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Dopo una giornata trascorsa sotto un sole cocente, senza né cibo né acqua, Pino Masciari finalmente sorride di fronte all”ultimo capitolo di una calvario iniziato nel lontano 18 ottobre 1997.
“Io mi sto rivolgendo alle alte cariche dello Stato non è possibile che questa macchina farraginosa metta una famiglia per bene nella condizione di non poter più vivere. Parte delle istituzioni forse non hanno ancora capito da che parte stare?
Io oggi ho ancora fiducia, ho consegnato a loro la mia vita”.
Con queste parole, raccolte da un collega di Radio 24, inizia la mattinata che segna il lunghissimo 12 maggio di Pino Masciari, in presidio assieme a tanti amici e sostenitori davanti al Quirinale. Una giornata di sciopero della fame e della sete per chiedere allo Stato il riconoscimento dell”inalienabile diritto alla sicurezza per un cittadino onesto che ha osato alzare il coperchio su sull”organizzazione mafiosa più potente al mondo: la ”Ndrangheta.
Diventato il principale testimone di giustizia italiano, Masciari entra in uno speciale programma di protezione. Svela i poteri occulti di politici e mafiosi, i loschi affari dei capi delle quattro province calabresi; testimonia in tutti i principali processi questo sistema di collusione costituendosi come parte civile offesa, ma più volte denuncia di sentirsi in pericolo per la propria vita e per quella dei suoi familiari. Gli spostamenti durante i processi avvengono spesso senza auto blindata e senza scorta, con la targa della località protetta; mancano in molte occasioni i necessari documenti di copertura per la protezione delle loro identità ; continua a subire minacce ravvicinate e intimidazioni.
Il 28 luglio del 2004, dalla Commissione Centrale del Ministero degli interni perviene una notifica che vieta ai Masciari il ritorno nella località di origine perché ” sussistono gravi ed attuali profili di rischio” per la loro vita. Tre mesi dopo, inspiegabilmente la stessa Commissione gli notifica il termine del programma speciale di protezione mettendo in pericolo l”incolumità fisica dell”imprenditore mentre i processi sono ancora tutti in corso.
Nel gennaio del 2005 dopo un ricorso al Tar, Masciari ottiene il riconoscimento ufficiale al diritto di protezione, fino alla sentenza definitiva, accompagnamento di cui è stato però nuovamente privato proprio dal Ministero dell”Interno.
Dopo altri quattro anni, lo scorso gennaio il Tar del Lazio pronuncia la sentenza riguardo al ricorso e stabilisce “l”inalienabilità del diritto alla sicurezza” e quindi “l”impossibilità di sistemi di protezione o programmi a scadenza temporale predeterminata” e ordina al Ministero di attuare il programma di sicurezza, reinserimento lavorativo e sociale e un risarcimento danni.
Non avendo ricevuto alcuna risposta dalla Commissione Centrale, l”ultima risorsa è sembrata all”imprenditore quella di adottare una linea dura.
“Sono più di 20 anni che combatto questo sistema di illegalità che oramai è diventata la normalità nel nostro Paese. Sono un imprenditore che ha voluto avere giustizia, sulla base e nel rispetto della nostra costituzione, – ha dichiarato Masciari – una delle famiglie che ho denunciato oggi esce alla ribalta per aver messo le mani sulla Tav, sui lavori della ferrovia e dell”Expo del 2015 in Lombardia e in Emilia Romagna. Subiscono le condanne ma sono sempre più vivi, sempre più infiltrati all”interno delle istituzioni”.
In una giornata così difficile la tensione è stata sfiorata più di una volta tra le forze dell”ordine e presidianti che accompagnavano Masciari. Alla fine l”appello al Presidente della Repubblica è stato accolto, nei prossimi giorni ci dovrebbe essere l”incontro ufficiale per dare attuazione alla sentenza del Tar del Lazio.
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