Risposta ad Andrea, che non è più antifascista ma non è un fascista

'Una lettera disincantata di un lettore un tempo militante di sinistra e oggi frequentatore di idee e libri da lì lontani. La risposta di Giulietto Chiesa sul filo dell''esperienza'

Risposta ad Andrea, che non è più antifascista ma non è un fascista
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Redazione Modifica articolo

3 Gennaio 2016 - 22.59


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Egregio
Giulietto Chiesa

Ci siamo
conosciuti ad una riunione di Alternativa a Firenze poco più di un anno fa, ma
difficilmente si potrà ricordare di me.

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Ciò che le
scriverò non sarà né breve né facile (e probabilmente di nessuna importanza
pratica), e non so neppure se alla fine invierò questo messaggio oppure no. Se
non ha tempo da perdere può benissimo non leggere, capisco che sia molto
impegnato e non la biasimerei se non ricevessi risposta, magari mettere le cose
nero su bianco mi aiuterà a schiarirmi le idee e tanto basta.

Come le
raccontai a suo tempo sono un ex militante di Rifondazione (peggio ancora: area
trotskista, ha presente quei geniacci che si sono schierati dalla parte dei
ribelli moderati contro Assad? Quando l”ho scoperto ho pensato di scrivere una
lettera a Cristian De Sica per esprimere il mio sostegno alla maestria dello zio
con il piccone
; ho desistito solo perché quei mattacchioni stalinisti del Pmli
sono riusciti a fare peggio schierandosi direttamente con l” Isis contro
l”imperialismo russo… chapeau) e da
qualche anno simpatizzante 5stelle, non perché condivida tutto ciò che dicono o
fanno quanto perché ritengo siano il miglior bastone da lanciare nella ruota del
potere italiano disponibile al momento.

Come le dissi
a suo tempo lo stesso metro di giudizio mi avrebbe fatto sostenere il signor
Tsipras in Grecia (oggi probabilmente opterei per qualcosa di più a sinistra)
oppure per la signora Le Pen in Francia, sosterrei Orban in Ungheria con la
stessa facilità di Maduro in Venezuela. Perché? Perché se non rompiamo il
fronte atlantico qua rischiamo l”estinzione, ma questo non devo certo spiegarlo
a lei…

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Comunque, come
sono arrivato a queste posizioni (rossobrune direbbero alcuni)? Per un fatto
personale: pur non professando una specifica fede religiosa un giorno ho
scoperto di non essere ateo e di non avere una mente affine al materialismo dei
marxista. Pur essendo economicamente socialista e politicamente di sinistra per
tutto ciò che riguarda ciò che Marx definirebbe “sovrastruttura”, ho
pensato che magari sulla natura umana (e sul suo bisogno di irrazionale) Jung
potesse saperne più di Marx, sul perché della vita e del dolore un Buddha
potesse dire più di quanto non potrà mai fare un Mao, sulle virtù che rendono
un uomo perfetto un Cristo possa essere di ispirazione più di un Castro (che
pur stimo molto, ma stilisticamente torna bene).

Apriti cielo,
i miei ex compagni mi hanno bollato come reazionario e fascista, perché a loro
dire socialismo senza materialismo è fascismo. Credevo che l”amicizia potesse
sopravvivere a questo ma i miei ex compagni sono diventati ex amici perché
evidentemente una creatura spuria come me è pericolosa, si rischia di venire
infettati.

Il loro
rifiuto però mi ha spinto ad andare oltre, perché senza più la paura del
giudizio esterno ho potuto aprire i miei orizzonti ed ho letto Dugin (molto
interessante il suo saggio sull” origine metafisica delle ideologie politiche),
e poi Evola, di cui condivido le basi filosofiche (ad esempio il fatto che fine
ultimo di uno Stato dovrebbe essere il facilitare lo sviluppo spirituale dei
cittadini) ma non le conclusioni politiche, essendo la mia spiritualità di tipo
più evolutiva e progressista di quella evoliana (se ha letto il saggio di Dugin
di cui sopra saprà cosa intendo); eppure condivido la sua critica al mondo
moderno per molti versi: se la modernità è questo forse un passettino indietro
non è poi una cattivissima idea (se non è troppo tardi). Apriti cielo, quando
ho confessato di avere tra le mani un libro dell”odiato Evola sono stato
riempito di insulti da chi un tempo di definiva compagno ed amico; non dico che
avrebbero dovuto concordare con Evola su un qualsiasi punto ma almeno ammettere
che si possa leggere un libro prima di esprimere un giudizio e soprattutto
prima di riempire una persona di insulti!

