'«Dell''Utri fu mediatore tra boss e Berlusconi»'

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20 Novembre 2010 - 09.32


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Palermo. Il senatore Marcello Dell”Utri avrebbe svolto negli anni ”80 un ruolo di «mediazione» tra Cosa nostra e l”allora imprenditore Silvio Berlusconi.

MOTIVAZIONI SENTENZA ALL”INTERNO!

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È quanto scrivono i giudici della Corte d”Appello di Palermo che lo scorso 29 giugno hanno condannato a 7 anni di carcere il politico accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Come scrivono i giudici, presieduti da Claudio Dall”Acqua, Marcello Dell”Utri «ricorrendo all”amico Gaetano Cinà e alle sue ”autorevolì conoscenze e parentele, ha svolto un”attività di ”mediazione” quale canale di collegamento tra l”associazione mafiosa Cosa nostra, in persona del suo più influente esponente dell”epoca, Stefano Bontade e Silvio Berlusconi, così apportando un consapevole rilevante contributo al rafforzamento del sodalizio criminoso al quale ha procurato una cospicua fonte di guadagno illecito rappresentata da una delle più affermate realtà imprenditoriali di quel periodo».

I giudici hanno insomma confermato quanto sostenuto sia in primo che in secondo grado dall”accusa. Secondo la Corte d”Appello la mediazione tra i boss mafiosi e il premier Silvio Berlusconi sarebbe durata per circa vent”anni, una mediazione che avrebbe consentito a Cosa nostra «con piena coscienza e volontà, di perpetrare un”intensa attività estorsiva ai danni del facoltoso imprenditore milanese (Berlusconi, ndr) imponendogli sistematicamente il pagamento di ingenti somme di denaro in cambio di ”protezionè personale e famigliare». Però gli stessi giudici hanno sottolineato nella sentenza, lunga più di 600 pagine, che non è stato provato il patto politico-mafioso tra Dell”Utri e Cosa nostra. Secondo l”accusa, invece, il senatore nel 1994 avrebbe stipulato un «patto di scambio». «Non risulta provato nè che l”imputato Marcello Dell”Utri abbia assunto impegni nei riguardi del sodalizio mafioso nè che tali pretesi impegni siano stati rispettati». Infine i giudici hanno anche parlato dello ”stallierè di Arcore, Vittorio Mangano, che non sarebbe stato assunto per occuparsi dei cavalli bensì per impedire che all”allora imprenditore Silvio Berlusconi potesse accadere qualcosa.

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PER LEGGERE LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Depositate motivazioni condanna a 7 anni

19 novembre 2010
Palermo. Sono state depositate oggi presso la Cancelleria della seconda sezione della Corte d”Appello di Palermo le motivazioni della sentenza di condanna del senatore Pdl Marcello Dell”Utri, che lo scorso 29 giugno è stato condannato a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Il politico, che ha sempre respinto le accuse, è stato condannato per i fatti che gli vengono contestati fino al 1992 e assolto per quelli successivi. In primo grado, Dell”Utri, era stato condannato a 9 anni di reclusione. La Corte d”Appello era presieduta da Claudio Dall”Acqua, giudici a latere Sergio La Commare e Salvatore Barresi. Nella sentenza i giudici hanno sottolineato il ruolo che avrebbe svolto Marcello Dell”Utri come «mediatore» tra la politica e Cosa nostra. Nelle motivazioni i giudici fanno anche riferimento allo «stalliere» di Arcore Vittorio Mangano che sarebbe stato assunto, come aveva affermato l”accusa, per garantire la «incolumità», del premier Silvio Berlusconi.

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Ingroia: ””Sentenza Dell”Utri conferma nostro impianto accusatorio””

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19 novembre 2010
Palermo. «Dalla lettura dei primi stralci delle motivazioni della sentenza d”appello di condanna a 7 anni del senatore Marcello Dell”Utri, non posso che esprimere soddisfazione perchè è un”ulteriore conferma della bontà dell”impianto accusatorio del processo di primo grado». Lo ha detto all”ADNKRONOS il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, commentando le motivazioni della sentenza di secondo grado del processo a carico del senatore Pdl Marcello Dell”Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. «Bisogna leggere con attenzione la parte della sentenza che riguarda il patto politico-mafioso», ha detto ancora Ingroia parlando del capitolo nel quale i giudici d”appello di Palermo sostengono che non c”è una prova certa «nè concretamente apprezzabile» che tra il senatore Dell”Utri e Cosa nostra sia stato stipulato un patto politico-mafioso. Commentando poi della parte della sentenza in cui i giudici d”appello hanno assolto Dell”Utri per i fatti di mafia nel periodo successivo al 1992, il procuratore aggiunto spiega: «ma il grosso dell”impianto accusatorio, anche in primo grado, era quello che riguardava il periodo antecedente al 1992. Era quello il nucleo vero dell”accusa». Poi Ingroia sottolinea: «è stata confermata, insomma, la nostra impostazione e anche quella dei giudici di primo grado che non avevano dato spessore al patto politico-mafioso». Poi, Ingroia ribadisce: «se ci saranno i margini per ricorrere in Cassazione la Procura generale, se lo riterrà opportuno, lo farà».

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A cura di www.antimafiaduemila.com.

 

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