La madre dei ragazzi

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22 Ottobre 2011 - 07.35


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di Miriam Iantaffi – Megachip.

 

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Tutto esaurito al Teatro Preneste di Roma per “La madre dei ragazzi”, con Lucia Sardo, regia di Marcello Cappelli, evento organizzato dall”associazione Da Sud, al prezzo simbolico di tre euro. L”attrice, che ha già interpretato la madre di Peppino Impastato nel film I cento passi, ripercorre la storia di Felicia Impastato, ormai divenuta simbolo della lotta alla mafia.  Fa il suo ingresso dall”alto Lucia, scende le scale e sale sul palco liberandosi in una danza sciamanica, al fine di rendere immune l”atmosfera da ogni energia negativa e lasciare i mali del mondo fuori dalle porte del teatro, almeno per la durata dello spettacolo. Se non per merito del suo rito, di certo per le sue doti di sceneggiatrice e attrice, il teatro diventa realmente una culla impermeabilizzata rispetto alle sollecitazioni esterne e Lucia si trasforma nella Grande Madre, Felicia.

Il pubblico, affamato di emozioni, fuori per una notte da un mondo massmediatico intriso di cinismo, è pronto a ricevere il suo nutrimento. Pende dalle sue labbra, resta incollato con gli occhi al suo petto e alle sue lunghe vesti, senza cali di attenzione, senza che un fiato estraneo si sovrapponga alla sua voce, per due ore di monologo che non stancano. Mai.

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«Quando ho incontrato Felicia e l”ho studiata per capire come avrei dovuto interpretare il mio ruolo nel film, lei mi disse c”ha mettere ”u core» spiega la Sardo, che il cuore lo fa pulsare all”unisono con il suo personaggio.

Riesce a toccare corde antiche che risuonano nel pubblico diventando pulsazione collettiva, esperienza sensoriale della memoria. Rivive la storia di Felicia da quando, ancora ragazza, si ribellava ai suoi, che avrebbero voluto per lei un marito diverso. Riuscì a imporsi sulla propria famiglia  per sposare, nel 1947, l”uomo che amava: Luigi Impastato. Felicia si rese conto delle sue attività mafiose soltanto dopo il matrimonio e ci teneva a sottolineare che il proprio cognome da nubile era Bartolotta.

«Lugi mi rese “o so nomu e doppu l”inferno”, diceva.  Il boss di Cinisi, suo marito Luigi, le aveva dato il suo cognome e dopo l”inferno».  Il tono, fiero, da siciliana doc, suscita per un attimo l”ilarità del pubblico, così come le indicazioni di Felicia al regista de I Cento Passi, M. Tullio Giordana:

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«U film ”o poi fare ma l”ha fare comu ricu iù!» Tradotto: -Il film lo puoi fare, ma lo devi fare come dico io!- Si sorride per alcuni istanti ma ci si commuove profondamente nel ripercorrere la storia di una madre che è riuscita a ribellarsi alla cultura della sottomissione e dell”omertà, imposta dalla nascita alle donne della sua generazione. Una madre che ha dedicato un”intera vita a diffondere nella propria terra e nell”Italia intera il rispetto della legalità, in attesa di vedere condannati gli assassini di suo figlio.

«Non voglio nessuna vendetta, soltanto giustizia», ripeteva Felicia. Dall”uccisione di Peppino, avvenuta il 9 maggio 1978, ha dovuto attendere fino all”11 aprile 2002, ben 24 anni, per vedere condannato all”ergastolo Tano Badalamenti, grazie al lavoro dei giudici Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giancarlo Caselli, Gaetano Costa, Franca Imbergamo. Tuttavia Felicia e suo figlio Giovanni, fratello di Peppino, non sono riusciti ad ottenere piena giustizia.

“Tano Seduto” Badalamenti, infatti, non scontò la sua pena perché non estradato dagli Stati Uniti all”Italia, segno che la collusione tra mafia e potere era più forte del Diritto. Il boss morì di vecchiaia nel Massachussets, pochi mesi prima di Felicia. Tuttavia lei, la Grande Madre, ha creato un movimento destinato a superare i confini geografici e i segni del tempo.

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La sua casa, diventata Casa Memoria Peppino e Felicia Impastato, è aperta a tutti da 34 anni ed è da allora punto di riferimento e meta di pellegrinaggi da parte di giovani provenienti da tutta Europa, che hanno trasformato la stanza di Peppino nel loro altare laico, infondendo alla madre il coraggio per portare avanti la sua battaglia. «Se i mafiosi avessero immaginato che movimento sarebbe nato dopo la morte di mio figlio Peppino, non lo avrebbero mai ucciso! Guardate la casa di Tano, l”assassino, a cento passi dalla mia . è sempre senza luce, spenta e vuota! La mia invece è piena di gente!» Felicia, ancora straziata dal dolore per il figlio appena assassinato, si recò alle urne a votarlo e il suo esempio fu seguito da un intero paese.

Peppino Impastato vinse le elezioni a Cinisi da morto e Felicia fu la prima donna in Italia a costituirsi Parte Civile, insieme al figlio Giovanni, in un processo per mafia.

Lucia Sardo riesce a raccontarci, con la fiera tenerezza propria delle donne della sua terra, tutto il vissuto e il dolore di questa madre, al contempo simbolo di disperazione e forza e riesce a esprimere magistralmente l”attimo del riscatto. 

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L”attimo in cui Felicia si rialza da terra, getta via le vesti funeree da “Madonna Addolorata” che le hanno cucito addosso e determina di iniziare a combattere: «Mi tagliarono gli occhi ed io vidi altro, mi tagliarono la lingua e ne spuntarono 100, mi tagliarono la gola e non dissi più menzogne, mi tagliarono il petto e m”innamorai di tutti, mi tagliarono le mani e carezzai con il cuore, mi tagliarono la pancia e partorii mille figli, mi tagliarono la vescica e non provai più colpa, mi tagliarono i piedi e cominciai a volare, mi tagliarono i rami secchi e ora sono tutta un germoglio, mi trasformai in pioggia prolungata e penetrante, per tutti quelli che rischiavano di inaridire, divenni lampada che ondeggia nella notte, per rischiarare il mio cammino e i passi degli altri.»

Lo spettacolo termina con le immagini, su megaschermo, della vera Felicia intenta a distribuire garofani rossi ai ragazzi che sono andati a trovarla, per onorare la memoria di Peppino.

 

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La Sardo saluta gli spettatori, tutti con gli occhi lucidi e persi in un interminabile applauso. Regala loro garofani rossi.

«Non distribuisco fiori per sostituirmi a Felicia», ci tiene a sottolineare l”attrice e continua: «lei è impareggiabile! Lo faccio per mantenere vive la sua memoria e la sua eredità, per tutto quello che mi ha dato, perché la sento viva in me e in tutti noi. Voglio renderle omaggio».

Sul finale si concede qualche considerazione politica: «Felicia era una Madre accogliente. Non so cosa direbbe oggi dei Black Bloc. A me viene da dire . “che c”ana fattu a sti carusi ca su accussì arraggiati?!” Cosa hanno fatto a questi ragazzi per renderli così arrabbiati, violenti? Oltre a scandalizzarci per quello che hanno fatto dovremmo scandalizzarci per quello che gli hanno fatto!»

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