Il pozzo e il pendolo

Puntare a un mondo de-imperializzato e non ostaggio dell’accumulazione infinita: i prezzi da pagare, per noi Occidentali, saranno comunque minori [Piotr]

Il pozzo e il pendolo
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18 Febbraio 2016 - 19.32


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di
Piotr
.

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Fulvio Scaglione e Raffaele Sciortino nei loro ultimi articoli hanno
sintetizzato cause ed effetti della crisi sistemica che sta vivendo uno showdown
drammatico.

Gli effetti, come dice Scaglione,
sono una maionese impazzita di azioni devastanti e caotiche da parte dell’Impero, che non è certo quello che Michael
Hardt e Toni Negri descrivevano in un libro proprio alla vigilia dell’11/9, un
libro che è stato tanto famoso quanto capace di appannare la già scarsa visione
della sinistra.

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L’Impero, cioè il dominio imperiale
globale, sono gli Usa e i suoi strumenti, tra cui la Nato. Punto. Così come
durante la precedente crisi sistemica l’Impero era quello britannico. Tutti gli
altri contendenti erano, appunto, contendenti, non imperi mondiali, anche se si
fregiavano di titoli imperiali.

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Da quel famigerato 11/9 la macchina
della guerra si è mossa senza posa. Il perché ce lo dice Sciortino: il mancato
rilancio dei profitti a seguito di un’inondazione di soldi, ha aggravato la
crisi e ora obbliga i suoi gestori a cercare in tutti i modi di scaricarla il
più possibile sugli altri.

Per dirla in maniera figurata,
Sciortino ci avvisa che con le armi l’Impero sta cercando di imporre al resto
del mondo di diventare una pattumiera di
capitali
.

Un resto del mondo che scorre per li
rami delle gerarchie imperiali: prima il Regno Unito, poi il Giappone, poi la Germania,
poi la Francia e così via. Gli ultimi sarebbero, nei piani, i paesi fuori
storicamente dall’area Occidentale.

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Perché c’è bisogno di un’enorme
pattumiera di capitali? A causa della loro immensa sovraccumulazione dovuta all’ennesimo rallentamento fin sotto i
“limiti tollerabili” del profitto industriale e commerciale che ha seguito una
fase espansiva senza precedenti, cioè quella del “ventennio d’oro” seguito alla Seconda Guerra Mondiale, da cui è
iniziata la sovraccumulazione. Quella crisi di sovraccumulazione persiste e si
è aggravata in modo fenomenale.

Sovraccumulazione vuol dire che il
processo di accumulazione del capitale ha generato troppi capitali in relazione alla possibilità di investimento
profittevole
. Quei capitali allora hanno due strade davanti:

a) Vengono “macellati”, come diceva Marx,
cioè svalorizzati, diventano carta straccia. E’ ciò a cui oggi si è obtorto
collo arrivati dopo che per decenni si è cercato di evitare perseguendo
l’opzione successiva.

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b) Vengono investiti in manovre speculative, cioè in ricerca di
rendite, in ricerca di interessi che
non hanno più nessun rapporto col profitto reale, cioè industriale e
commerciale (cosa destinata per forza di cose a creare un circolo vizioso). Speculazioni
sui cambi, le prime ad apparire e sempre in auge, speculazioni sui debiti
pubblici, su quelli privati, speculazioni sulla concorrenza per i capitali da
parte dei paesi emergenti, speculazioni sui debiti incrociati, e via così tutto
l’armamentario delle bolle speculative che si sono succedute una dopo l’altra a
partire dalla fine della Reaganomics.

Il risultato è stato un aumento
esponenziale proprio della sovraccumulazione. Una figura per tutte: il valore nominale dei derivati è più del
1000% del PIL mondiale. Ovvero ci vorrebbero 10 Terre per redimerlo. Va là,
diciamo solo 8 Terre se mettiamo in conto le “leve finanziarie” di
prassi (leve per che cosa, si capisce sempre meno).

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I quantitative easing,
compreso quello di Draghi, non hanno
funzionato perché il profitto non è ripartito in misura proporzionale. E’
questo che giustamente sottolinea Raffaele Sciortino.

E il bello è che lo si sapeva fin da
prima. Come fa a ripartire il profitto in modo proporzionale al 1000% del PIL
mondiale, tanto per usare solo la figura precedente? Tutti lo sapevano che non
funzionava. Lo dicevano la logica e l’esperienza storica. Tutti sapevano che il 90% dei quantitative easing
serve a generare nuove bolle speculative e non a rilanciare il commercio e
l’industria
. Tutti i governatori delle banche centrali, dalla FED alla BCE,
lo sapevano e lo sanno.

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E allora? Allora lo fanno perché non
sanno cos’altro fare. Il Titanic sta
affondando e le scialuppe di salvataggio sono poche, i salvagente anche,
cerchiamo di far galleggiare chi può. Anni di studi prestigiosi e miliardi di
neuroni mobilitati per arrivare a questo!

Non sono stupidi o ignoranti, come
pretende tutto quello stuolo di commentatori che parla di “errori”. Non stanno
per nulla “sbagliando”, la sanno lunga. Ma sono stati messi nel ruolo dei
sacerdoti di una religione che come altare ha l’incudine e il martello e come
vangelo per i fedeli il pozzo e il
pendolo
. Anzi, già tanto che finora si sono riusciti a barcamenare.

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Si è tentato di coinvolgere la Cina,
la Russia, l’India, il Brasile, i vari paesi emergenti. Si è dato un nome a ciò: globalizzazione.
Ma la sovraccumulazione ha origine nello stupefacente sviluppo (keynesiano!)
del dopoguerra in Occidente. La crisi sistemica scoppia negli Usa nel 1971 col
Nixon shock, la dichiarazione d’inconvertibilità
del Dollaro in oro
.

