'Se si cede a far guerra in Libia c''è piu rischio attentati in Italia '

'Libia: la piazza chiede diplomazia; la Germania chiede le bombe – e l''Italia, chi ascolterà? Alcune proposte per salvare la pace [Patrick Boylan]'

'Se si cede a far guerra in Libia c''è piu rischio attentati in Italia '
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20 Gennaio 2016 - 22.49


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di Patrick Boylan.

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Dopo le manifestazioni riuscite di sabato contro la
guerra permanente, urge ora incalzare di continuo il governo, sollecitato da
più parti a mandare l”Italia in una nuova e catastrofica avventura militare in
Libia.

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Venticinque anni di guerra
evidentemente non bastano a certi paesi della Nato, preoccupati per il caos che
regna in Libia.

Venticinque anni di guerra sono invece
fin troppi per le
migliaia di italiani scesi nelle piazze di molte città italiane sabato scorso
per esigere la fine di un susseguirsi ininterrotto di guerre nel mondo,
iniziate il 16 gennaio del 1991 con l”operazione “
Tempesta nel deserto”.

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Quel giorno attaccarono l”esercito
iracheno di Saddam Hussein le forze armate degli Stati Uniti affiancate da
quelle di numerosi alleati, ivi compresa l”Italia – e ciò malgrado il divieto
della sua Costituzione di partecipare alle guerre offensive. Purtroppo, dopo
aver assaggiato quel primo frutto proibito, l”Italia si è data poi ad una
scorpacciata durata un quarto di secolo: nel 1996, la guerra in Kosovo; nel
2001 (e fino ad oggi), la guerra in Afghanistan; nel 2003 (e fino ad oggi), la
guerra in Iraq e, poi, nel 2011 la guerra in Libia e, indirettamente, la guerra
in Siria.

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E oggi l”Italia sta forse per
partecipare ad una nuova guerra in Libia,
voluta dai paesi della NATO, Germania in testa, per portare l”ordine nel caos libico con i missili e con
le bombe: infatti, per la Ministra tedesca alla Difesa von der Leyen, è l”unico
modo per dare alla Libia una speranza per il futuro e per salvarla da un
oppressore. Ossia, la stessa argomentazione di quattro anni fa, con “unità
nazionale” che rimpiazza “primavera araba” come speranza e “Isis” che rimpiazza
“Gheddafi” come oppressore.

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Peraltro le forze speciali angloamericane e francesi sono già sul
suolo libico per studiare i punti migliori per un prossimo sbarco. Quando?
Quando il nuovo governo, appunto, di “unità nazionale”, formato or ora a
Tobruk, avrà ottenuto l”approvazione del Parlamento e avrà saputo imporsi sul
paese tanto da poter dichiarare guerra all”Isis e invitare i paesi occidentali,
i suoi sponsor, a parteciparvi.

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Con questo stratagemma potrebbe dunque non essere necessaria una
risoluzione del Consiglio di Sicurezza per intervenire militarmente in Libia.
Infatti, l”Italia, insieme agli Stati Uniti, alla Germania, alla Gran Bretagna
e alla Francia, potrebbero semplicemente rispondere – ognuno bilateralmente –
ad un “legittimo appello” d”intervento formulato dal “legittimo governo” della
Libia, vale a dire il governo fantoccio filo-Nato ricucito dopo una notte di
trattative estenuanti, con la promessa prima di 10 poltrone, poi di 23 e infine
di 32, per sigillare l”accordo (neanche unanime).

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I primi segnali su ciò che si pensa nel
Maghreb rispetto a questa messa in scena indecente
della democrazia Occidentale non si sono fatti attendere. Già
giovedì scorso, al-Anabi, il numero due di al-Qa”ida nel Maghreb, intuendo il
raggiungimento di un accordo sul nuovo governo, ha fatto pervenire una
videocassetta con minacce molto esplicite contro l”Italia per aver creato un governo di comodo in Libia allo
scopo di poter sfruttare il paese come ai tempi del colonialismo fascista.

