da Libreidee.
Quelle che abbiamo attorno sono le macerie di una guerra. Lo afferma senza giri di parole il centro studi di Confindustria descrivendo questa crisi,
 ovvero la più drammatica recessione della nostra storia, dopo il 
secondo conflitto mondiale.
A partire dal propagarsi nel mondo degli 
effetti reali della crisi iniziata con i “sub-primeâ€, lo sfacelo dell’economia è paragonabile a una guerra per i danni e le macerie che ha lasciato dietro di sé. In pochi anni sono svaniti quasi due milioni di posti di lavoro.
 E la drammatica morsa creditizia, operata dal sistema bancario, 
continuerà ancora a lungo, almeno fino al 2015 nello scenario più 
negativo.
«Otto anni di vacche magre, anzi, scheletriche», annota 
Eugenio Orso. La catastrofica recessione neocapitalistica sta dando 
segni di luce in fondo al tunnel? Attenti: se la guerra è finita, «il dopoguerra potrà essere altrettanto negativo e 
socialmente drammatico». Parlano le cifre: oltre 7 milioni di senza lavoro e quasi 5 milioni di poveri.
Il tutto, scrive Orso in un post ripreso da “Come Don Chisciotteâ€, è condito da un crollo dei consumi delle famiglie che possiamo definire epocale: è la fine della
 tanto deprecata società dei consumi?
Siamo appesi a un filo: le 
ostilità potrebbero riprendere improvvisamente, «a causa di un ennesimo 
shock orchestrato dalla grande finanza
 internazionalizzata».
In quel caso, «la situazione potrà precipitare 
ulteriormente». Del resto, la debolezza strutturale del sistema-Italia, 
dal punto di vista sociale e occupazionale, si manterrà anche il 
prossimo anno. E il Pil, «se crescerà, crescerà di un’inezia, meno 
dell’uno per cento», per la precisione lo 0,7% secondo la Confindustria,
 che rivede a ribasso precedenti proiezioni.
«La peggiore ipotesi, nel 
dopoguerra e a partire dall’anno nuovo, è che il rispetto degli 
“impegni†presi in sede europea implichi la rinuncia forzata a un punto 
di Pil, con conseguenze negative sul temutissimo spread e ricadute ancor
 più negative sulla società».
Se anche la “guerra†fosse veramente finita, aggiunge Orso, se ne deduce che – in ogni caso – l’Italia è un paese sconfitto: «Abbiamo perso la guerra e soltanto ora ce ne siamo accorti».
Potenza manifatturiera in Europa e nel mondo, l’Italia «è forse il grande sconfitto in Europa»,
 anche se «non certo l’unico, perché l’area europeo-mediterranea esce 
complessivamente sconvolta dal conflitto, che pare continui in Grecia».
Lo spettacolo è desolante: «Le macerie visibili, le distruzioni del 
tessuto produttivo, i segni dei continui “bombardamenti†
neocapitalistici ed europoidi ci sono tutti», continua Orso.
«Lungo le 
direttrici del Veneto e nei distretti industriali del nord», si 
moltiplicano «gli edifici industriali e i capannoni chiusi intorno ai 
quali già cresce un po’ di vegetazione, abbandonati all’incuria perché 
nessuno può riattivarli».
Analoga disperazione nelle strade e nelle 
case: «Il proliferare continuo del numero dei poveri veri, dei 
mendicanti, di coloro che dormono nelle stazioni, sempre più sporche e 
prive di manutenzione, ugualmente lo dimostra. Case senza riscaldamento 
(e senza luce) sempre più numerose, perché la cosiddetta “economia della bolletta†ammazza le famiglie monoreddito». E attorno, «edifici pubblici e privati senza manutenzione, che fra qualche anno cadranno in pezzi».
Ma non è tutto. «Le macerie morali, invisibili quanto le ferite che 
offendono lo spirito, sono forse le più difficili da rimuovere e le più 
insidiose».
Secondo Orso, «per l’Italia ci sarà un lungo dopoguerra, 
interrotto forse una ripresa improvvisa del conflitto, con un ultimo 
“bombardamento†finanziario ordinato delle aristocrazie globali del 
danaro e della finanza».
 Ma attenzione: «Non è prevista alcuna ricostruzione».
Questo gli 
analisti del centro studi di Confindustria non lo scrivono, ma lo 
lasciano intendere quando, con aridi numeri, cercano di prevedere i 
possibili scenari del dopoguerra.
«Non ci sarà ricostruzione, come 
avvenne dopo la seconda guerra
 mondiale, dal 1947 agli anni cinquanta. Perché, a differenza di allora,
 la spietata “global class†finanziaria, perfettamente organica al 
neocapitalismo e senza problemi di coscienza, non prevede per il paese 
alcun “Piano Marshallâ€Â». Ovvero: «Le risorse del paese si saccheggiano, 
le sue strutture produttive si smantellano, la popolazione si spreme 
fino all’inverosimile, e poi si passa ad altro, ad altri “mercatiâ€, ad 
altre “bolleâ€, lasciando dietro di sé solo macerie. Materiali e morali».
Fonte: http://www.libreidee.org/2013/12/litalia-ha-perso-la-guerra-la-ricostruzione-non-ci-sara/.
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