di Simone Santini.
Nel kibbutz di Kfar Aza, posto qualche chilometro oltre la barriera fortificata che segna il confine tra Israele e Gaza, si è compiuta una strage di civili. I miliziani di Hamas hanno fatto irruzione nel villaggio, hanno rastrellato casa per casa e ucciso quelli che hanno potuto. Intere famiglie sterminate, ammazzate sul posto o bruciate negli incendi delle abitazioni. Un vero orrore. All’orrore però siamo abituati. Quanti civili palestinesi sono stati uccisi, indiscriminatamente, in bombardamenti o rastrellamenti, durante questi settanta anni di conflitto israelo-palestinese? Perché questi civili sarebbero diversi, solo perché sono israeliani e non palestinesi? L’orrore non basta più.
Quando i soldati israeliani hanno ripreso il controllo del territorio, ad alcuni giornalisti è stato permesso di visitare i luoghi dell’eccidio per testimoniare e riferire i fatti al pubblico. In tale contesto una singola giornalista di una emittente filo-governativa ha raccolto le voci anonime di alcuni militari. Nella strage sarebbero stati uccisi dei bambini, alcuni, forse, decapitati. La giornalista riporta tale voce sui social. A stretto giro i vertici militari israeliani dicono che la notizia non può essere da loro confermata. In ventiquattro ore, però, questa “non notizia” si trasforma e rimbalza attraverso tutti i media del mondo occidentale. “Quaranta bambini decapitati da Hamas” è il titolo a paginoni unificati dei giornali, è il lancio dei servizi televisivi dei telegiornali. Poi negli articoli e nei servizi si parla di altro perché è obiettivamente impossibile scrivere o dire qualcosa oltre lo slogan basandosi sul nulla. Però, eminenti opinionisti, come lo storico (sic!) Paolo Mieli, fanno il giro dei sette talk-show (le nuove chiese) per raccontare che “i bambini decapitati sono un orrore inaudito” e, in un caso, il conduttore Bruno Vespa in sottofondo sottolinea: “dai tempi di Erode non si era più visto”. L’orrore non basta più, ci vuole un orrore biblico.
Il clamore però, sviluppatosi come un incendio, rischiava di spegnersi immediatamente. Nessuna conferma ufficiale, nessuna prova fornita, anzi, i colleghi della giornalista che aveva raccolto la voce smentivano la circostanza dei quaranta bambini decapitati pur riferendo dell’eccidio. Una inchiesta giornalistica identificava la fonte del “rumor” in un capo dei coloni della zona, rappresentante della ultradestra religiosa sionista che già in precedenti occasioni aveva evocato la pulizia etnica degli arabi da tutta la Palestina. Non precisamente una fonte affidabile. L’orrore non basta più.
Ecco che, allora, la politica israeliana si appropria della vicenda, troppo ghiotta per essere lasciata soffocare. Il quotidiano Jerusalem Post, vicino alle posizioni governative, pubblica di aver visionato foto verificate che confermano la strage degli orrori. Netanyahu mostra al segretario di stato americano Blinken, in visita in Israele, le foto del massacro e lui, in conferenza stampa, dichiara di aver visto immagini di bambini trucidati (non decapitati) e di un soldato decapitato (non un bambino). Netanyahu stesso, poi, pubblica alcune immagini in cui si vedono bambini col corpicino dilaniato o carbonizzato. Nessun bambino è decapitato ma tutto ciò è sufficiente per far ripartire la macchina della propaganda informativa. L’orrore di cui si era parlato nei giorni precedenti era stato, finalmente, confermato. Dal punto di vista comunicativo un capolavoro: una smentita di fatto era usata per confermare una bufala. I bambini tornavano ad essere decapitati da Hamas. L’orrore non basta più, ci vuole il surrealismo dell’orrore.
Sia chiaro, un soldato decapitato (ammesso che sia stato così) è qualcosa di orrendo ma era un soldato, sapeva di poter morire, e tanti combattenti palestinesi sono morti in maniera atroce in questi anni. È l’orrore della guerra, di tutte le guerre, questa a cui stiamo assistendo ha qualcosa di diverso? L’orrore non basta. Bambini maciullati e carbonizzati da esplosioni lasciano senza fiato ma in queste ore da Gaza (quanto meno sui canali Telegram) ci arrivano centinaia di immagini di bambini uccisi sotto i bombardamenti israeliani, gli stessi corpi maciullati, le stesse immagini strazianti, lo stesso orrore. L’orrore non basta più.
Allora diventa necessario per gli strateghi della guerra fare un salto di qualità nell’orrore. Non ho prove di quanto sto per dire ma sono personalmente convinto che la vicenda dei “quaranta bambini decapitati da Hamas” sia stata freddamente creata a tavolino da una qualche agenzia di comunicazione, alla pari dei bambini kuwaitiani tolti dalle incubatrici e lasciati morire sul pavimento dagli sgherri di Saddam Hussein all’alba della prima guerra del Golfo o della fialetta di antrace sventolata da Colin Powell all’Onu per propiziare la seconda guerra del Golfo.
Non mi spiego altrimenti come la notizia di un massacro, che poteva e doveva essere raccontata per quello che era, una storia drammatica, sia stata trasformata in un orrore biblico e surreale, insostenibile per qualunque coscienza.
Non mi spiego il riferimento ossessivo al numero quaranta. Non trentanove o quarantuno, non venti o cinquanta. Quaranta. Per gli ebrei un numero altamente evocativo di cui sono intessuti i libri sacri Bibbia Torah e Talmud in innumerevoli passaggi (i più noti riguardano Noé e Mosé). Per la kabalah ebraica il quaranta rappresenta il “nuovo inizio” dopo il sacrificio e la purificazione. Per ogni ebreo vibra qualcosa nel profondo quando sente il numero quaranta, specie se collegato ad una vicenda straordinariamente drammatica come questa.
Non mi spiego altrimenti le tecniche di manipolazione da marketing per trasformare con metodologie affilate come bisturi le suggestioni in certezze, i sussurri in grida, le menzogne in verità, con la capacità di coinvolgere e muovere come un corpo unico la macchina informativa di mezzo mondo.
Marketing, ne sono convinto. Come in ogni operazione di marketing l’obiettivo siamo noi, la massa inerme degli spettatori, a cui si vuole vendere qualcosa. Cosa? La disumanizzazione del nemico. Ognuno di noi quando vedrà un israeliano dovrà ricevere un pugno nello stomaco e sentirsi straziato, colpevolizzato o immedesimato. Invece quando vedrà un palestinese dovrà vedere una “bestia senza anima” (cit.). Nessuna pietà per lui, nessuna angoscia. L’odio deve essere sacro, la vendetta legittima e giusta. Implacabile.
La guerra è un orrore, terribile. Tutta la guerra, da qualunque parte si eserciti. La creazione delle condizioni della guerra è essa stessa guerra. Fa parte di questo orrore. Integralmente.