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Se poi l”Italia, insieme alla Nato, scatenerà davvero una nuova
guerra in Libia per “colpire i terroristi” e dare maggiore forza al suo
“governo amico”, sarà davvero come gettare benzina sul fuoco e invitare a una
risposta da al-Qaeda in Italia.

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Il Ministro Gentiloni, consapevole di
questo rischio
e dopo aver salutato a distanza la
formazione del nuovo governo libico a Tobruk, ha ricevuto alla Farnesina i
“direttori politici” di 19 paesi, per concordare la linea di azione da
intraprendere in Libia nel prossimo futuro. Ivi compresa la guerra?

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Gentiloni si è già espresso con cautela al riguardo in una recente
intervista: dichiarò infatti al giornale francese Le Figaro che l”opzione militare “non è all’ordine del giorno, né
oggi né domani”.

Ma così si esprimeva, nel mese di febbraio 2011, l”allora ministro
agli esteri Franco Frattini, per poi cedere alle pressioni della Nato e, il 19
marzo, autorizzare i bombardamenti anche italiani sulla Libia: più di trecento
attacchi italiani che hanno contribuito alla devastazione totale del paese.
Perché, come ora sappiamo, questo fu lo scopo reale dell”operazione – non la protezione
dei civili, che fu solo il pretesto presentato al Consiglio di Sicurezza per
ottenere l”autorizzazione di una “Zona di Interdizione Aerea” (usata poi,
illegalmente, come autorizzazione a bombardare).

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Così, per salvare qualche centinaia di civili a Bengasi, l”Italia
e la Nato hanno sterminato migliaia di civili innocenti in tutto il paese e
condannato i libici sopravvissuti ad una vita misera e opprimente. Quei libici
che – sotto Gheddafi – erano i cittadini più ricchi ed istruiti, con il più
alto tasso di emancipazione femminile, di tutto il continente nero, tolto il
Sud Africa.

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Gli unici a beneficiare da
quell”infausta operazione militare nel 2011
sono stati,
naturalmente, le compagnie petrolifere occidentali, cacciate da Gheddafi. Hanno
potuto ritornare in Libia e ricominciare a pompare il greggio pregiato
nordafricano a prezzi stracciati, riuscendo a districarsi tra le varie milizie
e i loro sponsor che si contendono il territorio. Almeno, fino all”arrivo
dell”Isis e di al-Qa”ida, i quali hanno rotto i giochi.

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L”incontro di oggi alla Farnesina va
dunque seguito con attenzione
– come il successivo incontro, già
programmato per il 2 febbraio con un ordine del giorno che ingloba anche la
Siria e l”Iraq.

Nel contempo, chi ha marciato nelle strade di Roma, di Milano e di
diverse altre città lo scorso sabato, deve continuare senza sosta a ribadire al
Ministro Gentiloni due punti fermi per una politica estera italiana fedele alla
costituzione e alle norme internazionali: NO alle bombe e NO alle ingerenze negli
affari interni di un paese sovrano.

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Il popolo della pace non era unito per
dire queste due cose nel 2011.
Infatti, molte persone hanno creduto
allora che la sollevazione popolare contro Gheddafi fosse completamente
spontanea e quindi da sostenere, acriticamente. Non conoscevano i contenuti,
ora resi pubblici, dei documenti della
Stratfor sulle manipolazioni europee relativi agli
eventi in Libia, oppure le rivelazioni trovate nelle
email di Hillary Clinton, l”allora Segretaria di Stato USA. Non
avevano prestato attenzione nemmeno alle
testimonianze dirette dell”epoca, che smentivano il mito di
una spontanea “rivolta libica per la dignità” – che pure c”è stata, eccome!, ma
sostenuta in parallela dall”Occidente e poi dirottata allo scopo di riprendersi
il paese.

