Agonia europea

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22 Giugno 2011 - 19.38


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da dagospia.com.

1- ALLEGRIA! L”EURO È CONDANNATO A MORTE CERTA, SENTENZIA “DER SPIEGEL” CHE QUESTA SETTIMANA METTE IN COPERTINA LA MONETA UNICA DENTRO A UNA BARA COPERTA DALLA BANDIERA GRECA: “IL VECCHIO EURO NON ESISTE PIÙ E IL FMI NON FUNZIONA” – 2- “DOVEVA UNIRE L”EUROPA, L”EURO È DIVENTATO LA MINACCIA PIÙ SERIA SUL SUO FUTURO”3- I GRECI SI TOCCANO E RISPONDONO: “GERMANIA DESTINATA A PERDERE LA SUA BATTAGLIA PER L”EGEMONIA E QUESTO DISTURBA EVIDENTEMENTE LO ””SPIEGEL”” E I SUOI LETTORI” 4- COMUNQUE VADA, SCRIVE IL “FT”, “LA BATTAGLIA FINALE SARÀ COMBATTUTTA IN ITALIA”.

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1 – LA BATTAGLIA FINALE PER L”EURO SARÀ COMBATTUTTA IN ITALIA
Dall”articolo di Edward Altman e Maurizio Esentato per il “Financial Times”
http://www.ft.com
http://video.ft.com/v/1007994235001/Italy-next– (VIDEO)
http://www.cnbc.com/id/43474315

LA PROSSIMA E” L”ITALIA

Alcuni analisti ritengono che la Spagna sia l”ultimo bastione per la sopravvivenza dell”euro. Noi no, scrivono Edwaed Altman e Maurizio Esentato, rispettivamente professore di finanza alla Stern School of Business di New York e Ceo, nonché fondatore, di Classis Capital. Noi crediamo che l”ultima battaglia sarà combattuta nella pittoresca Italia, con la conseguente elezione di Roma a eroina oppure a cattiva a seconda che l”euro si salvi oppure no.

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La maggior parte dei politici europei vuole ardentemente che la “fuga” da molti dei membri del loro “club” finisca, e che i salvataggi ripristino la fiducia. Ma questo, purtroppo, è un sogno che rischia di essere infranto mentre il prossimo pezzo del domino – la Spagna – è sotto un severo scrutinio circa la propria solvibilità.

2 – REQUIEM PER L”EURO
Estratti da “Der Spiegel”, traduzione di Anna Bissanti per “Presseurop.eu/it”
http://bit.ly/jS2kqx
http://www.spiegel.de/

LA COPERTINA DELLO SPIEGEL

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Negli ultimi 14 mesi i politici della zona euro hanno adottato un bailout dopo l”altro, si sono ritrovati in frenetici incontri al vertice, hanno dibattuto su fiacchi compromessi e rischi crescenti. Per lo stesso periodo hanno evitato di giungere a una conclusione importante: nello specifico e in ogni caso non si può andare avanti così. Il vecchio euro non esiste più come nelle intenzioni originarie e il Fondo monetario internazionale non funziona. Serve dunque un piano alternativo, un piano B.

L”ostacolo più grande a una gestione comunitaria della crisi è che i paesi che hanno finanziato i bailout sono privi di legittimazione democratica. Sono finiti i giorni in cui si poteva disquisire se il Parlamento europeo coinvolgesse abbastanza i cittadini nelle decisioni del Consiglio europeo e della Commissione. Quando la situazione si fa difficile, come adesso, le decisioni non possono più essere prese da istituzioni dell”Ue democraticamente legittimate in qualche modo, ma in incontri più o meno segreti ed esclusivi.

Una delle ragioni per cui gli europei sono esasperati dai rispettivi governi è che non sono coinvolti nel processo decisionale. La crisi dell”euro ha già spazzato via due governi, quello irlandese e quello portoghese, che potrebbero essere ben presto raggiunti da quelli di Spagna e Grecia. Le cose, inoltre, si stanno mettendo male anche per il governo di Berlino.

