Dall'Italia l'attacco USA alla Siria

'L''Italia, per ''rilanciare il processo politico sulla Siria'', aiuta coloro che sono più impegnati a demolire lo Stato siriano attaccandolo dall’interno. [M. Dinucci]'

Dall'Italia l'attacco USA alla Siria
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11 Aprile 2017 - 09.30


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di Manlio Dinucci.


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Dopo l’attacco missilistico USA alla Siria, il ministro degli esteri Alfano ha dichiarato che l’Italia è preoccupata della «sicurezza e stabilità della regione mediterranea». In che modo vi contribuisce lo dimostrano i fatti.


Le due navi da guerra statunitensi, la USS Porter e la USS Ross, che hanno attaccato la base siriana di Shayrat, fanno parte della Sesta Flotta la cui base principale è a Gaeta in Lazio. La Sesta Flotta dipende dal Comando delle forze navali USA in Europa, il cui quartier generale è a Napoli-Capodichino.

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Il Comando, che ha diretto da Napoli l’attacco deciso dal presidente Trump, è agli ordini dell’ammiraglia Michelle Howard, la quale comanda allo stesso tempo la Forza congiunta della NATO con quartier generale a Lago Patria (Napoli).


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L’operazione bellica è stata appoggiata dalle basi USA in Sicilia: quella aeronavale di Sigonella e la stazione di Niscemi del sistema MUOS di trasmissioni navali, affiancate dalla base di Augusta dove le navi della Sesta Flotta e quelle NATO vengono rifornite di carburante e munizioni, compresi missili da crociera Tomahawk, gli stessi usati contro la Siria.


La USS Porter e la USS Ross sono dotate di lanciatori verticali Aegis con missili intercettori, installati anche nella base terrestre di Deveselu in Romania e in un’altra che si sta costruendo in Polonia. Fanno parte del cosiddetto «scudo antimissili» schierato dagli Usa in Europa in funzione anti-Russia. Ma i lanciatori Aegis – documenta la stessa Lockheed Martin che li costruisce – possono lanciare «missili per tutte le missioni, tra cui missili da crociera Tomahawk». Questi possono essere armati anche di testate nucleari.

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Le quattro navi lanciamissili Aegis, dislocate nella base spagnola di Rota sull’Atlantico, vengono inviate a rotazione dal Comando di Napoli nel Baltico e Mar Nero a ridosso della Russia. La USS Porter aveva partecipato a una esercitazione nel Mar Nero, prima dell’attacco alla Siria. Il ministro Alfano l’ha definito «azione militare proporzionata nei tempi e nei modi, quale deterrenza verso ulteriori impieghi di armi chimiche da parte di Assad».


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Ha quindi convocato oggi a Lucca, collateralmente al G7 esteri, «una riunione speciale per rilanciare il processo politico sulla Siria, allargata ai ministri degli esteri di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Turchia e Giordania», ossia quei paesi che, nel quadro di una rete internazionale organizzata dalla CIA, hanno fornito miliardi di dollari, armi, basi di addestramento e vie di transito ai gruppi terroristi, compreso l’ISIS, che da anni attaccano la Siria dall’interno.


Proprio mentre stava fallendo tale operazione, cui l’Italia partecipa tramite gli «Amici della Siria», e si stava per aprire un negoziato per mettere fine alla guerra, il governo siriano sostenuto dalla Russia è stato accusato di aver fatto strage di civili, compresi molti bambini, con un deliberato attacco chimico.

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Un’ampia documentazione – riportata dal Prof. Michel Chossudovsky nel sito GlobalResearch – dimostra invece che è stato il Pentagono, a partire dal 2012, a fornire tramite contractor armi chimiche e relativo addestramento a gruppi terroristi in Siria. Questi le hanno usate, come ha provato nel 2013 la Commissione d’inchiesta ONU guidata da Carla Del Ponte.


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Prove ignorate dall’Italia che, per «rilanciare il processo politico sulla Siria», convoca coloro che sono più impegnati a demolire lo Stato siriano attaccandolo dall’interno.


Mentre l’ammiraglia Howard, dopo aver diretto dal quartier generale di Napoli – ponte di comando della portaerei Italia – l’attacco missilistico alla Siria, lo definisce «esempio della nostra forza e capacità di proiettare potenza in tutto il globo».

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Fonte: il manifesto, 11 aprile 2017.

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