Ad esempio, i documenti appena citati – ed altri – illustrano come
i francesi avevano organizzato il sollevamento a Bengasi proprio per provocare
un attacco da parte delle truppe di Gheddafi e giustificare un intervento
armato esterno per “salvare i civili”. Il tutto sullo sfondo della solita campagna
demonizzante del capo di stato da abbattere, specialità dei mass media
occidentali, basata su orrori veri e sensazionalismi
grossolanamente esagerati o fabbricati ad hoc.

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Ma ora il popolo della pace ha gli
strumenti sufficienti per potersi ricredere
e quindi dire
con fermezza al Ministro Gentiloni e al Presidente del Consiglio Renzi di non
cercare di ripetere l”inganno del 2011 ed i crimini di guerra ad esso connessi.
L”autodeterminazione del popolo libico va rispettata – ed aiutata, semmai,
cercando di bloccare i tentativi di manipolazione da parte dei burattinai
francesi ed anglo-americani.

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Lo stesso dicasi per il problema dei
jihadisti dell”Isis e di al-Qa”ida.
Essi non vanno eliminati con nostre
azioni di guerra, bensì colpendo con sanzioni gli sponsor stranieri di queste
formazioni terroristiche, ossia:

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·     
i paesi che li armano e foraggiano –
Arabia Saudita, Qatar, Turchia;

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·     
i paesi che comprano il petrolio rubato
dai jihadisti – ad esempio Israele, che fornisce loro anche assistenza medica
(infatti, Israele ricovera, nei propri ospedali, molti jihadisti feriti per poi
rimandarli, guariti, in battaglia – senza però fare altrettanto per i civili
feriti nelle stesse zone di guerra); e, infine,

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·     
il paese che ha creato l’Isis dal
nulla, come aveva già fatto con al Qa”ida in Afghanistan venticinque anni prima
– ossia, gli Stati Uniti d”America.

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Solo mettendo pressione su questi
paesi, i mandanti dell”Isis, possiamo sperare di sconfiggerlo
– non bombardando i suoi guerriglieri. Questa affermazione
dovrebbe essere un”ovvietà in Italia, che ha imparato, con l”esperienza, che
non elimini la mafia da un paese colpendo i picciotti, perché i boss fanno
presto a reclutarne altri. E nemmeno colpendo il boss, perché i mandanti fanno
presto a nominarne un altro. Si elimina la mafia solo quando si riesce a
risalire ai mandanti e a colpire loro.

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Lo stesso principio vale per l”Isis. Le bombe contro i
guerriglieri sono inutili, altri li rimpiazzeranno; l”eliminazione dei capi è
inutile, altri verranno nominati. Bisogna risalire ai mandati, ai paesi
elencati prima, e colpire quelli lì con sanzioni, fin quando non desistono.

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Questa “soluzione” sarebbe del tutto
irrealistica?
Non cӏ dubbio. I paesi del Golfo non
si toccano – e si sa – perché sono azionisti importanti in Italia. Israele non
si tocca – e si sa – perché chi lo critica viene subito tacciato di antisemita.
Gli Stati Uniti non si toccano – e si sa – perché sono paese amico… e poi la
Finmeccanica e tante altre aziende dipendono dai contratti statunitensi e ci
vanno di mezzo tanti posti di lavoro…

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Quindi dobbiamo solo rassegnarci davanti all”impossibilità di
agire contro i mandanti dell”Isis, ossia i paesi appena nominati? Dobbiamo
davvero imparare a “convivere con i terroristi” proprio come, secondo un certo
ministro di Forza Italia, bisogna imparare a “
convivere con la mafia”?  Perché, egli disse, i mandanti
non si possono toccare e colpire i soli picciotti non elimina il problema, essi
vengono semplicemente sostituiti con altri.

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E” davvero così?

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Conclusioni 

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Il popolo della pace è ancora in tempo
per evitare una seconda, catastrofica guerra in Libia.
La questione si sta dibattendo alla Farnesina e nelle capitali
europee proprio in questi giorni.

