegro, Romania, Grecia, Lettonia,
Slovacchia, Inghilterra, Stati Uniti, Polonia. Presenza particolare Daniel Estulin scrittore del famoso libro sul Club Bildemberg.

Ho constatato con piacere che il
Movimento Cinque Stelle non è affatto uno sconosciuto fuori dai confini
italiani, che esiste una viva curiosità nei nostri confronti e che siamo
tra i pochi in grado di dialogare con tutti: dalla destra estrema
all’estrema sinistra.

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Tra i paesi UE, la nazione più
rappresentata (nonostante la internazionale latitanza della Mogherini), è
stata proprio l’Italia con la presenza di invitati di varie
organizzazioni politiche e non: Alessandro Bertoldi, Giulio de Robertis,
Jean Sebastien Lucidi, Pio Belmonte, Andrea Mascetti, Fabrizio Bertot,
Alessandro Musolino, Alessandro Cassieri, Ivan Marino, Attilio Fontana.

La mitologia dei principali mass media
racconta che la Russia ha annesso la Crimea con la forza e con le
minacce e che il livello di vita della popolazione è precipitato dal
dignitoso seppur sobrio benessere, alla nera povertà. Per avere un’idea
della situazione reale, ho disertato parte del meeting (anche perchè
la traduzione simultanea in inglese e in italiano dal russo era
purtroppo poco utile) e sono andato in giro da solo fra la gente di
Yalta (l’inglese, che qualcuno parla anche lì, era il ponte per le
conversazioni), senza che nessuno mi presentasse come eurodeputato.

Ho
constatato che in Crimea sono russi, si sentono russi, vedono nella
Russia (e in Vladimir Putin) l’unico baluardo che può proteggerli dalla
tragica guerra civile in corso da un anno
in Ucraina. Più del risultato di mille referendum, mi è parso piuttosto
indicativo dell’atmosfera politica, il fatto che per strada si vendano
le magliette con il ritratto di Putin. Riuscite ad immaginare da noi in
Italia, in vendita ogni dove le magliette con le immagini di Napolitano o
di Renzi? Lo so: state ridendo. Le magliette di Putin invece ci sono.
Ce sarà un motivo… e le magliette non sono destinate ai turisti
stranieri che cercano un souvenir esotico a buon mercato: anche se la
Crimea, affacciata sul Mar Nero, è una quotata meta turistica, ora
nessuno vi ci reca in Crimea sia perché siamo in inverno, sia perché il
Paese si trova come in un limbo. Formalmente fa ancora parte
dell’Ucraina, anche se l’Ucraina non controlla assolutamente la Crimea,
mentre la Repubblica di Crimea aderente alla Russia è riconosciuta solo
dalla Russia. In Crimea non arriva la posta proveniente dall’estero; non
funzionano i telefonini e le carte di credito occidentali (neanche
possibile cambiare): finché sono rimasto là, non ho potuto prelevare
denaro e sono rimasto in contatto col resto del mondo solo
tramite internet, che invece funziona benissimo grazie ai numerosi
hotspot wifi gratuiti di alberghi e bar.

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La situazione in Crimea mi è parsa
quindi assolutamente tranquilla, e così pure la popolazione, anche se
sullo sfondo si percepisce, insieme alla percezione di un pericolo
mortale scampato, anche la grande preoccupazione di finire risucchiati
dalla guerra civile in Ucraina e in un conflitto su più vasta scala. I
negozi e i supermercati sono riforniti normalmente. La vita scorre
tranquilla. Non ho notato alcuna traccia di miseria o di fame. Per
strada qualche auto di lusso e molte auto scalcagnate vecchie di 10 o 12
anni. Strade e palazzi non proprio manutenzionati. Per certi versi ho
vissuto la sensazione di fare un viaggio indietro nel tempo nell’Italia
degli anni ’70 (e non stavamo mica poi male, in quegli anni) che non è
di certo il risultato della recentissima adesione alla Federazione Russa,
ma il fatto di essere appartenuti fino a pochi mesi fa alla vecchia
Ucraina. Nessuna sensazione di crisi o decandenza ho avvertito in Mosca
che è invece una citta vivissima e scintillante. La popolazione (sia
Russa che Crimea) è molto gentile e dignitosa e mostra un moto spontaneo
di simpatia nei confronti degli italiani (nei locali e nei taxi
la musica melodica italiana va per la maggiore); le comuni radici
secolari della civiltà europea si sentono e sono ben vive. Nonostante
tutto quello che è successo negli ultimi cento anni, sono molto più simili a noi
di quanto si creda comunemente in Italia da parte di chi non ha mai
visitato quello che, dopo questa visita, definisco senza timore,
l’estremo oriente europeo.

La Crimea per decenni è stata una meta
turistica ambitissima dai russi: il paesaggio, la vegetazione, i
prodotti alimentari e il clima ricordano molto alcune zone dell’Italia e
della Grecia costiera. Ma non me ne vogliano gli abitanti della Crimea:
noi in Italia abbiamo molto da offrire in termini di turismo e prodotti
agroalimentari, e mentre camminavo in strada ragionavo sul fatto che le
nostre bellezze mediterranee e architettoniche straordinarie, la
vendita di prodotti agricoli sono un’ottima base per lo scambio
commerciale di gas e materie prime con la Federazione Russa. Un’area
commerciale ottimale e complementare, molto di più di altre nelle quali la UE ci vorrebbe inserire nel prossimo futuro.

Altro che sanzioni così dannose per l’economia italiana e per tanti altri cittadini degli Stati Membri dell’Unione Europea!!!

Il variegato mondo italiano ed europeo che si è incontrato a Yalta
settanta anni dopo, ha in comune una convinzione forte: che la
situazione in Ucraina è una follia pericolosa per il futuro della pace
globale e che è nell’interesse dei cittadini e delle aziende europee,
fermare ogni potenziale escalation e portare attorno a un tavolo tutte
le parti coinvolte – per quanto le loro posizioni possano essere
lontanissime – al fine di trovare una soluzione politica. Come hanno
fatto Roosevelt, Churchill e Stalin settant’anni fa.

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Fonti:  http://www.beppegrillo.it/2015/02/yalta_settantanni_dopo.html;

           http://www.dariotamburrano.it/ritorno-dalla-crimea-russa-cosa-ho-visto-a-yalta-2015/.

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