'Syriza alle Termopili: il debito è ''illegale, illegittimo e odioso'''

Argomenti legali consentono ad uno Stato di ripudiare unilateralmente il suo debito illegale, odioso e illegittimo. Caso greco: malafede dei creditori [M. Blondet]

'Syriza alle Termopili: il debito è ''illegale, illegittimo e odioso'''
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18 Giugno 2015 - 18.28


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di Maurizio Blondet.


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Il Comitato di Verità sul Debito Pubblico, creato due mesi fa ad Atene dal parlamento ellenico, ha dato il suo rapporto.

In esso si legge: “Tutte le prove che presentiamo mostrano che la
Grecia non solo non ha la possibilità di pagare questo debito, ma che
non deve pagare questo debito, prima di tutto perché il debito che
emerge dagli arrangiamenti della Troika è una diretta violazione dei
diritti umani fondamentali degli abitanti di Grecia, Da cui siamo giunti
alla conclusione che la Grecia non ha da pagare questo debito in quanto
illegale, illegittimo ed odioso”.

[zerohedge.com]
 

Un’altra frase va sottolineata perché è semplicemente, la verità: “E’
risultato al Comitato che l’insostenibilità del debito pubblico greco
era evidente fin dall’inizio ai creditori internazionali, alle autorità
elleniche, ai media del sistema. Ma le autorità elleniche, insieme con
altri governi nella UE, hanno cospirato contro la ristrutturazione del
debito pubblico nel 2010 onde proteggere le istituzioni finanziarie, I
media del sistema hanno nascosto la verità
al pubblico
dipingendo una situazione in cui il salvataggio era detto essere a
beneficio della Grecia, mentre si agitava una narrativa intesa a
dipingere la popolazione come colpevole delle sue disgrazie”.
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“..La crescita del debito non è dovuta ad una spesa pubblica eccessiva,
che di fatto è rimasta più bassa della spesa pubblica di altri paesi
dell’eurozona, ma al pagamento di tassi d’interesse estremamente alti ai
creditori, a spese militari eccessive e ingiustificate (i sottomarini
tedeschi, ndr.), a perdita di introito fiscale causato da fuga illecita
di capitali, da ricapitalizzazione a carico dello stato di banche
private, e dagli sbilanci internazionali creati attraverso le falle nel
progetto dell’Unione Monetaria stessa”.

“Diversi argomenti legali consentono ad uno stato di ripudiare
unilateralmente il suo debito illegale, odioso ed illegittimo. Nel caso
greco, tale atto unilaterale può essere basato sulla malafede dei
creditori che hanno spinto la Grecia a violare la leggenazionale e le
obbligazioni internazionali relative ai diritti umani; alla preminenza
dei diritti umani sugli accordi che i precedenti governi hanno contratto
con la Troika; dalla coercizione; dai termini sealli che apertamente
infrangono la sovranità e la costituzione greca; e infine dal dititto
riconosciuto nelle norme internazionali per uno stato di prendere
contromisure contro atti illegali dei suoi creditori, i quali
volontariamente danneggiano la sua sovranità di bilancio , la obbligano
ad assumere un debito illegittimo, illegale ed odioso…”

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L’Italia dovrebbe imitarli


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E’ una sfida all’eurocrazia, al mostro freddo che è diventata
l’Europa. Non so prevedere quale sarà la punizione che il mostro freddo
farà pagare, pur di mantenere salda la gabbia in cui rinchiude tutti
noi. Dico che questo atto di coraggio ricorda i trecento alle Termopili;
un piccolo popolo contro i giganti, senza alcuna speranza, armato solo
della sua dignità. Pronto a soffrire il soffribile per difendere la
sovranità contro i “trattati”. Un cittadino greco ha detto: “Possono
prenderci i soldi, ma non possono strapparci i nostri cuori ed anime.
Viviamo per la nostra dignità”.

Sì, queste sono le Termopili d’Europa. Il mostro vincerà e passerà sopra
i greci, nostri fratelli; dovremmo aiutarli, essere al loro fianco.
Perché sconfitti loro, il mostro freddo divorerà anche noi – noi senza
dignità da difendere.

Ci vuole il coraggio, una volta tanto. Il coraggio che mancò al
‘venerato maestro’ Guido Carli, uno di quelli che “ci hanno portato in
Europa”, anche se ne vedeva le falle e i trucchi,e ne previde
esattamente gli esiti.Vide una Repubblica federale tedesca egoista, la
cui politica “mal si concilia con quella della integrazione europea (…) e
ricorda quella della Germania guglielmina: conquista dei mercati
attraverso metodi contrari a quelli della concorrenza; progressiva
esclusione dai mercati dei concorrenti meno agguerriti; crescente
ricorso ad espedienti contrari ai principi della concorrenza per
estendere le sfere d’influenza”.

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Sono parole del 1953. Vedeva già quello che sarebbe successo, Carli. Non
manca a volte l’intelligenza, ma all’italiota manca – sempre – il
coraggio e la dignità.

