Piazza della Loggia: una sentenza indegna per un Paese democratico

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18 Novembre 2010 - 12.07


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di Nicola Tranfaglia

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I trentasei anni che sono passati dall”esplosione avvenuta la mattina del 28 maggio 1974 in piazza della Loggia a Brescia uccidendo otto persone innocenti e ferendone più di cento fu di sicuro opera di Ordine Nuovo e dei terroristi neri legati in qualche modo ai servizi segreti della repubblica o una parte di essi. Dal punto di vista storico è difficile uscire da questa verità che riguarda la strage di piazza Fontana a Milano e altri episodi minori accaduti in quell”arco di tempo.

Quello che la magistratura di Brescia, in questa ultima vicenda giudiziaria che è la terza in quasi quarant”anni,non ritiene di esser riuscita ad accertare è la specifica colpevolezza dei cinque imputati anche perché la repubblica italiana continua ad opporre il segreto di Stato su aspetti di quelle vicende che sono indegni di un paese libero e civile.
Nè il parlamento è riuscito a capire come eliminarlo, almeno negli aspetti essenziali, né ha trovato la volontà necessaria per farlo malgrado esistesse forse una maggioranza per procedere.
Insomma la sentenza di Brescia ha riportato gli italiani alla condizione sciagurata in cui è il paese da più di settanta anni: non poter piangere i propri morti, non sapere per via giudiziaria chi sono i veri colpevoli delle stragi che hanno insanguinato l”Italia dopo la seconda guerra mondiale come se vivessimo ancora in una dittatura e non in una democrazia parlamentare retta da una costituzione che sulla carta è tra le più avanzate dell”Occidente.
E” una condizione dolorosa e terribile. Sento le parole di Manlio Milani, presidente dell”associazione delle vittime di Brescia, che conosco da tanti anni, dire che gli otto corpi di piazza della Loggia non avranno pace né riposo dopo questa sentenza e non posso che dargli ragione perché la vicenda ricorda le donne delle piazze di maggio in Cile e in Argentina con gli oppositori del regime scomparsi e mai più ritrovati.
Non è una condizione degna di un paese democratico, di un paese civile. E non possiamo accettare l”ennesimo tentativo di far dimenticare ai giovani, a quelli che non c”erano quel giorno a Brescia e in Italia e non hanno il ricordo lancinante che noi abbiamo avuto per più di trent”anni.
E” necessario reagire come paese e opinione pubblica. I magistrati, credo, possono aver sbagliato. Ma il problema è quello del segreto di stato ancora mantenuto e dell”atmosfera del paese,del clima culturale che caratterizza l”Italia,della scarsa volontà di conservare la memoria e di coltivare e capire il nostro paese.
E” da queste cose che dobbiamo cominciare se vogliamo reagire e superare un momento di crisi e di difficoltà di cui la sentenza di Brescia è una ennesima prova.
Spero che, in tempi ragionevoli, sia possibile superare l”egemonia del populismo autoritario che ancora ci governa e ritornare a una democrazia sociale moderna come quella a cui vecchie e giovani generazioni hanno diritto. E che sulla storia dell”ultimo settantennio si faccia chiarezza sul piano storico ma anche su quello giudiziario se i magistrati potranno andare oltre il segreto di stato e gli arcani ancora resistenti della repubblica.

Visita: nicolatranfaglia.com

Tratto da:
antimafiaduemila.com

 

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