In nome del debito pubblico

Giochi piccoli, grandi giochi: lo spodestatore spodestato. [di rk]

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16 Febbraio 2014 - 10.54


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di rk

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Dunque, contro Napolitano e pro-Renzi le manovre avanzano, serve un cambio di passo. Già, ma a chi serve? E per cosa?

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Lo scoop del [i]Corsera[/i] sul passaggio di consegne nel 2011 da Berlusca a Monti di per sé non contiene nulla di nuovo se non forse sul ruolo del finanziere De Benedetti e di Prodi. La novità è invece lo spodestamento di fatto dello stesso re Giorgio fin qui primo garante della stabilità di governo per il rispetto degli impegni finanziari internazionali e interni. (Non c’è più riconoscenza a questo mondo).

Nessuno in alto vuole andare al voto. Troppa incertezza, e non solo perché l’anomalia grillina, piaccia o non piaccia, resiste e a volte sa piazzare colpi che fanno male, come nella vicenda del regalo alle banche. Renzi, dopo aver letteralmente rimesso in campo un gongolante cavaliere con il disegno di riforma elettorale – che rivela la dabbenaggine veltronista del ragazzone: ci fai o ci sei? – teme ora che neppure la blindatura bipolarista potrebbe bastare, il clima sociale del paese è peggiorato, neanche le minime aspettative che il voto potrebbe sollevare van bene. Meglio allora limitarsi all’investitura delle primarie da parte di un popolo della sinistra sempre più scompaginato e rincoglionito in basso e con l’acqua alla gola in alto (v. la corsa a ostacoli reciproci tra Camusso e Landini per saltare sul carro del vincitore).

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Intanto, l”Italia non si schioda dalla recessione e il debito sale. All’orizzonte, nient’altro che la cura Electrolux per le fabbriche che resteranno in piedi o per le “delocalizzazioni all’incontrario” che atterreranno in Italia in cambio di condizioni “alla polacca”.

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Privatizzazioni e salvataggi di banche per continuare a pagare pegno agli strozzini del debito. Tagli indiscriminati al welfare che non potranno questa volta non coinvolgere il lavoro del P.I., finora toccati marginalmente. La “cura” interna che si prepara farà impallidire quella Monti-Fornero, e la chiameranno “ricetta per la crescita” (col Jobs Act a fare da viatico).

E allora? Sbaglieremo ma gli intrallazzi in atto difficilmente sono riducibili al giochino tra il Letta democristiano old style e il similpaninaro Renzi nuovista con rispettivi sponsor interni. Non che non contino le tensioni tra cordate politico-economiche e mediatiche. Né si tratta di indulgere a semplicistiche letture complottistiche (anche se i “complotti”, ci dicono lor signori, esistono). Ma le pedine interne non danno tutto il quadro.

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L’intero quadro economico internazionale si sta offuscando. La Fed deve, anche se non vorrebbe, ritirare un po’ dell’enorme liquidità immessa in questi anni perché la bolla speculativa che si è creata è più grossa di quella antecrisi e minori sono gli strumenti per ovviare oggi a un eventuale suo scoppio.

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L’Abenomics, brutta copia della ricetta keynesiano-finanziaria Usa, sta miseramente fallendo. La Cina deve raffreddare la sua economia pena esporsi ai contraccolpi in vista. A pagare sono per ora i “paesi emergenti”. Ma anche la pausa nello scontro dollaro-euro, dopo la prima tornata del 2010-11 stoppata dalla Germania, potrebbe a questo punto saltare vista la mancata ripresa Usa: anche sulla Ue si rovescerebbe di nuovo il classico gioco statunitense di scarico della crisi… mentre, guarda caso, si avvicinano elezioni europee non facili. (E pensare che qualcuno vede all’orizzonte il “fallimento” dell’austerity e/o pensa che Fed e Obama ci hanno salvati dalla Merkel unica cattivona… ma si sa, chi si accontenta gode).

Non vorremmo passare per anti-yankee a prescindere, ma piazzare proprie pedine (oltre a Renzi, Draghi alla presidenza?) o alla peggio incasinare l’Italia – comunque un peso medio in Europa – prepara un terreno più favorevole a Washington nelle tensioni internazionali, economiche e geopolitiche, che inevitabilmente ritornano.

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Mal che vada, ci si può pappare tutto il residuo mangiabile (parola, se non basta quella dei Mieli, De Benedetti, Profumo ecc., del consigliere renziano già McKinsey & C. Gutgeld, nomen omen) comprese le non trascurabili riserve di risparmi (che gli insider hanno già trasferito al sicuro). Per carità, in nome del debito pubblico… bene comune!

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(13 febbraio 2014) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it[/url]

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