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Va ribadito dunque, con urgenza, a Matteo Renzi e a Paolo
Gentiloni di non cercare di imporre il loro governo fantoccio in Libia manu
militari e di non cercare di eliminare i jihadisti con la guerra. Perché
l”unico risultato verosimile di tali azioni sarà che l”Italia si trovi
invischiata in una guerra senza fine e che il popolo italiano si trovi nel
mirino di possibili attacchi terroristici di ritorsione (facendo tutti gli
scongiuri immaginabili).

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Anzi, il popolo della pace deve dire
chiaro e tondo a Renzi e Gentiloni che essi verranno ritenuti responsabili
di tutto ciò che avverrà in Italia in seguito alle eventuali
azioni militari in Libia. Perciò non devono illudersi, nel caso malaugurato di
un attentato terroristico, di poter prenderci per il naso come ha fatto
Hollande con il popolo francese. Questo, no!

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Cosa vuol dire, “prenderci per il naso”?

Due precedenti editoriali su PeaceLink (qui e qui) hanno ricordato l”incredibile reazione dei francesi dopo gli
attentati a Charlie Hebdo e al teatro Bataclan. Secondo ogni logica, essi
avrebbero dovuto chiedere le dimissioni del loro Presidente che, secondo la
tradizione, è il primo responsabile degli indirizzi della politica estera
francese. Infatti, con le sue guerre illegali nel Levante e nell”Africa
occidentale, Hollande aveva messo il proprio popolo nel mirino. E non solo: ma,
per vincere la guerra per procura della Francia in Siria, ugualmente illegale
secondo tutte le norme internazionali, Hollande (e prima di lui Sarkozy)
avevano creato e armato, insieme agli USA e alla Gran Bretagna, jihadisti
tagliagole lasciati operare liberamente in Libia e in Siria – proprio
l”ambiente in cui si è formato chi ha poi sparato contro i redattori di Charlie
Hebdo e chi ha commesso l”attentato al teatro Bataclan.

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Ma creare bande di terroristi è un
reato! Farlo per rovesciare un governo, non importa quanto iniquo o meno, è
anche un reato!
Perciò Hollande si è macchiato di due
atti criminali, i quali poi hanno avuto ripercussioni tragiche in Francia il 7
gennaio e il 13 novembre dell”anno scorso. Ecco perché, secondo ogni logica, i
francesi avrebbero dovuto esigere le sue dimissioni.

Invece no. Hollande ha saputo incanalare lo sgomento e la rabbia
popolare dopo gli attentati in… marce patriottiche, in canti corali della
Marsigliese, in dichiarazioni di orgoglio della propria capacità di resistere.
La gente si è riversata in strada, sì, ma per marciare tenendo alto una matita
per riaffermare il valore della libertà d”espressione. Valore sacrosanto, per
carità, ma il problema non era il suo ripudio da parte di alcuni psicolabili;
il problema era perché il popolo francese si era trovato nel mirino di
psicolabili come quelli della strage di Charlie
Hebdo
e del teatro Bataclan, per cominciare.

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Quindi, il popolo della pace ha il
compito urgente di informare l”on.le Renzi e l”on.le Gentiloni, sin da adesso,
che se portano l”Italia in guerra in Libia ancora una volta e se
ci saranno attentati in Italia (facendo tutti gli scongiuri immaginabili perché
non ci siano), il popolo italiano non si lascerà imbarcare in marce
patriottiche, come quelle della Francia. Marcerà sì, ma dritto sui loro due
Ministeri, per chiedere le loro dimissioni.

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Striscione degli organizzatori della
manifestazione:

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Nota: Il comunicato sull”esito della manifestazione emesso dagli
organizzatori, “Eurostp.org”: http://www.eurostop.info/migliaia-in-piazza-contro-la-guerra-a-roma-e-milano-linerzia-e-finita/

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