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Al che ho
capito l”affermazione di Amedeo Bordiga secondo cui l”antifascismo sia il
prodotto peggiore del fascismo, e mi sono spaventato… già che sulla
democrazia la penso come Giorgio Gaber e pacifista non sono mai stato, vuoi
vedere che sono fascista davvero? Eppure no, non posso esserlo, il bomber nero
non mi dona e le bandiere nazionali non mi fanno grande simpatia a priori se
non condivido lo spirito che incarnano.

Di qui le mie
due riflessioni e domande che da qualche tempo mi frullano nella mia testa
pensierosa:

– possibile
che la rovina del movimento comunista mondiale sia dovuta al suo legame con il
materialismo, il quale non ha saputo e potuto legarsi con il bisogno di
irrazionale proprio della psiche umana? Possibile che la schizofrenia derivata
da questo parziale disconoscimento della parte inconscia di noi stessi abbia
fatto in modo che l”uomo nuovo creato dai comunisti si sia trovato ad essere il
maggior sostenitore del liberismo consumista (di merci e di diritti) non appena
si sia trovato senza punti di riferimento ad est (vedi PD, partito
economicamente più a destra di qualunque partito di destra in Italia e, me lo
lasci dire, ciò da ben prima di Renzi)? Possibile che il marxismo ed il
capitalismo non siano opposti, poiché entrambi partono dalle stesse premesse
filosofiche materialiste, e quindi siano in qualche modo complementari e
interscambiabili?

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– possibile
che in Europa la fine del movimento comunista sia dovuta ad un troppo stretto e
quasi religioso abbraccio con un antifascismo che ha prevalso sull”
anticapitalismo? Mi spiego: molti compagni hanno fondato la loro identità
talmente tanto sull”antifascismo che abbandonare l”anticapitalismo gli è
sembrata una cosa di secondaria importanza, che non avrebbe mutato la loro
identità, e così sono diventati gradualmente liberali e sostenitori del libero
mercato, senza capire di aver mutato la natura. Eppure spesso nemmeno sanno cosa
sia il fascismo, identificandolo ad esempio con le infami leggi razziali, ma
dimenticando che quelle stesse leggi che proibivano il matrimonio misto presso
i liberali Usa sono durate altri 20 anni. Il fatto è che mi sale la tristezza
ogni volta che vedo una persona di sinistra incapace di leggere il presente
perché convinta che il vero nemico non stia a Wall Street ma nella sede di
Forza Nuova o della Lega (ha presente la canzone “per i morti di Reggio
Emilia” in cui si canta “…ed il nemico attuale, è sempre ancora
uguale, a quel che combattemmo, sui nostri monti in Spagna…” che a 15
anni cantavo alle manifestazioni studentesche?). Non ce la faccio più a
definirmi antifascista perché non posso più soffrire persone che si rifiutano
di partecipare ad una raccolta firme se non è interdetta ai fascisti o ai leghisti,
anche se ne andasse dell”intera vita umana. E se ovviamente ogni violenza
politica va condannata con forza, le minacce fisiche a Fusaro per aver provato
ad accettare un invito al dialogo da parte di Casapound mi sembrano più
fasciste di quanto lo siano quelle teste rasate che lo hanno invitato. Questo
scontro non è il più grande regalo che si possa fare al vero nemico?

Mi creda, mi
sento come un peccatore intimamente in attesa del giudizio divino per quanto
sto per dire ma lo devo dire: il 25 aprile per me non significa più niente,
anzi significa il passaggio da una dittatura riconoscibile ad una mascherata,
con la differenza che quel poco di buono che era stato fatto in economia è
stato smantellato, non appena liberi dal pericolo della rivoluzione ispirata
dal pungolo sovietico, e proprio dalla sinistra fino al giorno prima comunista
che si è scoperta in pochi mesi liberale. Mi dispiace molto pensarla così,
abituato all”antifascismo come valore fin dalla più piccola età oggi vivo con
il rimorso di pensarla ormai così, ma non riesco a farne a meno, mi dispiace.

