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Cinquant”anni per fare un carcere per cento detenuti. È ciò che succede a Gela dove esiste un “carcere fantasma” progettato nel 1959 e approvato definitivamente nel 1978. I lavori di questo carcere iniziarono nel 1982. Il complesso è costato oltre cinque milioni di euro ed è stato consegnato all”amministrazione penitenziaria nel 2009, ma a tutt”oggi non è utilizzato e il Comune sborsa per sorvegliarlo.
Nel frattempo però la cosa incredibile è che ha avuto ben due inaugurazioni: l”ultima nel 2007, con una cerimonia allietata da Clemente Mastella, a quel tempo Guardasigilli.
Questo caso, così come altri, è stato scoperto dall”Associazione “Il Detenuto Ignoto”: secondo i dati raccolti sarebbero ben quaranta le strutture penitenziarie nella stessa condizione, da Ferrara a Reggio Calabria, da Pesaro a Monopoli. Strutture costruite, talvolta già arredate, e poi lasciate lì, vuote e mai utilizzate.
Il “dossier” in questione, entrando nel dettaglio, segnala moltissime strutture ancora chiuse: il carcere di Irsina, poco distante da Matera, in Basilicata, un”opera degli anni ottanta costata più di 3 miliardi di lire, tenuta aperta giusto un annetto e poi svuotata e sprangata; nel barese Minervino Murge, carcere completato ma mai aperto; a Monopoli il carcere è abbandonato da 30 anni, ma la struttura è stata occupata dagli sfrattati; in provincia di Foggia la struttura di Volturata Appula è un”incompiuta, ma Castelnuovo della Daunia, che pure è stato completato fino al mobilio, resta chiuso. Chiusi anche Bovino, 120 posti, e Orsara; e ancora, il carcere campano di Gragnano, in provincia di Napoli: neanche il tempo di tagliare il nastro inaugurale e aprirlo formalmente, ed è stato subito chiuso; lo spreco regna anche a Morcone, in provincia di Benevento, mai entrato in funzione.
Dal dettagliato lavoro di “Detenuto Ignoto” è nata una interrogazione parlamentare dei deputati radicali. Eppure il Dipartimento dell”Amministrazione Penitenziaria (Dap) sostiene che «nel sistema penitenziario italiano non esistono strutture fantasma. Non ci sono infatti disponibili strutture penitenziarie inutilizzate».
Ma il caso emblematico di Gela esiste eccome, tanto da far dire al sindaco della cittadina siciliana Angelo Fasulo che «tutti gli adempimenti che dovevano essere compiuti da Comune, Provincia e Regione sono stati regolarmente espletati. Adesso aspettiamo risposte da Roma», mentre invece dalla capitale rispondono per bocca del Dap che la struttura «è tuttora inutilizzabile a causa di un insufficiente approvvigionamento idrico non imputabile all”Amministrazione penitenziaria». La controreplica del primo cittadino gelese: «l”allaccio idrico al carcere è stato completato dalla ditta incaricata già a fine maggio e tutti i problemi di approvvigionamento idrico sono stati abbondantemente risolti. Gli arredi sono stati regolarmente consegnati e tutto questo è stato tempestivamente comunicato al Ministero che, addirittura, ha chiesto all”amministrazione di provvedere a sistemare e pulire la strada d”accesso per poter programmare l”inaugurazione.
La strada è stata immediatamente pulita e sistemata ma ad oggi non ci è stata comunicata alcuna data d”apertura. Se il carcere non viene aperto è solo perché il ministero non ha provveduto al trasferimento del personale necessario».
Intanto da più parti viene chiesta l”immediata apertura della struttura penitenziaria siciliana, così come afferma Mimmo Nicotra, vicepresidente generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp: «In un momento delicato come quello attuale, in cui le carceri sono sovraffollate, l”apertura del carcere di Gela, che dovrebbe ospitare centro detenuti, sarebbe di aiuto.» E permetterebbe di riportare sia i detenuti sia i poliziotti penitenziari alla terra di origine.
Dello stesso tenore è l”altro sindacato nazionale di polizia penitenziaria, l”Ugl che, per bocca del suo segretario nazionale Giuseppe Moretti, ritiene «giusta l”apertura di nuove case circondariali e, ancora più nello specifico, di quella di Gela per dare una boccata d”ossigeno a tutti quegli Istituti saturi e invivibili e, soprattutto, per permettere agli agenti di polizia penitenziaria di poter svolgere il proprio lavoro con dignità e senza dover quotidianamente rispondere a disagi ed ostacoli di ogni genere. Inutile temporeggiare».
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