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George Papandreou

Un baratro taglia in due il continente, allontanando le opposte sponde dei paesi che necessitano di sempre più soldi e dei paesi che si presume debbano pagare. I greci sono irritati dai tedeschi; i tedeschi sono innervositi da greci, portoghesi, spagnoli e italiani: il progetto politico di un”unità europea pacifica rischia di concludersi in una diatriba politica.
Creato con lo scopo di unire per sempre l”Europa, l”euro è diventato la minaccia più seria sul futuro del continente.

Un crollo dell”unione monetaria costituirebbe una brusca frenata per l”Europa, la farebbe arretrare di decenni, assestandole un colpo dal quale potrebbe anche non riprendersi più, specialmente ora che la sua posizione è già compromessa dall”ascesa delle economie asiatiche a rapida crescita. Ciò spiega per quale motivo i politici europei intendono difendere l”euro a tutti i costi, e per quale motivo stiano approvando un bailout dopo l”altro. Si attivano per guadagnare tempo, sperando che i mercati si plachino e che siano varate riforme efficaci.

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Malgrado tutti i bailout, le misure e i rischi che si sono accollati i soccorritori, i paesi deboli dell”euro si ritrovano esattamente dove erano poco più di un anno fa: sull”orlo del baratro. I premi per i rischi dei loro bond di stato sono arrivati a nuovi record. I greci hanno bisogno di una nuova infusione di contanti per scongiurare la bancarotta, e il rischio che la crisi contagi gli altri paesi dell”euro sussiste ed è ben lungi dal dirsi esaurito.

trichet

In pratica esistono due possibilità. La prima soluzione è radicale: mollare la corda e lasciare che i paesi nei guai si difendano da soli. La seconda è più pragmatica: tirare avanti alla meno peggio, anche se con minore efficienza, e sperare in un miglioramento. Nessuna delle due opzioni è esente da costi.

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Una soluzione radicale potrebbe prevedere che i paesi della zona euro – delusi dalla mancanza di passi avanti concreti – abbandonino la Grecia alla sua sorte. Dopo tutto quello che hanno già speso si rifiutano infatti di dare altri soldi ad Atene. Ben presto, però, la Grecia diverrebbe insolvente, in quanto non sarebbe più in grado di prendere in prestito capitali sui mercati. Dal momento che i prestatori greci sostengono una considerevole parte del debito greco, le banche del paese potrebbero affrontare parecchie bancarotte.

Mario Draghi

Questo approccio implica anche un concreto pericolo di contagio. Se la Grecia scivolasse in una bancarotta incontrollata, infatti, gli investitori potrebbero rifiutarsi di investire i loro soldi in altri paesi della zona euro in situazione critica. E di conseguenza altre banche ancora potrebbero fallire, innescando una reazione a catena.

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Alla luce di questi sviluppi imprevedibili, molti stanno prendendo in considerazione l”ultima alternativa possibile, un ritiro della Grecia dall”Unione europea e la reintroduzione della dracma. Il governo di Atene si stava trastullando con questa idea già alcune settimane fa, e adesso arriva il supporto di economisti di livello internazionale. Anche Nouriel Roubini, economista dell”Università di New York, è favorevole a questa idea: sostiene infatti che l”unica chance della Grecia è svalutare la propria moneta per migliorare la propria competitività.

PROTESTE AD ATENE FOTO GETTY

Ma la crisi non si arresterà col ritiro della Grecia. Anzi, le cose potrebbero mettersi di male in peggio. Il debito greco infatti resterebbe in euro e ciò lo trasformerebbe automaticamente in un debito in valuta estera: il suo importo nella nuova valuta nazionale aumenterebbe rapidamente, perché la dracma sarebbe svalutata. I prestatori greci sarebbero pressoché impossibilitati a far fronte ai loro obblighi. A loro volta anche le banche sarebbero messe sotto pressione, sia in Grecia che nel resto della zona euro. E ancora una volta sarebbe necessario mettere allo studio onerosi bailout per il settore bancario.

