Inizia una reazione MUSULMANA contro il Wahhabismo

'Per la prima volta, prendono forza grandi voci musulmane contro la setta saudita e de-spiritualizzante dell’Islam. E'' un''occasione storica da cogliere. [Maurizio Blondet]'

Inizia una reazione MUSULMANA contro il Wahhabismo
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18 Agosto 2016 - 21.05


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di Maurizio Blondet.


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“L’Arabia Saudita è la fonte del terrorismo internazionale,  per cui
dovrebbe essere messa sotto tutela internazionale”: lo ha detto Nouri al
Maliki,  l’ex primo ministro iracheno, alla tv libanese Al Manar.

Una dichiarazione che assume tutto il suo sapore sullo sfondo degli eventi degli ultimi giorni, se non ultime ore.

Per la prima volta, Teheran ha consentito ai caccia russi che vanno a
bombardare lo Stato Islamico e gli altri gruppi sostenuti da Usa e
Sauditi, dalla propria base militare di Hamadan invece che da Mozdok
nella Russia meridionale – il che accorcia il volo di 1200 chilometri, e
permette un carico maggiore di bombe.

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  • Il 15 agosto l’aviazione saudita che guida la coalizione
    anti—Houti (sciiti) ha bombardato nello Yemen un ospedale di Medécins
    sans Frontières  uccidendo 11 persone; il sabato precedente i
    bombardamenti sauditi  avevano colpito una scuola massacrando dieci
    bambini dagli 8 anni in su – e per la prima volta, le atrocità della
    coalizione saudita (gli emirati sostenuti da Washington e Londra, anche
    con combattenti sul campo) nella sua criminale guerra  contro  il
    poverissimo Yemen sono state date  dai media mainstream,  (quasi)  con
    lo stesso rilievo con cui essi piangono ogni giorno sui “bombardamenti
    siriani e  russi su Aleppo”  sulla “popolazione civile stremata” (che
    sarebbero i jihadisti “nostri”).
  • La Turchia (sunnita, membro della NATO) ha promesso di cooperare con
    l’Iran (sciita) per una soluzione del conflitto in Siria: ciò a seguito
    di un  sorprendente e inatteso incontro ad Ankara fra il ministro degli
    esteri iraniano  Mohammad Javad Zarif con il pari grado turco
    Cavusoglu, a cui è seguito un colloquio con Erdogan.

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  • “Benchè su certe questioni abbiamo opinioni divergenti, su alcune
    questioni siamo d’accordo”, ha detto Cavusoglu, “in particolare
    sull’integrità territoriale della Siria”. Niente più smembramento della
    Siria, dunque, secondo i piani  della coalizione anti-Assad; niente più
    stato curdo ritagliato da un pezzo di Siria, cosa che – Erdogan lo sa –
    avrebbe amputato anche territorio turco.

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Israele (ed Usa) avevano promesso ai kurdi iracheni lo stato etnico
indipendente fin dai tempi  della guerra a Saddam, per ottenerne
l’appoggio  (e difatti a Mossul il Mossad ha uffici aperti); ora sembra
che il progetto debba essere rimandato.

  • Ciò, nonostante che i media mainstream, nei giorni scorsi, abbiano
    confezionato ampi e vivaci servizi tv sugli eroici peshmerga che
    liberavano la cittadina di  Manbij in Siria dai tagliagole dello Stato
    Islamico, mostrando   come  le donne si liberavano dai neri chador e
    abbracciavano i liberatori;  era  il necessario  appoggio della
    propaganda occidentale  come preludio per la trasformazione dei
    territori “liberati” dai kurdi in embrione di stato curdo. Difatti i
    suddetti media precisavano che i liberatori erano “le forze democratiche siriane (Sdf), sostenute dagli Stati
    Uniti” (si noti che  nella narrativa mainsteam  mentre i curdi
    “liberano” le città dall’IS, i russi e  le truppe di Assad per i nostri
    media “bombardano i civili ad Aleppo”, non li liberano)
    .  Un 
    accordo fra Ankara e Teheran (che ha la sua minoranza kurda) per
    l’integrità territoriale siriana fa’ svanire quel progetto di stato
    curdo  per molto, molto tempo.

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L’incontro fra Iran e Turchia, imprevedibile fino a pochi giorni fa,
pare essere un risultato degli sforzi diplomatici del ministro Lavrov, e
un capolavoro a sorpresa  di Vladimir Putin; che, appena riconciliatosi
con Erdogan, lo ha convinto a incontrare gli iraniani.

