Vita materiale, capitalismo e cambiamento sociale

«È possibile cambiare la società partendo dalla vita materiale o quotidiana? Dipende dal concetto di rivoluzione di ognuno.»

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11 Giugno 2013 - 10.51


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di Raul Zibechi

La maggior parte delle analisi politiche, con propositi anti sistema, sono orientate a comprendere il funzionamento delle grandi imprese multinazionali e l’insieme dell’economia capitalista, il ruolo che giocano gli stati-nazione, e le relazioni di forza geopolitica a scala nazionale, regionale e globale, in altre parole, come comandano i potenti. Contiamo anche su un buon numero di studi sulle lotte sociali e politiche dei settori popolari, dalle lotte locali fino alle coalizioni più ampie che si costituiscono a scala nazionale e globale, e come queste forme di azione mutano nel tempo.

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Si potrebbe dire che buona parte di queste analisi e studi rendono conto della realtà del sistema e delle diverse realtà anti sistema. Tuttavia, contiamo su pochi studi su quello che Fernand Braudel (Storiografo francese, ritenuto uno dei massimi storici del XX secolo. n.d.t.) chiamava la “vita materiale”, ma anche “l’oceano della vita quotidiana”, il regno dell’autoconsumo, “la consuetudine, la routine”, la sfera basilare della vita umana che nella sua idea è la “grande assente della storia” (La dinámica del capitalismo, Alianza). Sarebbe necessario annetterlo, nelle teorie rivoluzionarie e nelle proposte di liberazione.

Come sappiamo, Braudel definì tre sfere: la vita materiale che è il regno del valore d’uso; la vita economica o economia di mercato, dominata dagli scambi e dal valore di scambio, e sopra ad entrambe il capitalismo o l’antimercato, “dove vagabondano i grandi predatori e vige la legge della selva”.

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In questo peculiare sguardo del mondo lo Stato è ausiliare al capitalismo ed è antitetico all’economia di mercato, come ricorda Immanuel Wallerstein (sociologo ed economista statunitense, già presidente dell’International Sociological Association, ex direttore del Fernand Braudel Center. N.d.t.)

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Per completare l’analisi, si dovrebbe ribadire con Braudel che il capitalismo affonda le sue radici nella vita materiale senza mai penetrarla. L’accumulazione di capitale si produce essenzialmente nella sfera dei monopoli dove il mercato non funziona, non è così nella vita materiale e nella vita economica. È vero che gli strati superiori si appoggiano su quelli sottostanti, dai quali vi è un rapporto di dipendenza, ma non è meno certo che la vita quotidiana o materiale è relativamente autonoma e non è mai completamente subordinata alla sfera dell’accumulazione.

L’interesse e l’attualità del punto di vista di Braudel si ritrovano nell’idea che la lotta anti sistema sia radicata sostanzialmente nella vita materiale e, in una certa misura, nella vita economica, ma non può basarsi sulle sfere del capitalismo, siano le imprese o gli stati. La grande forza degli attuali movimenti territoriali anti sistema, tanto quelli rurali quanto quelli urbani, è che organizzano collettivamente l’oceano della vita materiale, da lì si collegano con la vita economica ed i mercati, resistendo al capitale ed allo stato.

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Perfino nelle grandi città. Nel cuore di una mega città come Buenos Aires pullulano esperienze di questo tipo che si possono trovare anche in diversi centri urbani latinoamericani (si veda cipamericas) (Cip americas program. Con oltre 30 anni di esperienza è una delle principali fonti di informazione per gli attivisti, accademici e cittadini preoccupati per la politica estera degli Stati Uniti verso l”America Latina ed i movimenti per la giustizia sociale nel mondo. N.d.t.) e, ovviamente, abbondano delle zone rurali. Un’ampia rete di spazi (mense sociali, ambulatori, scuole primarie e licei popolari, consultori femminili, squadre di operai, mezzi di comunicazione) danno forma collettiva alla vita materiale dei più poveri, trasformando la vita quotidiana in spazi di resistenza ma anche di alternativa al sistema.

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In questo modo “la routine”, “il quotidiano”, acquista nuovi significati. Le organizzazioni popolari, per lo meno quelle che non si limitano a beneficiare improduttivamente della vita materiale, lavorano per organizzare l’autoconsumo oltre lo spazio familiare. Soprattutto si impegnano affinché quello spazio di autonomia che è la vita quotidiana sia la più integrale possibile, che abbracci non solo necessità urgenti come l’alimentazione, che è il substrato dove è sorto il movimento piquetero argentino (il movimento dei picchetti argentino nasce negli anni ”90 in segno di protesta contro il licenziamento dei lavoratori della multinazionale petrolifera YPF n.d.t.), ma si espanda verso aree come l’educazione e la salute, la dignità delle donne, giochi tradizionali per l’infanzia e gli organi di decisione, come le assemblee.

Organizzare la vita materiale, approfondire la coscienza collettiva e comunitaria, è tanto quanto politicizzarla e dargli maggiore autonomia davanti alle altre sfere, ed in particolare di fronte alle multinazionali e gli stati. Questo vale anche per la dotazione di organi decisionali ed attuativi, per la difesa di fronte alle altre sfere, ovvero, dagli organi di potere. Quando la vita materiale si organizza come movimento anti sistema, le assemblee assolvono questa funzione.

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Come si fermano i monopoli capitalisti? In questo caso, i movimenti dei sobborghi di Buenos Aires, recuperano quello che serve mediante l’azione diretta. Per ottenere medicine per gli ambulatori, fanno picchetti di fronte ai grandi depositi farmaceutici, ostacolando la movimentazione dei camion sia in entrata che in uscita. La stessa cosa per assicurarsi gli alimenti dal Municipio. La cinepresa utilizzata in una televisione comunitaria l’hanno ottenuta mediante un escrache ad un hotel a cinque stelle (Escrache è il nome in gergo usato per indicare un modo di protesta basato su un’azione diretta. Questo termine è nato in Argentina nel 1995 e da allora si è diffuso ad altri paesi di lingua spagnola, Uruguay Cile, Spagna n.d.t.). E così con tutto.
È possibile cambiare la società partendo dalla vita materiale o quotidiana? Dipende dal concetto di rivoluzione di ognuno. La vita materiale è, tra molte altre cose, lo spazio della gente comune, quello che può limitare o dare le ali al capitalismo. Non esistono altri spazi dove possa nascere e crescere qualcosa di diverso dal mondo capitalista.

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Vista così la cosa, il mutamento sociale è un modo sistematico di sverminare la vita materiale dal capitalismo.

In nessun altro strato può nascere un mondo nuovo e differente. Non voglio dire con ciò che la vita materiale/quotidiana non contenga oppressioni, come il machismo. Ma solo che il nuovo può costruirsi solamente da relazioni basate nel valore di uso, e guidate dalla gente comune. Farlo da altri spazi equivale a riprodurre una dominazione o instaurare una nuova classe dominante.

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L”articolo è stato pubblicato da “La Jornada”, il 31 maggio 2013.

Traduzione dallo spagnolo di Francesco Salistrari.

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Fonte: [url””]http://francescosalistrari.blogspot.it/2013/06/vita-materiale-capitalismo-e.html?spref=fb[/url]

Originale: [url””]http://www.jornada.unam.mx/2013/05/31/opinion/019a2pol[/url]

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