Le riferisce il giornalista parlamentare Angelo Polimeno nel suo “Non chiamatelo euro – Germania, Italia e la vera storia di una moneta illegittima” (Mondadori).


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L’aggettivo “illegittimo” è lo stesso usato dal parlamento greco.
Polimeno spiega: il Trattato di Maastricht permetteva all’Italia un
adeguamento “tendenziale” alla riduzione del debito pubblico e del deficit, con la possibilità di “ricorso all’indebitamento per
cogliere le occasioni favorevoli” alla ripresa e alla crescita. La
feroce durezza del patto di stabilità, che ci obbliga a rientrare dal
debito a tappe forzate al ritmo di 50 miliardi annui di per 20 anni,
sotto “la costante sorveglianza” della Commissione (leggi: di Berlino),
alla quale dobbiamo presentare i nostri bilanci; e che ci può imporre se
sgarriamo “sanzioni finanziarie” fino allo 0,5 per cento del Pil,
aggiungendo salasso a salasso – tutto ciò non è nel Trattato.
E’ stato inserito come “regolamento” (in pratica due: il 1466 e 1467
del 1997) del Consiglio: ossia da un provvedimento di rango inferiore,
che non avrebbe il potere di revisionare un Trattato che è
costituzionale.

E’ stata la Germania con Parigi a volerlo per evitare una ridiscussione
di Mastricht, che i popoli avevano già dato segno di voler respingere;
un simile trucco ha consentito ai poteri forti di inserire le norme
punitive, che ci strangolano per sempre, “sotto forma di protocollo
aggiuntivo che non richiede neppure una ratifica da parte dei parlamenti
nazionali.  

Ma sono stati i politici e i “tecnici” italiani
a inserire queste norme-capestro, illegittime fin dal principio, nella
nostra legislazione. Fino al punto da consacrare il ‘fiscal compact’ –
ossia l’obbligo di rientro a 50 miliardi l’anno per 20 anni, sotto la
sorveglianza degli stranieri – nella Costituzione. Il nostro parlamento
l’ha ratificato a maggioranza enorme: 380 a favore e soli 56 no. I nostri sindacati non hanno aperto bocca. I nostri media, silenzio totale.
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Hanno firmato, e dunque hanno impegnato noi tutti, ad obbedire a
“provvedimenti senza eguali in nessun altro contesto federale o
confederale”. L’impegno al rientro di un ventesimo l’anno del debito
eccedente il 60% del Pil? 

“Nessun paese al mondo sarebbe in grado di
sostenere un simile onere. Onorarlo significa intervenire pesantemente
sullo stato sociale, aumentare la disoccupazione, mettere in discussione
la previdenza” e – soprattutto – “rinunciare ad investire in funzione
dello sviluppo della nazione”. All’Italia è stato chiesto “di precludere
a se stessa ogni possibile prospettiva di ripresa e rinunciare alla
propria sovranità, rassegnandosi a un declino economico e sociale
traumatico e spedito”.

E’ dal 1999, ossia dall’entrata in vigore del capestro, che l’Italia
declina. A questo e solo a quertso dobbiamo la caduta del Pil, la
disoccupazione dei giovani che non trovano il primo lavoro, la chiusura
di centinaia e centinaia di imprese, il degrado delle infrastrutture, i
“i casi numerosi di suicidi di piccoli imprendoitori e lavoratori: che
corrispondono ad altrettanti fattori produttivi perduti, ossia in
definitiva a perdita di ricchezza” (Giuseppe Guarino, giurista ed economista, inascoltato critico di questo ‘europeismo’).

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Personaggi che rispondono ai nomi di Ciampi, Draghi, Padoa, Prodi,
Monti, hanno messo la testa della nazione sulla mannaia, ed hanno
chiesto al boia, per favore, di legarci le mani dietro la schiena così
non possiamo ribellarci.

Adesso, provare a divincolarsi e sottrarsi alla mannaia, richiede più
coraggio ancora, più sacrifici ancora – si tratta di rigettare norme che
abbiamo accettato e firmato (ossia che governi illegittimi hanno firmato a nostro carico).

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La strada sarebbe denunciare l’irregolarità del regolamento che ha
modificato il Trattato. Puntare ai passi che, nel Trattato di
Maastricht, danno agli stati che hanno mantenuto la propria valuta di “aderire all’euro in qualsiasi momento successivo”:
una dizione, secondo Guarino, che implica anche la liceità del
contrario: la possibilità di uscire dall’euro senza dover uscire
dall’Unione Europea, da cui i poteri stranieri minacciano di escluderci.


La ribellione è necessaria, forse la rivoluzione : e richiede oggi
coraggio e sacrifici – molti più di quelli che avremmo dovuto sopportare
se con dignità avessimo rifiutato di entrare nel complotto europeo per
la nostra deindustrializzazione.

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Adesso, la Grecia ci dà l’esempio. Gliela faranno pagare, se non siamo al suo fianco. E con essa, saremmo perduti anche noi.

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