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  • Ankara inoltre ha smesso di esigere   la deposizione di  Assad
       come preliminare per ogni negoziato sulla Siria.  Il nuovo primo 
    ministro turco, Binali Yildirim, ha dichiarato che è arrivato il tempo
    di migliorare le relazioni con la Siria, come “abbiamo rivisto le nostre
    relazioni con Russia e Israele”.  Anche Yildirim  ha aggiunto: “La
    soluzione della crisi siriana non sarebbe immaginabile se non mantenendo
    l’integrità territoriale  della Siria”, rigettando il progettodi
    autonomia proposto dal Partito di Unione Democratica non è invece adatto
    a risolvere la crisi. Il  suddetto partito (Partiya Yekîtiya Demokrat)
    è il partito curdo siriano secessionista, che “libera” le città da
    Daesh e combatte anche contro Assad.  La soluzione della crisi siriana,
    ha detto Yildirim,  “richiede una struttura nazionale del   potere”, per
    cui  il presidente attuale (Assad) potrà restare, purché ” non troppo a
    lungo”.


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Aggiungo dall’amico sito Palaestina Felix: “L’Armata di Liberazione
Popolare fornirà aiuto e addestramento al Governo legittimo siriano;
l’annuncio é stato dato dalla commissione guidata dal Contrammiraglio
Guan Youfei   subito dopo il suo incontro con gli alti gradi
dell’Esercito Arabo Siriano guidati dal Generale Fahd al-Freij, Ministro
della Difesa. Questa mossa é la più esplicita forma di sostegno cinese alla Siria dopo i veti in sede ONU e le costanti forniture di materiali militari avanzati”.


Dal che il titolo dell’articolo:

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Ma non basta ancora:

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Per   completare il quadro, Boris Johnson, il nuovo ministro degli Esteri inglese, ha parlato al telefono con Lavrov  giovedì, ed hanno discusso di una normalizzazione delle relazioni fra Londra e Mosca, dopo  anni di ostilità.  C’è quasi da pizzicarsi per sapere se si sogna o si è desti.


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Il ministro della difesa russo Sergei Shoigu ha ventilato un
possibile accordo militare  fra Mosca e Washington per sferrare un
attacco congiunto contro Daesh e  Al Nusra (i loro terroristi preferiti)
nella città di Aleppo!  Anche se la cosa non è stata confermata dal
Pentagono, sembra proprio che gli Usa  debbano  dare loro il colpo di
grazia ai loro terroristi, da loro addestrati ed armati, per avere
qualche voce in capitolo nel futuro negoziato sulla  soluzione alla
crisi della Siria.

Se non sogniamo ma siamo desti (non è sicuro), pare proprio che in
questo nuovo ed inatteso mutamento, a restare con il didietro scoperto
siano due entità:

1) Daesh, Al Nusra e i jihadisti che stanno combattendo in Siria,
abbandonati da Erdogan, e forse dagli stessi americani, schiacciati dai
bombardieri russi che ora partono da più vicino, con più bombe al posto
della benzina;

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2) l’Arabia Saudita, la grande promotrice del terrorismo wahabita,
che resta col cerino in mano, impantanata in due guerre e (forse)
abbandonata da Washington.

Così si può capire meglio l’intervento dell’ex premier iracheno Al Maliki (sciita):  un atto di accusa lucidissimo contro Ryad.


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“Gli Stati Uniti – ha detto Al Maliki – hanno letto male gli sviluppi
dell’area;   in specie  hanno pensato che la Siria di Bachar Assad
sarebbe caduta in uno o due mesi. Quando  ero primo ministro, li avevo
avvertiti che non sarebbe stato per nulla facile. Ma loro erano soggetti
alla pressione saudita, data la  loro ottima relazione bilaterale e i
loro interessi strategici comuni. Dunque gli Usa hanno sostenuto la
richiesta saudita di ottenere dal Consiglio di Sicurezza l’adozione di
una risoluzione per attaccare la Siria. Il veto di di Russia e Cina ha
impedito  tale risoluzione. […]

Gli Usa (…) non hanno  tenuto conto dei nostri avvertimenti se non
più tardi. Mi ricordo che sono stato molto severo  riguardo all’Arabia
Saudita, l’ho definita il nido da cui nascono le organizzazioni
terroriste. E anche quando mi hanno chiesto quale soluzione proponevo,
ho detto  loro: l’Arabia Saudita   non è capace di regolare i suoi
propri problemi, è divenuta la fonte del terrorismo, e dunque la sola
soluzione è di metterla sotto tutela internazionale”.

