Silenzio in America mentre ci si prepara alla guerra

Trump o Clinton sono due facce della stessa medaglia. Trump è un arruffapopoli di estrema destra; tuttavia il pericolo Clinton può essere ancora più letale per il mondo.

Silenzio in America mentre ci si prepara alla guerra
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31 Maggio 2016 - 17.36


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di John Pilger  

Tradotto da ComeDonChisciotte.org

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Al mio ritorno negli Stati Uniti in periodo elettorale, mi colpisce
il silenzio. Dal 1968 ho coperto quattro campagne presidenziali; ero con
Robert Kennedy quando gli spararono e vidi il suo assassino prepararsi
ad ucciderlo. Fu una sorta di battesimo all”americana, condito dalla
bramosia violenta della polizia di Chicago al convegno truccato del
Partito Democratico. La grande controrivoluzione era iniziata.

Quell”anno,
il primo ad essere assassinato fu Martin Luther King, che aveva osato
equiparare la sofferenza degli afro-americani e quella dei Vietnamiti.
Quando Janis Joplin cantava, “Libertà è solo un altro modo per dire di
non aver niente da perdere”, parlava, forse inconsciamente, per i
milioni di vittime degli americani in terre lontane.

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“Abbiamo
perso 58.000 giovani soldati in Vietnam, morti difendendo la vostra
libertà. Non lo dimenticate.” Così diceva una guida del Servizio
Nazionale Parchi mentre filmavo la scorsa settimana al Lincoln Memorial
di Washington. Stava parlando ad una scolaresca di adolescenti vestiti
con magliette di brillante arancione. Ha trasformato, meccanicamente, la
verità sul Vietnam in una menzogna incontrastata.

I milioni di
Vietnamiti che sono morti o sono stati mutilati, avvelenati ed
espropriati dall”invasione americana non hanno un posto storico nelle
menti dei giovani, per non parlare dei circa 60.000 veterani che si sono
tolti la vita. Ad un mio amico, un marine tornato paraplegico dal
Vietnam, è stato spesso chiesto, “da che parte hai combattuto?”.

Qualche
anno fa partecipai ad una mostra popolare intitolata “Il Prezzo della
Libertà” al venerando Smithsonian Institute di Washington. Alle code di
gente comune, in maggior parte bambini che si trascinavano attraverso
quella specie di grotta di Babbo Natale del revisionismo, furono
propinate una serie di frottole: il bombardamento atomico di Hiroshima e
Nagasaki aveva salvato “un milione di vite”; l”Iraq era “stato liberato
[con] attacchi aerei di precisione inedita”. Il tema era
immancabilmente eroico: solo gli americani pagano il prezzo della
libertà. La campagna elettorale del 2016 è rilevante non solo per
l”ascesa di Donald Trump e Bernie Sanders, ma anche per la capacità di
ripresa di un lungo silenzio riguardo ad un”assassina autoproclamata
divinità. Un terzo dei membri delle Nazioni Unite ha provato la
pressione di Washington nel rovesciare governi, sovvertire democrazie,
imporre blocchi e boicottaggi. La maggior parte dei presidenti
responsabili sono stati liberali: Truman, Kennedy, Johnson, Carter,
Clinton, Obama.

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Il defunto Harold Pinter scrisse che lo
strabiliante record di malvagità è così falsificato nella mente delle
persone, che per loro [la malvagità] “non è mai successa…niente è
mai successo. Anche mentre stava accadendo non stava accadendo. Non
importava. Non era di nessun interesse. Non contava…”. Con sarcasmo,
Pinter fingeva ammirazione per quello che definì “una clinica
manipolazione del potere in tutto il mondo, mascherata da forza per il
bene universale. È un brillante, persino arguto, atto di ipnosi di
grande successo.”

Prendiamo Obama. Mentre si prepara a lasciare
l”ufficio, il servilismo è ricominciato. Lui è “cool”. Uno dei
presidenti più violenti, Obama ha dato il suo pieno appoggio
all”apparato guerrafondaio del Pentagono del suo disonorato
predecessore. Ha perseguito più informatori – svelatori di verità – di
ogni altro presidente. Ha pronunciato Bradley (Chelsea) Manning
colpevole prima che fosse processata. Attualmente, Obama svolge a
livello mondiale una campagna senza precedenti di terrorismo e omicidio
da drone.

