'La psicosi di guerra dell''Europa: combatte chi combatte il terrorismo'

Quale pensiero dissociato può aggiungere altri focolai di instabilità lungo tutto l’arco di crisi che va dal Baltico ai Balcani, fino al Levante e al Caucaso in un unico continuum?

'La psicosi di guerra dell''Europa: combatte chi combatte il terrorismo'
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4 Dicembre 2015 - 08.13


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di Talal Khrais.

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DAMASCO
(Siria) – La parola schizofrenia significa letteralmente “mente divisa”. Tra i
sintomi di questa psicosi: alterazioni del pensiero, idee fisse dal contenuto
bizzarro, l’incapacità di concentrarsi. L’Occidente più che mai vive una
situazione di “mente divisa” in politica estera. La patologia non fa altro che
portarci il terrorismo in casa. Fissazioni totalmente irragionevoli vertono
sulla Russia, così come ritorna continuamente l’altra grande ossessione dei
leader occidentali, quando chiedono al presidente siriano Assad di lasciare il
potere, come se la questione riguardasse l’Europa e non il popolo siriano. Che
ai piani alti del potere occidentale i pensieri non siano ragionevoli, lo
dimostrano le parole di miele (e le tante armi) che gli stessi governanti
dedicano invece ai monarchi del Golfo, noti campioni della democrazia e dei
diritti umani.

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Malgrado
gli attentati a Parigi, preceduti da altri attentati a Londra e in altre città
– senza nemmeno citare le tante stragi consumate in Siria e in Libano,
sottoposti al terrorismo da anni, perché i martiri altrui contano poco nei
media occidentali – l’Occidente si trova invischiato in un’immane
contraddizione
: annuncia guerra al terrorismo, ma in realtà combatte chi lotta
contro il terrorismo
. Prende di mira paesi come la Federazione Russa, la Siria
e la Repubblica Islamica dell’Iran. All’esercito libanese in prima fila contro
le formazioni terroristiche viene congelato, su pressione statunitense, il
sostegno militare che l’Arabia Saudita offriva per circa tre miliardi di
dollari.

La
mancanza di armi adeguate e di equipaggiamenti non hanno permesso all’esercito
libanese di liberare la città di Ersal nell’Alta Valle della Beqaa sul confine
del Libano, letteralmente occupata dai tagliagole qaedisti di Jabhat Al-Nusra,
armati fino ai denti.  Peggio, le Forze
Armate Libanesi hanno dovuto cedere ai terroristi per scambiare militari rapiti
con terroristi molto pericolosi, tra cui Saja al Dulaimi, ex moglie di Abu Bakr
Al-Baghdadi.  Lo scambio di prigionieri è
avvenuto ad Arsal, dopo lunghe trattative in cui ha fatto da mediatore anche il
solito Qatar.

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Come
si fa a concedere 3,1 miliardi di euro come aiuti di assistenza ai profughi
proprio a quella Turchia che ci manda in Europa barconi di profughi con
terroristi infiltrati? Parliamo di un paese che ormai quasi non nasconde più le
sue attività di reclutamento e addestramento terroristico fra i disperati.
Nessun paese europeo ha condannato la violazione turca della sovranità della
Siria e il sostegno diretto al terrorismo.

Ormai
solo Erdoğan e gli uomini del suo clan provano a negare che dal 2012 i
terroristi dell’ISIS si finanziano vendendo il petrolio dell’Iraq e della Siria
alla Turchia. Non è un sostegno “dall’esterno”, tutt’altro: la Turchia si è
introdotta in un paese straniero e lo ha depredato per anni, saccheggiando le
sue fabbriche, le sue macchine utensili e le sue risorse naturali, soprattutto
il petrolio, che continua a razziare
. Il denaro passa veloce di mano in mano, e
il petrolio estratto illegalmente dall”ISIS ritorna in Siria, sotto forma di
armi, mezzi e uomini. Nel corso dell”ultimo mese sono arrivati in Siria dalla
Turchia circa 2500 uomini armati.

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L’aeronautica
militare Russa ha distrutto 32 siti e 11 stabilimenti di lavorazione del
petrolio dell”ISIS in due mesi, mentre l’alleanza occidentale contro il
terrorismo formata dagli Stati Uniti in 13 mesi non ne aveva distrutto nemmeno
uno. Eppure i satelliti per vedere l’immondo traffico li avevano anche loro.

L”aviazione
russa colpisce i luoghi dove viene conservato e trasformato il petrolio in mano
all’ISIS. Il cinquanta per cento dei siti è stato distrutto, e i russi sono
andati a colpire anche le stazioni di estrazione. Sono state distrutte 1080
autocisterne
impegnate nel trasporto di petrolio al di fuori dei confini
siriani. 500 cisterne entravano e uscivano dalla Turchia ogni giorno,
indisturbate.

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Eppure,
Ankara sembra essere sempre più premiata per il suo atteggiamento neo-ottomano,
mai condannata. I giornalisti turchi che hanno dimostrato il contrabbando dipetrolio trafugato dall”ISIS sotto forma di convogli umanitari sono stati arrestati, i loro giornali commissariati da portavoce del governo. Ma gli
intellettuali occidentali, quasi tutti, non hanno fatto una piega
. Si vede che
a loro sta bene così, anche se dicono di amare la libertà.

La
settimana scorsa il presidente siriano Bashar al-Assad ha denunciato un aumento
sensibile delle forniture militari di armi e denaro a Daesh nel corso delle
ultime settimane.

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Secondo
quanto emerge dai media internazionali, i militari siriani appoggiati da forze
speciali iraniane e dai miliziani di Hezbollah hanno proseguito in questi
giorni l”avanzata ai danni di Daesh, riprendendo il controllo in meno di un
mese di circa 409 chilometri quadrati di territorio. L”esercito siriano è
riuscito anche a recuperare diversi chilometri dell”autostrada che collega
Aleppo a Raqqa. La Russia compie raid mirati contro gli obiettivi dello Stato
Islamico in Siria, impiegando caccia SU-25, SU-24 e SU-34, nonché mezzi
dell”aviazione strategica, come i Tupolev TU-160,TU-95 e TU-22M3. Un volume di
fuoco mai visto prima viene usato contro le fortificazioni dei terroristi
. Le
forze armate russe insieme alla Repubblica Araba Siriana e a Hezbollah
continuano a combattere l”ISIS e a distruggere le sue fonti di sostentamento in
Siria. Sono fatti enormi e pesanti che hanno già cambiato lo scenario e non
lasciano scampo alle ambiguità
.

L’Occidente
cosa farà?
Continuerà a vivere la sua schizofrenia politica combattendo chi
combatte il terrorismo? Non è forse un segno grave di malattia la decisione
della NATO di voler aggiungere il Montenegro alla sua alleanza in un momento
così delicato? Quale pensiero dissociato può aggiungere altri focolai di
instabilità
lungo tutto l’arco di crisi che va dal Baltico ai Balcani, per poi
proseguire verso il Mar Nero, il Levante e il Caucaso in un unico continuum di
tensioni e conflitti? Non rimane molto tempo per rispondere a queste domande e
provare davvero a guarire dal ciclo delle guerre che sono state scatenate.

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