'Escalation neocon: hanno fretta di ''fare'' il Kurdistan'

Buttata la maschera, l’America minaccia MILITARMENTE Siria e Russia; ammette di avere sul territorio siriano truppe USA contro Damasco, con i separatisti curdi [M. Blondet]

'Escalation neocon: hanno fretta di ''fare'' il Kurdistan'
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22 Agosto 2016 - 19.50


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di Maurizio Blondet.

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Buttata la maschera, l’America minaccia
MILITARMENTE Siria e Russia; ammette di avere sul territorio siriano commandos e truppe americane che
combattono contro il governo di Damasco a favore dei separatisti curdi; crea un
“no fly-zone” di fatto sulla
particella di territorio siriano che ha promesso ai curdi di rendere
indipendente.

Il generale Stephen Townsend, comandante delle forze Usa in Iraq e Siria, ha
dichiarato: “Abbiamo informato i russi di cosa siamo pronti a fare: ci
difenderemo se minacciati”.

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L’inviato Usa Brett McGurk ha incitato i curdo-siriani a dichiararsi
autonomi – Kobane, gennaio 2016

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L’antefatto sono i combattimenti in
corso nel nord, ad Hasakah, tra le
truppe siriane e la milizia curda dell’YPG, spalleggiata da centinaia di commandos americani. Qui è una specie di
situazione analoga a quella di Aleppo, ma rovesciata: l’esercito siriano occupa
la città, ma è circondato dalle milizie curde.

Lo YPG ha intimato ai regolari di
abbandonare Hasakah; ma l’esercito di Assad lì è il solo protettore della
grossa minoranza cristiana (assira) ed altre, che temono – a ragione – di dover
subire la pulizia etnica se i curdi hanno la meglio. Per loro infatti Hasakah
deve diventare una delle città del futuro stato curdo, secondo un programma ben
collaudato: 1) pulizia etnica delle
minoranze, 2) indizione di “libere elezioni” con plebiscito
per
l’appartenenza allo Stato curdo prossimo
venturo, garantito da Usa e Sion.

Non è stata fatta così anche l’unione
risorgimentale dell’Italia al regno sabaudo?

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La milizia curda è assistita dagli
americani con la scusa che “combatte lo Stato Islamico” – che nella zona non
c’è. Combatte invece l’armata legittima di Damasco.

Qualche giorno fa gli aerei di Assad
hanno bombardato le posizioni YPG, per aprire una strada di rifornimento alle
sue forze (regolari e milizie cristiane) chiuse nel centro città. In questo
bombardamento – così accusa il Pentagono – poco è mancato che le truppe
americane venissero colpite; di qui una prova
di forza Usa
, con caccia F-22 lanciati all’inseguimento dei caccia siriani;
il Pentagono ha accusato Mosca, che ha risposto di non entrarci nel
bombardamento di Hasakah; invece di appianare la situazione, gli americani si
sono impegnati in una gravissima escalation, di fatto minacciando di
abbattere gli aerei che sorvolano Hasakah, russi o siriani che siano.

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Hasakah – E una Aleppo a rovescio. Ad essere assediati sono i siriani e i
cristiani, i curdi li hanno chiusi dentro.

Sarà bene
ricordare che – in base al diritto internazionale – non c’è alcuna base legale alla presenza di forze armate USA. Per
questo, quando l’Air Force (dice) di aver cercato di contattare le forze
siriane che stavano colpendo i militari americani sul terreno, Damasco ha
ignorato il richiamo – altrimenti sarebbe stato ammettere che gli Usa sono un
nemico occupante. Per tutta risposta, il Pentagono – invece di sloggiare le sue
truppe da Hasakah, ne ha rafforzato il contingente. L’enormità della situazione
è stata rilevata dal giornalista tedesco Thomas Wiegold che ha twittato: “Come? Ora gli Usa praticano il divieto di operare
alle forze di un paese sul suo territorio?”.

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Il punto è che il
voltafaccia di Erdoğan ha messo in grave pericolo la promessa fatta da Usa e
Israele ai curdi, di ritagliare per loro uno stato indipendente (e loro
satellite) nella zona tra Turchia, Siria, Iraq e Iran.  

Erdoğan si è recentemente pronunciato,
in inaudita coordinazione con Teheran
per “il mantenimento dell’integrità
territoriale della Siria
”, di cui quindi Turchia e Iran si fanno garanti
(insieme ai russi e a Pechino): quindi nessuno
smembramento della Siria per linee etniche e religiose
; capendo finalmente
che la Turchia, dal progetto, ha solo da perdere – un terzo del suo territorio,
abitato dai curdi.

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Lo ha ripetuto
qualche giorno fa il nuovo primo ministro turco Yildirim: “Nei prossimi sei
mesi giocheremo un ruolo più attivo in Siria, voglio dire non permetteremo che
la Siria sia divisa secondo linee etniche – ci assicureremo che il suo governo non
sia basato su etnie”.

Il fatto è che
l’anno scorso, i rappresentanti della regione curda (già autonoma sotto la
costituzione siriana) hanno elevato un annuncio
di federalizzazione
: annuncio unilaterale, non concordato, incostituzionale
– su aperta istigazione statunitense, che ha dato ai secessionisti
addestramento, armi, munizione e 350 milioni di dollari “per combattere l’IS”.

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Ancora una volta
si noti: secondo le convenzioni di
Ginevra una potenza occupante non ha il diritto di separare, occupare,
ritagliare un pezzo di un paese che occupa
. Ma ormai è chiaro che per i neocon che hanno occupato la politica
estera Usa, i trattati internazionali sono stracci di carta; la forza è la sola
‘ragione’; e “la pulizia etnica funziona”, come dicono al Pentagono.

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Oltretutto, i
folli sentono l’urgenza frenetica di contrarre i successi di Mosca
nell’area
, di “far pagare un prezzo a Putin” e “ad Assad”; recuperare il danno
inferto al loro progetti da Erdoğan, e vendicarsi di lui; mantenere la promessa
ai curdi, loro tanto servizievoli satelliti.

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Quindi rispondono
alzando la posta, aggiungono caos al caos, e minacciando l’ampliamento della
guerra (alla Turchia? All’Iran? Alla Russia?) sicuri della loro superiorità
militare, fanno la politica definita “sull’orlo dell’abisso”: a ritrarsi dall’abisso saranno i nemici,
pensano loro
.

L’orribile
attentato di Gaziantep, che ha sterminato più di cinquanta curdi partecipanti
al matrimonio di un capoccia locale, capo del partito curdo rappresentato ad
Ankara, si deve situare in questo quadro.

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Naturalmente
Erdoğan ha accusato l’ISIS (ha imparato dagli americani); i curdi presenti
hanno accusato Erdoğan. Non senza ragione, credo. Nella gara all’escalation
irresponsabile, i neocon non sono i soli.

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