Jolly Nero, la verità insabbiata

Parla la madre di una vittima: «Vogliamo sapere che potere hanno le lobby degli armatori nelle decisioni che si prendono all’interno del Porto di Genova...»

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14 Maggio 2014 - 16.55


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di Stefania Elena Carnemolla Le lobby del mare hanno paura e insabbiano. Tremano dalla notte del 7 maggio 2013 quando, nel porto di Genova, [b]la Torre Piloti urtata dalla poppa della Jolly Nero[/b], un mercantile arrugginito e difettoso spacciato per nave, s’è sbriciolata, inghiottendo vite innocenti. [b]Le lobby minacciano, quando qualcuno s’avvicina alla verità[/b]. Spadroneggiano a Genova, siedono in Parlamento e hanno sponde nella stampa. Le abbiamo conosciute, queste lobby, scrivendo ai tempi in tutta libertà della tragedia. Così come in tutta libertà in questi mesi abbiamo ascoltato [b]Adele Chiello[/b], madre del sottocapo di seconda classe [b]Giuseppe Tusa[/b], una delle vittime. Ecco la sua testimonianza.

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Ad un anno dal crollo della Torre Piloti del Porto di Genova, il 7 maggio 2013, per noi familiari di Giuseppe Tusa il ricordo di quello che avvenne quella notte rappresenta ancora un dolore profondo con cui dobbiamo fare i conti in ogni istante delle nostre giornate. Un dolore che invade anche i nostri sogni notturni. Giuseppe non ce lo renderà più nessuno. Di lui a noi rimangono soltanto i suoi dolci ricordi. Più passa il tempo, più aumenta in noi la fame di giustizia, la speranza e la volontà che in tutte le fasi processuali emerga la verità: aldilà di ogni ragionevole dubbio, quella tragedia poteva e doveva essere evitata.

Vogliamo che il processo porti alla luce tutti i responsabili e tutte le responsabilità perché quella non fu una tragica fatalità, una concomitanza di sfortunate coincidenze. Il crollo della Torre Piloti è stata una strage annunciata in cui ogni parte in causa ha contribuito con indivisibile colpa. Ogni parte in causa che non ha fatto quello che avrebbe dovuto, per avidità, per incompetenza, per leggerezza, per motivi di alleanze politiche e di potere, è colpevole di nove omicidi. Noi pretendiamo che di questo reato rispondano tutti i colpevoli di fronte alla legge e soprattutto di fronte a noi familiari sopravvissuti, che siamo la voce delle vittime. Non faremo sconti a nessuno.

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A Molo Giano sono morti nove ragazzi, nove lavoratori, nove figli, nove fratelli, nove padri, nove mariti e compagni, nove colleghi e nove amici, ognuno di loro con i suoi sogni, le sue speranze per il futuro, i suoi talenti. Sogni, speranze e talenti crollati in qualche secondo insieme a quella maledetta torre. Quella maledetta torre non doveva essere lì. E per questo cerchiamo giustizia, vogliamo sapere perché chi l’ha progettata e l’ha autorizzata, non ha previsto perlomeno una protezione per un incidente non così improbabile e imprevedibile, come appare evidente da foto e testimonianze.

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Non c’è ancora chiarezza sul ritrovamento del corpo di Giuseppe Tusa, 30 anni, che stava smontando dal turno nella Torre Piloti crollata come un castello di sabbia. Vogliamo sapere perché non possiamo leggere i verbali dei soccorsi e non possiamo sapere a che ora e come è morto. Vogliamo sapere perché Giuseppe è stato ripescato dopo sedici ore quando c’è la testimonianza della persona che, scesa dall’ascensore per timbrare il suo badge a fine turno, ha detto subito ai soccorritori che c’erano i suoi colleghi dentro l’ascensore e che sentiva i loro lamenti. I pompieri però raccontano di avere ritrovato, dopo qualche giorno, l’ascensore vuoto. Allora, dove è stato ritrovato mio figlio? Lo hanno ritrovato con le mani maciullate perchè lui ha cercato di salvarsi!