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Alla fine di questa rovinosa evoluzione, quindi, l”unione monetaria potrebbe disgregarsi, spaccarsi in un blocco dalla valuta forte e un gruppo di paesi dalle valute molto più deboli. Gli euroscettici, come l”ex membro del consiglio di amministrazione della Bundesbank Wilhelm Nölling, sono favorevoli a questa soluzione: hanno intentato presso la corte costituzionale tedesca un”altra azione legale – che hanno perso ancora una volta – contro l”introduzione dell”euro e si accingono a lanciarne un”altra, sempre contro il governo, per il fondo messo a disposizione del bailout. La corte si è ritirata per deliberare.

PROTESTE AD ATENE FOTO GETTY

L”alternativa alla rottura dell”unione monetaria difficilmente può essere considerata meno sconsigliabile, in quanto porta direttamente a un”unione di trasferimenti. Dopo un anno di continui bailout per la Grecia, siamo già a buon punto e a iniziare dal 2013 il previsto fondo di salvataggio permanente, l”Esm, rappresenterà un passo avanti lungo questo pericoloso cammino.

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Alla fine potrebbe anche andare così: i paesi in crisi col deficit richiederanno finanziamenti dai paesi del più stabile nord. Quello che in passato era stato annunciato come un prestito si trasformerà in un sussidio, e in quanto tale non dovrà essere ripagato, né si parlerà di interessi. L”unione monetaria diventerebbe un”unione finanziaria e i paesi debitori si trasformerebbero in destinatari dei sussidi, quindi in situazione di dipendenza dai contribuiti dei paesi confinanti più forti dal punto di vista economico, un po” come il Mezzogiorno in Italia o la Vallonia in Belgio.

L”ombra del 1990 – Per scongiurare che le cose vadano così, molti politici specializzati in questioni finanziarie ed economiche raccomandano di completare l”unione politica europea quanto prima possibile, dandole un solido governo centrale. Peccato che le cose non siano così semplici. Maggiore integrazione non significa necessariamente che gli squilibri economici scomparirebbero.

PROTESTE AD ATENE

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Nessuno lo sa meglio dei tedeschi, che hanno avuto esperienze simili con l”unione monetaria tra le due Germanie una ventina di anni fa. Il primo luglio 1990 il marco tedesco rimpiazzò il marco dell”ex Germania est, con un rapporto di uno a uno. Gli stati della Germania Est si unirono alla repubblica federale soltanto tre mesi dopo, e quello fu un caso esemplare di unione monetaria che si accompagnava a un”unione politica. Chiunque credeva che un”unificazione rapida avrebbe potuto alleviare lo choc economico dell”unione monetaria tra le due Germanie, fu presto disilluso. Anzi: gli squilibri economici della Germania riunificata si acuirono. Migliaia di aziende dei nuovi stati rimasero senza lavoro, perché non erano in grado di aumentare la produttività e portarla agli standard dell”occidente.

La disoccupazione esplose, gli scambi finanziari tra le due parti del paese presto superarono il milione di miliardi di marchi. Ancora oggi gli stati dell”ex Germania Est sono indietro rispetto a quelli dell”ex Germania Ovest. La lezione pertanto è chiara: l”unificazione della Germania non è un modello valido, bensì un monito concreto che dimostra quanto rapidamente un”unione monetaria mal progettata possa portare a un”unione permanente di trasferimenti fondi.

TREMONTI big

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Un modello di questo tipo è incompatibile con i trattati europei. Tutti i parlamenti nazionali dovranno negoziare e ratificare nuovi accordi che, forse, dovranno essere approvati anche per via referendaria. Forse, tuttavia, i popoli europei e i loro rappresentanti decideranno del destino dell”unione monetaria anche prima: potrebbe accadere ad Atene o a Lisbona, se le riforme necessarie dovessero fallire in seguito alle proteste popolari. O anche a Berlino, se i miliardi dati in garanzia sui prestiti dovessero arrivare a scadenza.


