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Reggio Calabria. Il Santuario di Polsi da tempo non fa parlare di sé solo per le celebrazioni religiose in onore della Madonna della Montagna previste per il due settembre.
Lo chiamano il “santuario della ”ndrangheta” (termine rifiutato dai vertici della Diocesi di Locri, secondo la quale la chiesa in cui si venera la Madonna della Montagna è soltanto un luogo di culto) perché per anni l”organizzazione criminale si è riunita nel cuore dell”Aspromonte per prendere decisioni importanti che riguardavano tutte le famiglie. Summit dall”alto valore simbolico in cui a lungo i mammasantissima discutevano per concordare strategie, affari e spartizione di potere.
A confermare l”importanza del luogo è stata anche la più recente inchiesta denominata “Crimine”, che il 13 luglio scorso ha portato all”arresto di oltre trecento persone e che ha permesso di documentare con riprese ed intercettazioni la celebre riunione in cui venivano ratificate le cariche per la “Provincia”, struttura di riferimento per l”organizzazione delle famiglie della Calabria e non solo. Nel cuore della notte del 31 agosto 2009 gli investigatori hanno filmato, fotografato e soprattutto identificato i partecipanti, imbeccati dalle intercettazioni registrate nei giorni precedenti alle celebrazioni religiose.
Così si è scoperto che il Capo della “Provincia”, o “Crimine”, era don Mico Oppedisano, di Rosarno dopo una lunga trattativa culminata con l”accordo raggiunto il 19 agosto in occasione di un matrimonio d”onore. A San Luca si erano sposati Elisa Pelle, figlia di Peppe Pelle (detto “Gambazza”, capo indiscusso della cosca guidata in precedenza dal padre) e Giuseppe Barbaro, figlio di Pasquale (inteso “U castanu”) e in occasione del banchetto nuziale nella locride erano arrivati tutti i capimafia calabresi sparsi in diverse parti d”Italia e non solo. In quell”occasione i boss avevano discusso e deciso ruoli e compiti. Il “Capo crimine” spettava alla tirrenica. Il “Capo società ” era andato a Reggio Calabria, rappresentata da Antonino Latella. Del ruolo di “Mastro di giornata” era stato insignito Bruno Giuffrè di San Luca. E a Rocco Morabito era stato ricnosciuto il ruolo di “Mastro Generale”. Infine il “Contabile”, che era stato preteso ed ottenuto dai platioti, ma che i magistrati non hanno potuto identificare. Cariche ratificate nel segno della tradizione a Polsi proprio i giorni della festa della Madonna.
Una carica quella di Capo Crimine che ruota di anno in anno, tra i vertici dei diversi “mandamenti” (Jonico, Tirrenico e Reggio Centro) già individuati dall”operazione “Armonia”.
Ruolo del “Capo crimine” e della Provincia è quello di controllare ed assegnare le cariche tra le varie Locali anche se le stesse mantengono una certa autonomia.
Una sorta di organismo di controllo volto a far rispettare le regole e risolvere le questioni irrisolte tra gli affiliati.
Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che da anni lavora alle indagini per la lotta alla ”Ndrangheta ha evidenziato comunque importanti differenze tra la “Crimine” e la ”Ndrangheta: ””la vera novita” di questa indagine – ha detto i giorni successivi agli arresti – è che il Crimine non è una struttura esecutiva, come pensano molti, ma un organo politico. Se posso fare un paragone è come il presidente di un Consiglio regionale e non di una Giunta regionale. Questa struttura fa osservare le regole della ”ndrangheta. Non è quella destinata a fare affari, non è quella che ordina ”comprate 200 chili di cocaina”. Fare osservare le regole della ”ndrangheta significa, ad esempio, fare chiudere un locale di ”ndrangheta, per motivi vari. Ed è successo: a Locri il locale di quel paese è stato chiuso per i contrasti interni alle varie cosche. Per cui anche queste sorprese che arrivano oggi per il ruolo che quest”indagine ha disegnato per Oppedisano deriva dal fatto che in taluni ambienti, anche deputati alla lotta al crimine, si fa fatica a capire che cosa è oggi davvero la ”ndrangheta, un misto fra vecchio e nuovo””. Per Gratteri le novità disegnate dall”inchiesta sono dunque due: ””Una maggiore conoscenza della struttura del Crimine e, a dispetto di tanti santoni dell”antimafia e presunti esperti di ”ndrangheta, il ruolo decisivo delle famiglie di Reggio Calabria e provincia. Questa indagine, in sostanza, ci ha detto, sempre a dispetto di coloro i quali sostenevano che le famiglie di ”ndrangheta del nord si erano autonomizzate, che non è cosi”. E l”esempio è l”omicidio Novella, ammazzato proprio perchè aveva deciso di prescindere dalla ”ndrangheta reggina””.
Dopo i fatti accaduti lo scorso anno, difficile pensare ad una nuova presenza degli esponenti del clan tra i pellegrini anche perché l”attenzione di investigatori e forze dell”ordine sarà massima: “Quest”anno, dopo l”operazione Crimine sarà difficile che a Polsi, in occasione della Festa della Montagna, possa ricrearsi una concentrazione di affiliati alla ”ndrangheta come quella dello scorso anno – ha detto uno di loro all”Ansa – Anche perchè la gran parte è ancora in galera. C”è anche chi ha compreso che la presenza alla festa può rappresentare un”esposizione pericolosa e preferisce dunque non partecipare”. Del resto le grandi decisioni si possono prendere anche in altri momenti ed in luoghi molto meno affollati.
Tratto da: antimafiaduemila.com‘