Qualche riflessione a freddo sugli avvenimenti turchi

Le debolezze dei golpisti, la capacità di mobilitazione di Erdoğan, il ruolo ambiguo degli USA, le incapacità interpretative del giornalismo [Daniele Scalea]

Qualche riflessione a freddo sugli avvenimenti turchi
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16 Luglio 2016 - 17.35


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di
Daniele Scalea
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Qualche riflessione a freddo sugli
avvenimenti turchi:

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– capisco che il fallimento del golpe e tutte
le debolezze mostrate dai congiurati, uniti all”accresciuto potere e consenso
di cui godrà ora il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, inducano molti a pensare a un auto-golpe (non solo utenti Facebook, ma lo scrive persino Ferrari
sul Corriere). Tuttavia è più probabile si sia trattato di un golpe mal
congegnato che di una ardita macchinazione di Erdoğan. Nulla può essere
escluso, ma nel decidere a quale ipotesi dare preminenza, ricordiamoci del
rasoio di Occam;

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– d”altro canto il golpe che ora appare a
tutti ridicolo, agli occhi degli stessi, ieri a mezzanotte/l”una, era
perfettamente riuscito. Lo titolavano i grandi giornali italiani, lo leggevo
scritto da molti commentatori illustri sui social network, e rammento
distintamente le prese per i fondelli a Erdoğan costretto a intervenire via
FaceTime in tv, o le battute sul fatto che i cittadini turchi sarebbero scesi
in strada ma solo per andare al Bancomat. Il tutto mentre Erdoğan veniva
avvistato sui cieli di mezzo mondo in fuga. Spiace dirlo ma ancora una volta la
stampa italiana ha mostrato superficialità e mancanza di comprensione e analisi
su un fatto internazionale (ovvio, se tagli le redazioni Esteri);

– gran parte delle mancanze dei golpisti si
possono imputare al numero limitato di congiurati e al ruolo preponderante di
ufficiali non d”alto rango. Evidentemente il piano contava di sfruttare
l”assenza di Erdoğan dalla capitale, neutralizzare polizia e intelligence per
controllare Ankara e Istanbul, immobilizzare le Forze Armate occupando lo Stato
Maggiore; ossia impedire alla politica, alle forze dell”ordine e alle forze
armate di reagire, disarticolare gli automatismi statali, presentarsi alla tv
pubblica come la nuova autorità, e confidare che a quel punto militari,
amministrazioni e pubblica opinione avrebbero accettato il fatto compiuto;

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Рil piano ̬ miseramente fallito sia per il
notevole ritardo nell”occupare la tv pubblica (almeno un”ora dopo aver bloccato
i ponti sul Bosforo, in un”infelicissima scelta delle priorità), sia perché non
siamo più nel 1980 e nemmeno nel 1997, ormai in Turchia ci sono numerosi canali
televisivi e radiofonici. Per tutta la nottata, il Governo ha saputo comunicare
meglio di quest”impalpabile “Comitato per la pace”;

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– Erdoğan ha saputo mobilitare prontamente
una parte della popolazione cospicua e agguerrita, tra l”altro combinando
strumenti moderni (tv-smartphone-FaceTime) a strumenti tradizionali (il
richiamo dei muezzin, questa volta non alla preghiera ma alla piazza). Questo
succede quando unisci una rete politica a una rete religiosa in un contesto di
popolazione giovane e devota;

– i golpisti hanno perso quando il comandante
della Prima Armata (quella di Istanbul), Ümit Dündar, per primo ha sconfessato
il golpe e rimarcato la lealtà alle istituzioni. A tutti – opinione pubblica,
militari e anche soldati utilizzati come manovalanza dai congiurati Р̬ apparso
evidente che non si era di fronte a un vero golpe dei militari contro i
governanti, ma del tentativo di una fazione. Non a caso Dündar è stato
prontamente ricompensato con la promozione a Capo di Stato Maggiore;

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Рa differenza di quanto asserisce oggi Repubblica, non ̬ vero che le dichiarazioni di Obama e Merkel
avrebbero avuto un ruolo nel determinare il fallimento del golpe. Entrambe sono
arrivate solo quando esso era ormai evidente;

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– al contrario gli Usa sono stati molto
ambigui nella prima dichiarazione di Kerry, che non ha preso posizione malgrado
si trattasse dell”attacco a un governo formalmente alleato. A ciò si unisca il
fatto che Fethullah Gülen, principale indiziato di Erdoğan per il golpe, è
ospitato dagli Usa stessi, e che nelle ore più concitate, quando la popolazione
aveva cominciato a scendere in piazza contro i golpisti, la rete statunitense
NBC propagandava la notizia di improbabili fughe di Erdoğan, evidentemente
forgiata ad arte per scoraggiare la mobilitazione dei suoi sostenitori. E
citava a sostegno fonti militari statunitensi. Il fallito golpe in Turchia è la
pietra tombale su otto anni di fallimenti in politica estera
dell”Amministrazione Obama.

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