3 – SBATTI IL GRECO IN PRIMA PAGINA
L”articolo di Giorgos Malouhos per “To Vima” tradotto per “Presseurop.eu/it” da Andrea De Ritis
http://bit.ly/js8uI4
http://www.tovima.gr/

ZAPATERO

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Dopo la scelta di cattivo gusto della Venere di Milo [in copertina sul settimanale Focus nel 2010], la prima pagina del settimanale Der Spiegel rivela in modo evidente le intenzioni e gli obiettivi nascosti dell”egemonia della Germania nei confronti della Grecia e di tutta l”Europa.

Alcuni giorni dopo il richiamo senza precedenti alla cancelliera Angela Merkel da parte del presidente francese Nicolas Sarkozy e le successive pressioni del presidente americano Barack Obama, questa copertina scandalosa mostra una bandiera greca che ricopre una bara nella quale riposa la moneta unica.

Anche se non si tratta della voce ufficiale di Berlino, il settimanale rivela il sentimento di parte della classe dirigente tedesca che lo legge, e cioè che la Germania non intende dare altri aiuti alla Grecia.

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Fra gli “argomenti” dell”articolo dello Spiegel ci sono le cosiddette verità tedesche espresse per la prima volta: la zona euro è composta di economie che non possono avere coerenza a causa delle diversità strutturali della loro politica monetaria ed economica. Secondo la rivista, questa situazione presenta un rischio molto elevato per l”euro e per l”Europa nel suo insieme.

ELENA SALGADO

Quello che non è menzionato è che tutto questo non è dovuto solo alla crisi del debito greco. Le tensioni sull”euro sono provocate in gran parte dalla volontà della Germania di usare la crisi greca come leva per una revisione generale della moneta unica.

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Berlino ha mostrato la sua volontà di distinguersi con una politica nazionalista egoista che può distruggere i popoli e gli stati che non possono o non vogliono parteciparvi. Chi è incapace di rispondere alle esigenze tedesche non ha più posto nella moneta unica e nell”Europa.

La cosa che colpisce di più è che nello stesso momento arriva un”inattesa voce di opposizione alla politica tedesca, tale da modificare radicalmente tutto quello che sapevamo finora sulla versione “ufficiale” che tenevano i paesi creditori. La voce in questione è quella di Jean-Claude Juncker, presidente dell”Eurogruppo e primo ministro del Lussemburgo.

JUNCKER

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In un”intervista al quotidiano belga La Libre Belgique, Juncker contraddice la linea dominante imposta da Berlino; tra l”altro spiega che la paura di una destabilizzazione provocata non dai “mercati” ma dal popolo costituisce ormai una realtà di cui nessuno può prevedere gli esiti.

Ambizioni frustrate – Dopo le pressioni di Stati Uniti e Francia, la Germania sembra destinata a perdere la sua battaglia per l”egemonia in Europa e questo disturba evidentemente lo Spiegel e i suoi lettori. Uno scontro che può avere conseguenze devastanti per la Grecia.

In realtà i tedeschi volevano mettere fine a un “incubo”, cioè che alcuni paesi Ue si mettano di traverso sulla loro strada imperiale. Oggi la Germania pensa alla fine dell”euro non perché la moneta unica sia veramente arrivata al capolinea, ma perché stanno scomparendo quelli che volevano fare l”euro.

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La sola opzione che rimane ai tedeschi è forse lasciare la zona euro. Forse è questo il messaggio nascosto di questa rivista indecente. La copertina dello Spiegel mostra l”euro sepolto sotto la bandiera greca, ma a quanto pare i becchini dovrebbero vestire di nero, giallo e rosso.

 

Fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-26926.htm#Scene_1.

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