Nel 2009, Obama promise di aiutare “a liberare il mondo
dalle armi nucleari” ed è stato insignito del premio Nobel per la pace.
Nessun presidente americano ha costruito più testate nucleari di Obama.
Sta “modernizzando” l”arsenale da giorno del giudizio degli Stati
Uniti, tra cui una nuova “mini” arma nucleare, le cui dimensioni e la
cui tecnologia “intelligente”, dice un importante generale, garantisce
che il suo uso “non è più impensabile”.

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James Bradley, autore del
best-seller “Flags of Our Fathers” e figlio di uno dei marines
statunitensi che ha innalzato la bandiera su Iwo Jima, ha detto, “[Una]
grande fola sta svolgendosi sotto i nostri occhi, quella che vede in
Obama una specie di ragazzo pacifico che sta cercando di sbarazzarsi
delle armi nucleari. Invece è il più grande guerriero nucleare che ci
sia. Ci ha impegnato in una corsa rovinosa alla spesa di un trilione di
dollari in più per le armi nucleari. In qualche modo, la gente vive in
questa fantasia perché lui dà notizie vaghe nelle sue conferenze stampa,
nei suoi discorsi e nelle sue simpatiche sedute fotografiche, e [fa
pensare che] in qualche modo tutto ciò sia collegato alla politica
reale. Non lo è”.

Sotto Obama, è in corso una seconda guerra
fredda. Il Presidente Russo è rappresentato come un cattivo da
pantomima; i Cinesi non sono ancora tornati alla loro sinistra
caricatura con le trecce – come quando tutti i cinesi furono banditi
dagli Stati Uniti – ma i guerrieri mediatici ci stanno lavorando su.

Né
Hillary Clinton né Bernie Sanders ne hanno mai parlato. Non vi è alcun
rischio né pericolo per gli Stati Uniti e per tutti noi; per loro, il
più grande assembramento militare ai confini della Russia dalla seconda
guerra mondiale non è avvenuto. L”11 maggio, la Romania ha mostrato “una
diretta” da una base Nato sulla “difesa missilistica”, con missili
americani puntati al cuore della Russia, la seconda potenza nucleare del
mondo.
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In Asia, il Pentagono sta inviando navi, aerei e forze
speciali nelle Filippine per minacciare la Cina. Gli Stati Uniti già
circondano la Cina con centinaia di basi militari che curvano ad arco
dall”Australia all”Asia attraverso l”Afghanistan. Obama lo definisce “un
perno”.

Come diretta conseguenza, si riferisce che la Cina abbia
cambiato la sua posizione politica sul nucleare da sola difesa a quello
di massima allerta e messo in mare sottomarini nucleari. L”inasprimento
sta accelerando.

Fu Hillary Clinton che, come Segretario di
Stato nel 2010, elevò le rivendicazioni territoriali concorrenti da
roccia e barriera corallina nel Mar Cinese meridionale ad un problema
internazionale; poi vennero l”isteria della CNN e della BBC: la Cina
stava costruendo piste di atterraggio sulle isole contese. In un enorme
gioco di guerra nel 2015 chiamato “Operation Talisman Sabre”, Stati
Uniti e Australia praticarono il “soffocamento” dello Stretto di Malacca
attraverso cui passa la maggior parte del petrolio e del commercio su
nave della Cina. Ma questo non fece notizia.
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La Clinton ha
dichiarato che l”America ha un “interesse nazionale” in queste acque
asiatiche. In virtù di vecchie inimicizie contro la Cina, le Filippine ed
il Vietnam sono stati corrotti e incoraggiati a perseguire le proprie
rivendicazioni. In America, le persone vengono indotte a vedere ogni
posizione difensiva cinese come offensiva, così ponendo le premesse per
un rapido inasprimento della situazione. Una simile strategia di
provocazione e di propaganda è applicata alla Russia.

La
“candidata delle donne” ha alle spalle una scia di golpe sanguinosi: in
Honduras, in Libia (con l”aggravante dell”assassinio del presidente
libico) ed in Ucraina. Quest”ultimo paese è ora un parco a tema della
CIA, brulicante di nazisti e linea del fronte di una fattibile guerra
con la Russia. È stato attraverso l”Ucraina – letteralmente, terra di
confine – che i nazisti di Hitler invasero l”Unione Sovietica, che perse
27 milioni di persone. Questa catastrofe immane è tuttora molto sentita
in Russia. La campagna presidenziale della Clinton ha ricevuto denaro
da nove su dieci tra le più grandi aziende manufattrici di armi al
mondo. Nessun altro candidato si avvicina [a tale record, ndt].

