Paolo Barnard, una questione complicata

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30 Aprile 2011 - 19.05


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Giulietto Chiesa risponde a un lettore sul caso Barnard

Ciao Giulietto,
In questi giorni ho letto il saggio di Paolo Barnard “Il più Grande Crimine” e – a prescindere dalle singole questioni trattate, che per altro sto approfondendo con amici laureati in economia e commercio che ne sanno molto più di me in materia – mi ha ricordato molto il Superclan da te delineato nell”omonimo libro. Per questo, sono molto curioso di sapere cosa ne pensi a riguardo. E perché un giornalista del calibro di Barnard è stato emarginato da totalmente dal mondo dell”informazione, tanto (l”ho appreso oggi con l”ultimo aggiornamento apparso su Megachip) da doversi ritirare dall”impegno giornalistico?

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Quando hai tempo e voglia, mi farebbe molto piacere conoscere il tuo pensiero a riguardo.

 

Un caro saluto

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Walter Moretti,

 

Caro Walter ,

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mi è difficile esprimere un giudizio sintetico sull”opera omnia di Paolo Barnard. Ci sono molte convergenze tra le cose che lui scrive e pensa e quelle che io scrivo e penso. Ma ci sono anche molte divergenze di metodo e di sostanza.

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Per quanto riguarda Superclan, effettivamente la sua descrizione del potere mondiale è molto vicina (mi pare) alla mia. Altrettanto per la critica alla società dello spettacolo. E potrei continuare a lungo. La cosa non mi dispiace affatto, perché il percorso di Barnard, intellettuale, professionale e politico è molto diverso dal mio e, dunque, scoprire che altri, percorrendo altre strade, arrivano agli stessi o analoghi risultati è, in un certo senso, una conferma dei propri.

Ma colgo una tendenza che non è mia. Consistente nel tirare il filo logico oltre le sue possibilità di resistenza. Ogni ragionamento, secondo me, va svolto dentro un ambito preciso. Se si sconfina da quell”ambito anche il più corretto dei ragionamenti finisce per “rompersi”. Potrei fare diversi esempi, ma mi limito a uno. Tutte le critiche di Barnard al leaderismo di sinistra, ai guru etc., sono giustissime e condivisibili, ma non si può (e a mio avviso non si deve) menare fendenti in tutte le direzioni, senza distinguere. Perché ci si prelude la possibilità di ogni azione politica, di ogni alleanza. Non si può descrivere la situazione della società dello spettacolo giungendo alla conclusione, sostanzialmente, che non c”è alcuna via d”uscita, e poi rivolgersi a un uditorio manipolato (perché non può essere che tale) con una certa vena di disprezzo. Delle due l”una: o l”uditorio non è completamente manipolato, né manipolabile, e allora ha un senso parlargli. Oppure lo è, ma allora non ha alcun senso tentare di parlare agli sciocchi. E non ha neppure senso andare sul web a gridare, se il web è il deserto della ragione e della logica.

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In realtà Barnard ha ragione e il web sta diventando un inganno di massa. Ma non è soltanto questo e, io penso, compito dell”intellettuale (cioè colui che sa, e che è animato dal desiderio di far sapere) è di scavare alla ricerca delle possibilità di trovare l”acqua anche in quel deserto.

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Nei fatti Barnard lo fa e credo che dobbiamo ringraziarlo per i contributi che dà. Ma mi pare che lo faccia contraddicendo se stesso.

Infine la contraddizione principale che vedo e” nel suo astrarsi completamente da ogni azione politica organizzata e collettiva. Le sue posizioni (come ho detto, “logicamente estreme”) lo conducono all”isolamento. Un isolamento anch”esso contradditorio, perché poi Barnard gira per l”Italia a fare conferenze, a spiegare, a diffondere il verbo, come fanno molti altri “guru” che lui aborre. Dov”è la differenza non vedo. In ogni caso se si parla ad un pubblico, anche se non lo si vuole, si fa teatro, spettacolo, cultura, con tutti i limiti che ciascuno si porta dietro e con tutti i valori che, comunque, si può diffondere. La vera questione , mi pare, è decidere se si può fare qualche cosa per uscire da Matrix. Per quanto mi riguarda io penso che nessuno può fare niente da solo. E, se si decide di farlo con altri, significa per molti aspetti venire a compromessi, rinunciare alla propria logica ferrea, e alla propria “indignazione” per le debolezze umane, che gli uomini e le donne si portano dietro. Altrimenti non sarebbero tali. E se c”è qualcuno da portare fuori da Matrix sono appunto degli “umani”. Altrimenti perché farlo?

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Cari saluti,

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Giulietto.

 

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