di Paolo Bartolini – Megachip
Leggo un articolo di Furio Colombo che piacerà certamente ai sensibili democratici dei nostri tempi, desiderosi di uno sviluppo eco-compatibile e dunque, in altre parole, di un capitalismo dal volto umano.
Riporto un estratto di questo articolo, che mi ha colpito molto:
“Ecco allora schierati tutti i protagonisti del drammatico momento che stiamo vivendo. Il meno discusso dei protagonisti del dramma è la crescita. “Ammettiamo che il suo piano funzioni. Dove metterà tutte quelle auto?†ha chiesto un analista finanziario a Gianni Agnelli durante un incontro a Wall Street negli anni Settanta. “Dove le metterebbero i miei concorrentiâ€, ha risposto l’Avvocato, meritandosi l’applauso di una folla di competenti. E confidava: “Non puoi dire ‘decrescita’. È una parola contro naturaâ€. La frase è fondata. I bambini crescono, gli animali crescono, la natura cresce. Tutto il resto (prima il mondo del possesso di terra, poi quella della produzione e possesso e consumo di oggetti) è artificio dell’uomo ma segue il modello della natura, che è anche quello dell’immaginazione, della fantasia, del desiderio, anche se la necessità (la domanda) è sempre più forzata.â€
Tralasciando le conclusioni che attendono il lettore a fine articolo, in perfetto stile liberal con una punta di utopia verde oggi assai di moda, vorrei soffermarmi sulle premesse che Colombo traccia nelle frasi sopra riportate.
Ribadisco che anche a mio avviso il termine decrescita non è dei più felici, ma questa osservazione critica si pone, nelle intenzioni, agli antipodi di quella formulata dal Furio nazionale. Bisognerebbe ricordare a costui che se è vero che i bambini, gli animali e la natura crescono, è altrettanto vero che ad un certo punto si fermano. Propria della natura è la tendenza all’omeostasi, all’equilibrio, allo “sviluppo fino al limiteâ€. Con la differenza sostanziale che l’uomo disconosce ormai da troppo tempo il valore del limite, precondizione per ogni sviluppo sensato.
Il processo di accumulazione capitalistica, insomma, è del tutto innaturale, molto più simile al proliferare di cellule cancerogene che alla normale crescita di un organismo vivente. La questione centrale – come Colombo sembra intuire, ma in modo confuso – riguarda essenzialmente l’immaginazione, la fantasia e il desiderio, ovvero quelle dimensioni peculiari dell’esistenza umana che l’articolista proietta (con un evidente e inconsapevole antropomorfismo) proprio sulla Natura.
Con questo non sto affatto dicendo che la natura sia priva di creatività , tutt’altro. La verità è che la Natura diventa desiderante proprio nell’uomo, generando un potenziale ambivalente e glorioso di distruzione e creazione che non trova somiglianze nelle altre specie presenti sul nostro Pianeta.
Per questo noi siamo chiamati ad essere pienamente responsabili delle nostre idee e della nostra differenza antropologica. Quindi appellarsi ad una natura in perpetua crescita e sognare un mondo di pace alimentato dallo sviluppo indefinito della sfera economica, è un’illusione bella e buona, destinata ad esser spazzata via proprio da quella natura che – piaccia o meno a Colombo – non tollera eccessivi scostamenti dalle sue costanti biologiche.
In altre parole: è tempo che la Cultura (nostra vera natura e proprietà emergente dell’evoluzione sulla Terra) si prenda cura della vita e inverta la direzione suicida che ha imboccato da quasi un secolo. Questo processo, che sicuramente chiederà un superamento delle vecchie contrapposizioni ideologiche, non è comunque compatibile con il mito della crescita infinita, nemmeno nelle sue declinazioni green.
La scoperta può turbare, ma è al tempo stesso insospettatamente semplice. Un vero uovo di Colombo.