I Brics e tutti gli altri hanno quindi cercato di partecipare al
gioco fin quando è stato più o meno equo. Ma quando hanno visto che la
prospettiva era quella di vedersi scaricare addosso le contraddizioni
accumulate dall’Occidente storico capitalistico, hanno iniziato lentamente, e a
volte precipitosamente come in Argentina, a defilarsi.

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Ma defilarsi vuol dire spaccare il mercato mondiale e questo vuol dire
aggravare la crisi in Occidente e, soprattutto, togliere all’Impero la sua arma
soft d’elezione: il Dollaro come moneta di pagamento internazionale.
Proprio quel Dollaro che dal 1971 non ha più alcun riferimento metallico, ma
solo politico-speculativo (i titoli
del Tesoro Usa), politico-militare
(la superpotenza degli Usa) e politico-culturale
(le idee dominanti).

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Queste sono le leve, sempre più hard,
sempre più aggressive, che l’Impero sta utilizzando per tenere agganciato il
mondo e cercare di scaricargli addosso le contraddizioni che ha accumulato. Per
far questo deve, paradossalmente, minacciarlo e quindi alienarselo, nella
speranza che capitoli. Gli “errori” (e
orrori) della politica estera statunitense affondano le loro radici in questa contraddizione reale, non in incapacità
strategiche.

Certo, ci può essere una tattica
migliore o peggiore dell’altra (anche per il resto del mondo), ma Obama, tanto
per fare un nome, la Merkel, per farne un altro, sono anche loro sacerdoti che
officiano sull’altare dell’incudine e del martello e mettono i popoli tra il
pozzo e il pendolo.

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Se la politica aggressiva
dell’Impero ha da una parte accelerato le misure di sganciamento di Cina,
Russia e il loro più o meno fedeli seguaci, la partecipazione alla globalizzazione
a guida imperiale ha lasciato i suoi segni. Per dirla con un’espressione
antropologica, quei paesi hanno perso
l’età dell’innocenza
. I fattori della crisi occidentale stanno dentro il
loro organismo e anche alcuni meccanismi importanti. Non solo capitali
incrociati, debiti/crediti incrociati, non solo esportazioni e importazioni, ma
anche fattori politico-culturali e quindi istituzionali.

Se questi fanno fatica a sfondare
del tutto in paesi sufficientemente tetragoni come la Cina (che quindi deve essere
pungolata coi diritti umani e con gli Occupy Central), e seppure la Russia
rivendichi discretamente una propria specificità culturale, da corrodere con
quel che si può, ad esempio con polemiche sui diritti gay (e facendosi venire
l’itterizia perché il papa Francesco
ha incontrato il patriarca Kirill
I), pur scontando queste resistenze, fattori e meccanismi “alieni” stanno
svolgendo il loro lavoro di erosione.

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Uno per tutti. In Russia la Banca Centrale è autonoma dalla politica, come qui da noi. Questo è
un fattore istituzionale, evidentemente importato. Come se non bastasse,
sebbene la Banca Centrale abbia l’obbligo costituzionale di stabilizzare il Rublo,
e sebbene la Banca Centrale abbia abbondanti strumenti per farlo (basti pensare
che ha riserve pari al doppio dei rubli circolanti – una sciccheria
inarrivabile per Dollaro ed Euro), ebbene non lo fa e il Rublo fluttua in modo
così preoccupante da bloccare gli investimenti, sovraccaricare i pagamenti e
minare le basi di una ripresa economica che ad onta degli embarghi sarebbe,
secondo gli accademici russi, nell’ordine del 10%.

Eppure Putin continua ad esprimere
fiducia nei dirigenti della Banca Centrale. Perché lo fa? Non lo so. Non certo
perché non capisca cosa sta succedendo. La politica imperiale punta alla capitolazione della Russia congiungendo
la pressione militare (perseguita
aggressivamente al costo di ammazzare centinaia di migliaia di civili che fino
al giorno prima vivevano tranquilli) agli effetti dell’embargo sui prestiti di
lungo periodo
supplementato, guarda caso, dal non-embargo sugli investimenti
speculativi
. Quest’ultima è una doppietta che complementata dall’inerzia della Banca Centrale sta
minando l’economia russa.

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Putin queste cose le sa benissimo,
non foss’altro perché gliele dice tutti i giorni il suo consigliere economico,
l’accademico Sergei Glazyev. Eppure finora si è preoccupato di
resistere alla pressione militare e, in Siria, passare al contrattacco, ma non
batte ciglio sulla politica monetaria.

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Finisco qui, anche perché mi è già
difficile ipotizzare cosa pensano i potenti, figurarsi un potente impassibile
come Vladimir Putin.

Prima però un appello a chi decide
in Italia e in Europa, che verrà detto inutile:

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Fate desistere gli Usa dai loro
piani forsennati, perché come sbocco c’è solo una guerra mondiale.

Aiutateli a de-imperializzarsi, da
soli non ce la faranno.

Puntate a un mondo de-imperializzato
e non ostaggio dell’accumulazione infinita: i prezzi da pagare, per noi
Occidentali, saranno comunque minori e largamente ricompensati da un mondo
riunificato e non distrutto
.

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L’appello è ai decisori, ma prima di
tutto è rivolto a tutti noi, perché senza di noi non riusciranno a prendere la
decisione giusta se non dopo aver tentato tutte quelle sbagliate.

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E per prima cosa, se non siamo innanzitutto
preoccupati noi per la guerra, come si può pensare che lo siano loro? Se non diciamo
in primo luogo noi “No alla Guerra!”, con decisione, pensate che siano in grado
di farlo loro?

Questo sì che sarebbe un pensiero
inutile.

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