Mosca trasforma in diplomatica l'offensiva militare

Implacabile iniziativa politico-strategica di Putin in M.Oriente. Con la visita a sorpresa di Assad a Mosca si apre lo scenario della soluzione politica. [Giulietto Chiesa]

Mosca trasforma in diplomatica l'offensiva militare
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21 Ottobre 2015 - 13.12


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di
Giulietto Chiesa
.

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Continua, incessante, perfino implacabile,
l’iniziativa politico-strategica di Vladimir Putin sul fronte medio-orientale.
Con la visita a sorpresa di Bashar al-Assad a Mosca l’iniziativa militare della
Russia si converte e si duplica in iniziativa
diplomatica
.

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L”incontro nella notte tra Putin e Bashar
chiarisce nettamente le intenzioni del Cremlino: giungere in fretta a una tregua garantita, dopo la sconfitta dei
terroristi di Daesh e compagnia, con l”accordo internazionale più ampio
possibile.

Il Cremlino, ancora una volta, brucia sul tempo le possibili operazioni
diversive del campo occidentale
, che cercano — seppure confusamente e in
ordine sparso — di sminuire il successo già ottenuto dalla Russia con la sua
operazione militare in Siria. Una di queste è al tempo stesso assai simile a un
“wishful
thinking”
(cioè alla speranza che Mosca si trovi presto impigliata
in un nuovo Afghanistan) e a una minaccia
(cioè all”avvertimento esplicito che l”esercito islamico e le altre formazioni
terroristiche, più o meno “moderate”, riceveranno altri armamenti e
equipaggiamenti, tali da costringere la Russia a mettere piede, fisicamente sul
territorio siriano, ovvero a impegnare truppe di terra).

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Putin chiude subito il discorso su questo
aspetto propagandistico. La Russia vuole una soluzione politica. La soluzione politica passa attraverso la
sconfitta delle formazioni terroriste
, primo passo per consentire che “tutti i partiti politici e tutti i
gruppi etnici e religiosi”
possano sedersi a un tavolo negoziale.

Il che significa implicitamente che Bashar al-Assad resta al suo posto e sarà
uno dei protagonisti del negoziato
. Viene dunque decisamente respinta la
pregiudiziale (cara alla Francia, per esempio) secondo cui un negoziato
qualunque deve essere preceduto da una uscita di scena del presidente siriano.

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Invitate al
tavolo — sono parole di Putin, che Bashar al-Assad ha condiviso, come tutte le
altre — anche “tutte le altre potenze mondiali e regionali interessate
alla soluzione”. L”offerta è
chiarissima e respingerla sarà molto complicato
. Anche perché, in caso
contrario, la Russia è determinata a continuare con le proprie forze aeree il martellamento delle posizioni di tutte le
formazioni terroriste
, nessuna
esclusa
. Si sa che, tra le potenze mondiali e regionali ve n”è più di una
che continua a finanziare e armare i terroristi. In primo piano Arabia Saudita
e Turchia, con dietro, in ordine sparso, tutti gli altri tredici compartecipi
dell”operazione che ha portato alla morte di 250mila siriani in quattro anni di
guerra di aggressione. Dunque l”offerta
di Putin è anche un invito a desistere nell”aiuto ai terroristi
.

Si vedrà quali
saranno le reazioni occidentali a
questa mossa. Ma il quadro militare è anch”esso già radicalmente cambiato. L”esercito di Bashar è all”offensiva su
più fronti, appoggiato da Hezbollah
e — a quanto pare — anche da formazioni
militari iraniane
sulle cui dimensioni non si hanno informazioni precise. E
— nel silenzio dei media occidentali — cominciano a diventare significative le diserzioni nelle schiere dei terroristi. Era facile sgozzare e avanzare, sia
in Iraq che in Siria, mentre gli aerei occidentali stavano a terra a guardare
la demolizione della Siria. Adesso si comincia a morire anche dall”altra parte.
Secondo fonti militari siriane e russe, sarebbero già più di 5.000 i caduti tra i terroristi e si registra la fuga di migliaia di terroristi verso la
Giordania e, soprattutto, verso la Turchia. Una vera e propria disfatta
militare dello Stato islamico potrebbe addirittura rendere ancora più difficile
la situazione politico diplomatica occidentale.

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In ogni caso
Putin ha lasciato capire che Mosca non ha nessuna intenzione di restare
indefinitamente sul piede militare. L”Occidente
(da cui dipende l”esistenza stessa del terrorismo) può decidere
. Se ci
saranno garanzie precise un negoziato può aprirsi. La palla è ora a Washington,
cioè a Obama, visto che i falchi americani non hanno la minima intenzione di
raccoglierla.

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