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Lo sdegno nei confronti dei black bloc sale. C”è chi propone leggi speciali, chi carcere duro, chi punizioni esemplari. Cittadini indignati in ogni angolo del paese si scagliano contro i black bloc e, spesso, li confondono con le centinaia di migliaia di persone che pacificamente volevano manifestare il proprio dissenso contro un sistema a misura di banca e non di persone. La classe politica compatta si scaglia contro i violenti. Il ministro dell”interno Maroni che, è sempre bene ricordarlo, è stato condannato definitivamente a 4 mesi e 20 giorni di reclusione per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, è durissimo contro i black bloc. Ferrara, che oggi scrive i discorsi del premier e tiene una rubrica propagandistica su Rai 1, è stato immortalato negli anni 70 con bastoni durante le manifestazioni.
Alemanno a sua volta fu arrestato con l”accusa di aver lanciato una molotov contro l”ambasciata dell”Unione Sovietica a Roma, scontando 8 mesi di carcere a Rebibbia e poi prosciolto per non aver commesso il fatto (Ansa, 15/05/1988) e arrestato di nuovo qualche anno dopo a Nettuno (e scarcerato dopo pochi giorni), per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, e tentato blocco di corteo ufficiale.
E la lista potrebbe continuare. Ma non è di questo che voglio parlare, ma della violenza di alcuni che ha oscurato la ragione della moltitudine. Sembra un corto circuito mediatico, si parla solo della loro violenza, sono diventati i perfetti capri espiatori, il bersaglio mediatico sul quale convogliare la rabbia e la frustrazione dei cittadini per una classe politica incapace e sempre più scollegata dai bisogni reali delle persone.
I Tg confezionano servizi ad hoc per criminalizzare il dissenso e non parlare delle ragioni dei manifestanti: quello che più mi ha colpito è stato il servizio/intervista ad un signore che si è visto bruciare la propria bici durante il corteo. Una storia toccante, che non può lasciarti indifferente e che finiva con le durissime parole del signore contro i violenti. Il signore ha chiaramente ragione e la sua rabbia è più che comprensibile. Però a me, francamente, indigna di più il fatto che un signore di quell”età sia costretto ogni giorno ad andare ad elemosinare il cibo alla Caritas perché lo Stato non è capace di prendersi cura di lui, non ha fondi a sufficienza per dare dignità ai più deboli. Lo stesso giorno, la notizia passa in secondo piano, una ventina di manager finiscono nel registro degli indagati con l”accusa di aver provocato un danno all”erario di oltre 700 milioni di euro. Il primo degli indagati è Alessandro Profumo (vicino al PD), all”epoca dei fatti amministratore delegato di Unicredit. Ma come si fa a non indignarsi per questi banchieri che, secondo le accuse, con operazioni a tavolino e abili giochi di prestigio sottraggono (se i fatti saranno accertati) all”erario 700 milioni di euro? Con quei soldi dovuti al fisco, ad esempio, si potrebbero aumentare le pensioni minime ed evitare che si creino le file alla Caritas e alle mense dei poveri.
Troppo facile, però, scagliarsi con l”uomo incappucciato che spacca una vetrina (assicurata) di una banca e non contro i banchieri che depredano l”erario costringendo lo stato a tagliare i servizi. Troppo facile indignarsi per le violenze in piazza, che condanno, e non farlo per un ministro della Repubblica imputato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e che, secondo il gip Giuliano Castiglia, “per almeno due decenni ha mantenuto una condotta di consapevole apertura e disponibilità nei riguardi di esponenti anche di assoluto rilievo di Cosa nostra”. Che Stato è quello che difende un ministro imputato per concorso esterno in associazione mafiosa? Spero si dimostri la sua estraneità ai fatti, ma il solo sospetto che un uomo vicino alla mafia sia ministro della Repubblica mi fa venire i brividi. Altro che Er Pelliccia.
Come non indignarsi per una camera dei deputati che nega l”arresto di Cosentino coinvolto nell”indagine della Procura di Napoli per concorso esterno in associazione camorristica per presunti rapporti con il clan dei Casalesi? È molto più facile indignarsi con “Er Pelliccia”.
Come non indignarsi per Lavitola, latitante che si fa intervistare in TV, che viaggiava con voli di stato e incontrava ministri stranieri per trattare di cose private. È molto più facile avere come bersaglio l”anarchico con il casco.
Come non indignarsi quando un paese è diretto da un uomo che per due anni ha tenuto a casa sua Mangano, ovvero un pluriomicida legato a Cosa Nostra e definito da uno dei fondatori di Forza Italia e dallo stesso premier, un eroe? Certo è più facile indignarsi per un ragazzo che lancia un estintore, facile bersaglio mediatico sul quale attirare l”attenzione.
A me, invece, indigna uno stato debole con i forti e forte con i deboli, che etichetta come “puttane” le prostitute di strada ed escort quelle di alto borgo, che giudica ladro chi ruba per mangiare e furbo chi depreda lo stato, che condanna come criminale chi incendia una macchina ma salva dall”arresto un sottosegretario accusato di essere il referente politiÂco istituzionale dei clan dei casalesi. A me indigna uno Stato che criminalizza Er Pelliccia e ritiene un eroe Mangano (per saperne di più sullo stalliere di Arcore sentite cosa ebbe a dire di lui Borsellino).
http://www.youtube.com/watch?v=9AE6RGPbYcs
Ripeto sino alla nausea: condanno gli atti di violenza del 15 ottobre che in nessun modo sono giustificabili, ma condanno anche la violenza di chi non rispetta le istituzioni, di chi promuove la cultura dell”illegalità , di chi truffa lo stato, di chi difende un sottosegretario o un ministro indagato per associazione mafiosa o di chi considera un pluriomicida un eroe.
Mi piace ricordare le parole di Paolo Borsellino: “La lotta alla mafia deve essere innanzi tutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà , che si oppone al puzzo del compromesso, dell”indifferenza, della contiguità e quindi della complicità “.
Ed io mi indigno, oltre che per gli scontri di Roma, per quel clima di compromesso, di indifferenza, di continuità e complicità che si è creato nei confronti del crimine organizzato che è il vero cancro della democrazia. La violenza, come è stato più volte ricordato, si contrasta anche con la democrazia delle istituzioni e la credibilità delle norme. Â
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