La Cina in Siria al fianco di Assad

Entra in campo anche la Cina per sostenere il presidente siriano contro l’ISIS. Pechino parteciperà con l’invio di aiuti umanitari e di istruttori militari.

La Cina in Siria al fianco di Assad
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Redazione Modifica articolo

23 Agosto 2016 - 21.59


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di Luisanna
Deiana
.

Nello scenario siriano entra in campo anche la Cina per sostenere il presidente Bashar
al-Assad nella lotta contro l’ISIS. Pechino parteciperà attivamente al
conflitto con l’invio di aiuti umanitari alla popolazione siriana e di istruttori
per l’addestramento delle truppe lealiste. 
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Lo ha dichiarato martedì 16 agosto
all’agenzia Xinhua, l’ammiraglio
cinese Guan Youfei, direttore della
Commissione Militare Centrale della Cina (il vertice delle forze armate al cui
apice siede il presidente Xi Jinping),
volato a Damasco per incontrare il Vicepremier e Ministro della Difesa siriano,
Fahd Jassem al Freij.

Durante la visita, Guan ha incontrato anche
il generale del corpo d’armata russo Sergei
Charkov
, incaricato di coordinare in Siria le operazioni tra gli alleati di
Assad. Dello scambio tra i due non è trapelato quasi nulla, se non il
ringraziamento del direttore cinese verso Mosca per l’impegno dimostrato nella lotta al jihadismo.

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La prospettiva di un coinvolgimento diretto
della Cina in Siria ha colto di sorpresa i circoli diplomatici occidentali
tanto da risultare “inaspettata” alla sempre citata “comunità internazionale”.
La Cina ha sempre basato la propria politica estera sulla non ingerenza negli
affari interni di altri paesi, e in Siria è finora intervenuta per favorire la
soluzione diplomatica del conflitto prendendo contatti con le opposizioni
siriane in esilio, sostenute dai paesi occidentali e da quelli arabi del Golfo.

L’alleanza di Pechino e Damasco ha alle
spalle una lunga storia di scambi economici e politici. All’inizio del XXI
secolo Bashar al-Assad, seguendo il modello cinese di Deng Xiaoping, aveva
intrapreso la “via cinese” dell’introduzione dell’economia di mercato,
affiancando alle istituzioni socialiste di impronta baathista l’apertura agli
investimenti stranieri.

Il tentativo di riformare l’economia di piano
siriana, che incentivava l’introduzione di capitali stranieri nello sviluppo
del settore dei servizi e riduceva la percentuale di PIL prodotta dal settore
petrolifero, trovava in Pechino uno dei maggiori finanziatori. La China
National Petroleum Corporation (CNCP) è proprietaria per un terzo delle due più
importanti joint ventures di capitali
realizzate in Siria nel settore petrolifero, la Al Furat Petroleum Company e la Siria Shell Petroleum Development. Oggi, considerando la fuga degli
investitori stranieri e l”imposizione dell’embargo internazionale, la Cina svolge
un ruolo critico nel determinare il corso dell’economia siriana.

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Le
ragioni che spingono la Cina a intervenire in Siria

restano quindi essenzialmente due: la dipendenza
energetica dal Medio Oriente
per le importazioni di petrolio e la preoccupazioni per la diffusione del
terrorismo islamico
nella regione autonoma dello Xinjiang. La Cina importa
dal Medio Oriente circa il 60% del suo fabbisogno energetico annuo e
partecipare alla liberazione della Siria garantirebbe sicuri vantaggi in ambito
diplomatico e finanziario.

Il ruolo crescente della Cina nel conflitto
siriano è stato preceduto da una serie di incontri diplomatici a Teheran nella primavera scorsa e dalla
rinnovata intesa tra Vladimir Putin e Xi
Jiping
in occasione del vertice del 24 giugno a Pechino.

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Le massicce operazioni militari russe e i
successi delle forze governative siriane nella regione di Aleppo spingerebbero la Cina a intervenire prima che il conflitto
si avvii alla sua fase finale.

Sebbene la guerra sia ancora lontana dal
concludersi, è chiaro che la liberazione tanto attesa della città di Aleppo da
parte della coalizione siro-russo-iraniana avrebbe un’importanza e un peso
notevole sulla nuova divisione dei
confini siriani
che inevitabilmente verranno ridefiniti con la fine della
guerra. Aleppo è la seconda città più importante della Siria e risulta
strategica per circondare i ribelli nella provincia settentrionale di Idlib. 

La
battaglia di Aleppo
è quindi dirimente sia per i ribelli sia per
il governo di Damasco, ma rischia di trasformarsi in una guerra di logoramento.
Assicurare la presa di Aleppo da parte delle truppe governative siriane
permetterebbe ad Assad di trovarsi in una posizione di forza nei negoziati
internazionali.

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È oramai chiaro che il piano USA-saudita di
rovesciare il governo di Bashar al-Assad e istituire al suo posto il Siraq, il califfato sunnita
siro-iracheno sotto protezione USA risulta irrealizzabile: la Russia e l’Iran
non lo consentono e la Cina si trova sulle loro stesse posizioni.

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