Quanto è durata e come è stata l’agonia di Giuseppe? Vogliamo sapere, legittimamente, come si sono svolti, nel dettaglio, i soccorsi di quella notte. Vogliamo sapere perché non sono riusciti a salvare nessuno. I tre feriti salvati in mare è merito di persone comuni, che si trovavano casualmente nel porto. I soccorsi sono stati adeguati? Giuseppe poteva essere salvato? Ce lo hanno restituito morto nella stiva dei bagagli di un aereo e non ci hanno nemmeno avvisati quella notte! Tanti interrogativi depositati presso la Procura di Genova e indirizzati ai titolari delle indagini Di Lecce e Cotugno. Nonostante sia trascorso un anno dai fatti, nelle duemila pagine degli atti della Procura non esiste nessun verbale di quella notte depositato, nessuna spiegazione inerente al ritrovamento di Giuseppe.

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Vogliamo sapere perchè viene tutto segretato. Questi non sono fatti irrilevanti o ininfluenti, questi sono fatti con tanti interrogativi che riguardano mio figlio legittimamente. Vogliamo tutte le risposte. Vogliamo sapere perché quel maledetto cargo è partito dal molo in condizione già precarie, con dichiarati malfunzionamenti. Vogliamo sapere perché le comunicazioni non hanno funzionato e perché non è stato dato alcun allarme. Vogliamo sapere perchè le navi degli armatori Messina, con circa quarant’anni di vita e nonostante, le molteplice avarie, i settanta incidenti nei mari italiani e nel mondo, continuano ad avere, da parte degli enti preposti, il rilascio di certificazioni di sicurezza.

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Vogliamo sapere che potere hanno le lobby degli armatori nelle decisioni che si prendono all’interno del Porto di Genova, ma non solo in quello. Vogliamo sapere perché la Capitaneria di Porto non ha protetto la vita dei suoi lavoratori e li ha messi in quella trappola a presidiare la sicurezza di altri senza occuparsi della loro stessa sicurezza. Vogliamo sapere che ruolo hanno avuto i rimorchiatori, i piloti e i comandanti in quello che avvenne. Vogliamo sapere tutto quello che c’è da sapere senza tralasciare di capire quali poteri e lobby condizionano le scelte sulla pelle dei lavoratori.

La vita di un uomo deve sempre valere più del profitto e degli interessi economici di alcuni. Noi pretendiamo che questa verità emerga dai processi e non permetta alle abilità dialettiche degli avvocati di alleggerire le responsabilità penali di tutte le parti in causa in un cinico e pericoloso scaricabarile. Sono questi giochi che permettono a disgrazie come questa di ripetersi in continuazione. Questi giochi, possiamo purtroppo prevedere, saranno la causa di altri incidenti. E ancora una volta quelli che adesso potrebbero fare molto per evitarli tireranno in ballo la sfortuna, le concause e quant’altro. Loro lo sanno bene che non è così. A loro non costerà niente piangere altri morti. Le loro notti non saranno, come le nostre, invase dal dolore.

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Noi pretendiamo che la magistratura faccia la sua parte: stare dalla parte delle vittime senza alcun tipo di sudditanza psicologica ai poteri e ai potenti. Le vittime, in quanto tali, sono “vinti”. Ma la giustizia ha il dovere di ridare loro dignità punendo i colpevoli. Non ammetteremo che i nostri cari vengano uccisi una seconda volta nelle aule dei tribunali. Ci saremo noi a presidiare la Giustizia, quella con la gi maiuscola che è e deve essere la massima espressione di una democrazia che funziona.

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Noi davvero non faremo sconti a nessuno e non ci accontenteremo di alcuna verità di comodo. Noi familiari di Giuseppe Tusa, nel ricordo anche delle altre vittime, Davide Morella, Daniele Fratantonio, Gianni Iacovello, Francesco Cetrola, Marco De Candussio, Michele Robazza, Maurizio Potenza, Sergio Basso, continueremo a lottare affinché venga loro riconosciuta giustizia. Non ci importano risarcimenti, non ci importano il cordoglio espresso dalle autorità e dall’armatore. Noi chiediamo giustizia perché purtroppo questa è l’unica cosa che ancora possiamo fare nel nome di Giuseppe e per evitare che altre famiglie si trovino a dover piangere come purtroppo capita a noi.

(13 maggio 2014) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]

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