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La nuova bocciatura del Csm nei confronti della candidatura del pm Nino Di Matteo alla Direzione Nazionale Antimafia si commenta da sola. La rabbia dei cittadini onesti

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4 Marzo 2015 - 07.55


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di Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo.

Probabilmente
abbiamo già scritto tutto. E forse potrebbe sembrare estenuante
seguitare a rivolgersi ai “massimi rappresentanti” delle istituzioni per
continuare ad appellarsi su questioni ovvie. Ma, si sa, nell’essere
umano la rassegnazione rappresenta l’ultima spiaggia. E forse è a questa
che non si vuole arrivare. La nuova bocciatura del Csm nei confronti
della candidatura del pm Nino Di Matteo alla Direzione Nazionale
Antimafia si commenta da sola. Rabbia, amarezza e disillusione sono solo
alcuni dei sentimenti che albergano nei cittadini onesti che vedevano
nella nomina di Di Matteo una risposta chiara dello Stato nei confronti
del magistrato più esposto d’Italia. Più volte abbiamo definito la
stragrande maggioranza dei componenti del Csm “sepolcri imbiancati”
veicolati da logiche politiche lontane anni luce dai principi di
giustizia. Recentemente ci siamo rivolti al neo Presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere di vigilare sull’Organo di
autogoverno delle toghe, presieduto da lui stesso, auspicando un segnale
di vicinanza verso chi è stato condannato a morte da Cosa Nostra. Che
altro dovremmo aggiungere? Che con questa decisione si dimostra
plasticamente che lo Stato non vuole essere vicino a Nino Di Matteo? Che
in questo modo lo si espone ulteriormente al rischio di un attentato?

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“Si muore quando si è lasciati soli”, diceva Giovanni Falcone, e
quella solitudine non veniva dalla società civile, ma dalle istituzioni.
E tra provvedimenti disciplinari aperti, l”emissione di circolari
particolari e mancate nomine in questi anni il Consiglio superiore della
magistratura si è dato un gran da fare, così come accadeva ai tempi di
Falcone e Borsellino. Poco importa se appena l”anno scorso, in poco più
di venti giorni, sono state raccolte oltre 91.000 firme per chiedere al
Csm di nominare Procuratore Aggiunto di Palermo lo stesso Di Matteo. Nel
frattempo l”allarme attorno al magistrato si è fatto sempre più alto e
alla presenza a Palermo di oltre centocinquanta chili di tritolo, così
come raccontato dal pentito Vito Galatolo, si aggiunge il rischio di un
attentato per mezzo di un fucile di precisione. Un elemento che non può
essere affatto trascurato. E se con quella petizione, promossa da
Salvatore Borsellino e dalla nostra redazione, si chiedeva di dare un
segnale a sostegno delle indagini condotte dal magistrato e dal pool che
indaga sulla trattativa Stato-mafia, stavolta il segnale sarebbe stato
ancora più forte. Una manifestazione concreta di vicinanza da parte
dello Stato nei confronti di chi ha subìto una condanna a morte da Totò
Riina e da quei “sistemi criminali” che attendono solo il momento
migliore per realizzare quella sentenza. Non smetteremo mai di chiedere
l”intervento dei vertici istituzionali per salvare la vita del
magistrato. Di fronte al silenzio più assordante che giunge dalle
“massime autorità” ognuno di noi ha l’obbligo morale di opporvisi
testimoniando lo scempio che sta avvenendo con la complicità di buona
parte della “casta” della magistratura, della politica e
dell’informazione. A futura memoria.

PANDORA TV – Nino Di Matteo interviene il 19 luglio 2014 a Palermo in occasione della commemorazione di Paolo Borsellino

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Fonte:  http://www.antimafiaduemila.com/2015030353966/giorgio-bongiovanni/senza-parole.html.

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