Sanders,
speranza di molti giovani americani, non differisce molto dalla Clinton
nella sua visione padronale del mondo oltre gli Stati Uniti. Ha
sostenuto i bombardamenti illegali di Bill Clinton in Serbia. Avalla il
terrorismo da drone di Obama, la provocazione della Russia ed il ritorno
delle forze speciali (gli squadroni della morte) in Iraq. Non ha nulla
da dire sulle costanti minacce alla Cina e sul rischio di accelerazione
di una guerra nucleare. È d”accordo che Edward Snowden debba affrontare
un processo e chiama Hugo Chavez – socialdemocratico come lui – “un
dittatore comunista morto”. Ha promesso di appoggiare la Clinton se sarà
nominata.

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L”elezione di Trump o di Clinton è la vecchia
illusione di una scelta che non è tale: sono due facce della stessa
medaglia. Usando le minoranze come capri espiatori e promettendo di
“rendere l”America nuovamente grande”, Trump è un arruffapopoli di
estrema destra; tuttavia il pericolo Clinton può essere ancora più
letale per il mondo. 

“Soltanto Donald Trump ha detto qualcosa di
significativo e critico della politica estera statunitense”, ha scritto
Stephen Cohen, professore emerito di Storia Russa alle Università di
Princeton e New York, uno dei pochi esperti sulla Russia negli Stati
Uniti a parlare del rischio di una guerra.

In una trasmissione
radiofonica, Cohen rammentò le domande critiche che solo Trump aveva
sollevato. Tra queste: qual è il motivo per cui gli Stati Uniti sono
“ovunque sul globo”? Qual è la vera missione della NATO? Perché gli
Stati Uniti sono sempre pronti a perseguire cambi di regime in Iraq,
Siria, Libia, Ucraina? Perché Washington tratta la Russia e Vladimir
Putin come nemici?

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L”isterismo dei media liberali su Trump serve
l”illusione di un “dibattito libero e aperto” e di una “democrazia al
lavoro”. Le sue opinioni sugli immigrati e musulmani sono sì grottesche,
ma il più grande deportatore di persone vulnerabili dall”America non è
Trump,  è Obama, per cui il tradimento della gente di colore è il suo
retaggio: come lo è l”ammassamento in carcere di una popolazione
perlopiù nera, ormai più numerosa di quella dei “gulag” di Stalin.

Questa
campagna presidenziale potrebbe non riguardare il populismo, bensì il
liberalismo americano, un”ideologia che si propone come moderna e perciò
superiore, e quindi l”unica vera via. Quelli sulla sua ala destra
ricordano gli imperialisti cristiani del 19° secolo, con il dovere di
convertire o cooptare o conquistare quanto elargito loro da Dio.

In Gran
Bretagna, questo è blairismo. Il criminale di guerra cristiano Tony
Blair riuscì a tener segreta la sua preparazione all”invasione dell”Iraq
in gran parte perché la classe politica liberale e i media furono
ingannati dal suo “cool Britannia”. Nel Guardian, l”applauso era
assordante; lo definivano “mistico”. Una follia conosciuta come identità
politica, importata dagli Stati Uniti, si trovò bene tra le sue mani.
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La
storia fu dichiarata finita, la classe abolita e il “genere” promosso a
femminismo; un gran numero di donne divennero parlamentari nel New
Labour. Come da manuale, il primo giorno in Parlamento votarono il
taglio dei benefici ai genitori single, perlopiù donne. La maggioranza
di loro votò per l”invasione che produsse 700.000 vedove irachene.

Negli
USA, l”equivalente sono i guerrafondai politicamente corretti che
dominano lo scenario politico sul New York Times, il Washington Post e
sulle reti televisive. Ho guardato un furioso dibattito sulla CNN sulla
doppiezza di Trump. Era chiaro, dissero, che di un uomo del genere alla
Casa Bianca non ci si poteva fidare. Nessun argomento fu sollevato.
Niente sull”80 per cento degli americani il cui reddito è crollato ai
livelli del 1970. Nulla sulla deriva verso la guerra. Quello che si
evinceva sembrava essere di “turarsi il naso” e votare per Clinton, o
chiunque ma non Trump. Solo così si ferma il mostro e si salvaguarda un
sistema che smania per un”altra guerra.

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Fonte: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16512

Versione originale: http://johnpilger.com/articles/silencing-america-as-it-prepares-for-war

Traduzione a cura di Gianni Ellena.

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