E si dilunga, Maliki: “Gli Usa mi hanno  risposto che bisognava
cambiare i programmi scolastici (in Arabia Saudita, sic). Ho risposto
che è impossibile perché tutti i  loro  programmi  sono diffusi nei
diversi paesi, anche da voi negli Stati Uniti.  Questo è il motivo per
cui abbiamo bisogno di metterla sotto tutela, per impedire lo
sfruttamento del nome proprio della “Arabia” Saudita, dove si situa la
Casa di Dio (Kahaba) e la dimora del nobile Profeta;  tantissimi ingenui
sunniti pensano che l’Arabia Saudita è nata con l’Islam e dunque
agiscono secondo i suoi desideri. Oggi gli Usa riconoscono che l’Arabia
Saudita è un pericolo, ma è troppo tardi”.

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Al Maliki è iracheno e sciita, intellettualmente vicino all’Iran. Ma
a  migliaia di chilometri di distanza – in Algeria –  una   voce
sunnita  lancia le stesse accuse. E’ quella di Zaïm Khenchelaoui,
docente di storia del Sufismo, direttore del centro nazionale di
ricerche preistoriche ed antropologiche di Algeri, sociologo con master a
Parigi.


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Zaïm Khenchelaoui


Cosa dice il professore al foglio algerino Al Watan?  

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“Il wahabismo
non è Islam.  E’ una forma di religione autocefala con un suo libro
sacro, il  Kitab  at-Tawhîd   di  Mohammad Ibn Abd Al
Wahhâb (Il fondatore della setta nel 1744), che ha soppiantato lo stesso
Corano. Esso è ossessionato  paranoicamente  dal Tahwid  – il concetto
dell’unicità di Dio – al punto da schiacciare e perseguitare i musulmani
colpevoli di venerare lo stesso Profeta (e non parliamo dei santi la
cui venerazione e imitazione costituisce il nerbo del Sufismo)”,
considerandoli degli idolatri,  ossia gente che “associa a Dio”  il
Profeta. Ciò, “in ragione della loro incapacità cerebrale (dei wahabiti)
di fare una lettura analogica e allegorica, largamente diffusa tra le
altre obbedienze dell’Islam”.


“Il wahabismo è terrorismo speculativo, il terrorismo è wahabismo
pratico”,  rincara il professore.  

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Purtroppo, disponendo di “immense
risorse finanziarie”, si è diffuso su tutti i mezzi di comunicazione,
compra gli imam nelle moschee, insomma  è riuscita a passare, nelle
menti di milioni di incolti, come la forma unica dell’Islam. Mentre ne è
la “de spiritualizzazione”. Pericolosa, forse “la  setta più pericolosa
che  abbia conosciuto l’umanità  – Quando un giovane si fa’ esplodere
da qualche parte, è una vittima programmata e manipolata dall’imam che
predica il venerdì” o dal video colto su internet. “Se in Francia  si è
messa fuorilegge Scientology o la setta del Tempio Solare, come mai il
wahabismo non è nella lista delle sette vietate? In Russia è vietata,
perché là si cerca di proteggere l’Islam”.


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Dunque anche il professore algerino, come Al Maliki,  chiede la messa
fuorilegge della setta wahabita e del suo regno terroristico saudita.
Sono  alte reazioni  contro il wahabismo dal punto di vista islamico;
per la prima volta, sono voci musulmane contro la setta saudita e
de-spiritualizzante dell’Islam. Il professor

Khenchelaou  è reduce dal Congresso Mondiale sul Sufismo che si è
tenuto a Mostaganem – si noti – in Algeria, dunque sotto l’egida del
regime che aborre i sauditi e gli americani (che non sono riusciti a
innescare lì una primavera araba). Il regime algerino è dunque
consapevole che il sufismo  (di cui l’Algeria ha una ricca tradizione
storica: si  pensi ad Abdelkader) è la risposta al terrorismo wahabita, e
sta  cercando di diffonderlo.  Sta cercando di re-spiritualizzare la
fede musulmana.


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PS – I media italioti rilanciano e amplificano l’ultimissima minaccia
dell’IS contro l’Italia. Diffusa, manco a dirlo, dal SITE di Rita
Katz.  C’è un problema di wahabismo, o insufficienza mentale, nel
giornalismo nazionale.



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