Mi dica, sono
fascista se sono stufo di sentirmi dire che “chi dice di non essere né di
sinistra né di destra è di destra” e a costoro vorrei rispondere “e
chi dice di non essere né gay né omofobo è omofobo?”. Sono io di destra se
quando sento parlare di “costituente di un nuovo progetto di
sinistra” mi immagino i milioni di Soros che cadono a pioggia e mi viene
l”orticaria a pensare a quanti pseudo-intellettuali si riempiranno la bocca di
parole come “proletariato” senza mai aver visto una fabbrica dall”interno;
se quando sento parlare di democrazia mi vedo le bombe che cadono sulla Libia;
se quando sento parlare di diritti dei gay, pur essendone favorevole, mi vedo
Vladimir Luxuria che cerca di farsi arrestare in Russia per cercare di
conquistare una pagina di giornale, ma non si azzarda a fare la stessa cosa in
Arabia Saudita; se quando vedo un pugno chiuso ormai mi salta in mente la maglia
che indossava una delle Pussy Riot al processo che non avrebbero subito se non
se lo fossero cercato con la loro stupidità e con i soldi di Soros; se quando
sento parlare di femminismo mi vengono in mente le Femen con le loro pisciate
in pubblica piazza; se quando mi sventolano di fronte il pericolo di un ritorno
di Berlusconi penso al fatto che l”articolo 18 io non lo avrò mai più per colpa
del PD; se ogni volta che sento litigi tra “comunisti” e
“fascisti” a me salta in testa l”immagine di un tizio in giacca e
cravatta in un ufficio di Langley che si congratula con se stesso… è colpa
mia se gli articoli di Blondet sono più profondi di quelli di Travaglio? Se Il Manifesto mi sembra più antirusso del
Giornale? Se quella ridicola ameba di
Trump mi mette meno paura di quella liberal della Clinton? E” colpa mia se gli
antifascisti sono fascisti e la sinistra è destra, e tanto più che uno va a
sinistra e tanto più che si comporta come uno di destra?

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Si faccia, se
ne ha voglia, un giro nei vari gruppi di sostegno a Putin che circolano nei
social network, gruppi che vorrebbero essere giustamente apolitici e
trasversali, e guardi se sono i fascisti o gli antifascisti a ricorrere all”insulto
ed al turpiloquio… magari la vedo così perché ho la “fortuna” di
essere nato bianco, che ci posso fare, ma nessun fascista mi ha mai detto di
tornarmene nelle fogne quando ho osato dire che un burattino è sempre uguale ad
un burattino sia che porti una bandiera nera che rossa quando fa una
rivoluzione con delle banconote verdi in tasca.

Sono
irrimediabilmente un fascista secondo lei, oppure sono solo confuso? Sono
delirante? Mi aiuti a capire se può…

E” forse
finita la storia, caro Giulietto? Dopo Marxismo, Liberalismo e Fascismo non
potrà più nascere qualcosa di nuovo? O si entra in una delle prime due
categorie oppure si è destinati a ricadere sempre e solo nella terza (come mi
sembrano sostenere i miei ex compagni)? Che ne è del libero pensiero? Rimpiango
l”età classica fatta di scuole di pensiero che si contrapponevano e si
mischiavano…

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Ieri sera,
durante il turno di notte in fabbrica, avevo molte idee su cosa scriverle,
chiedo scusa se posso averne perse alcune per strada e nel sonno. Avrei potuto
annoiarla ancora a lungo se mi fossi ricordato tutto ciò che mi è passato per
la testa in quelle 8 ore. Se avrà avuto la pazienza di leggermi fin qua, spero di non averle fatto perdere
tempo e spero di non essere solo l”ennesimo pazzoide che la importuna con i
suoi deliri.

Cordialmente,

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Andrea

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Caro Andrea,

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che sorpresa trovare una sintesi così potente e veritiera di
 una situazione esistenziale e politica assai diffusa. Dalle lettere che
ricevo  si vede una immensa richiesta di aiuto,  di informazione, di
indicazioni per l’azione. Il tuo è un appello  già politicamente motivato.
Per molti altri non c’è nemmeno una esperienza operativa di impegno, di agire
collettivo. Sono migliaia di monadi che cercano di aprirsi, un contatto.  

Via via che leggevo il tuo discorso mi rendevo conto che tu ti trovi
esattamente nello stesso luogo mentale in cui mi trovo io. La differenza è che
per me questo “passaggio” è durato molto più a lungo. Ma tutti i suoi momenti
sono stati molto simili a quelli che tu descrivi. Ricordo che lessi solo dopo
esser arrivato a Mosca, come corrispondente dell’Unità, “Buio a mezzogiorno” di Arthur Koestler. Non lo avevo
letto prima perché la mia esperienza comunista mi aveva fatto, quasi
automaticamente, scartare le letture “non utili”, problematiche. Così mi
accorsi in ritardo di avere mancato molte letture che mi sarebbero state
utilissime. E, dopo, lo furono.

Era una specie di stolido, irriflesso conformismo, con molte
variazioni sul tema.

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Un altro esempio, davvero clamoroso, di segno inverso o comunque
diverso, fu il mio incontro con Sciolokhov, l’autore del “Placido Don”. Incontro casuale. Per decenni l’avevo scartato,
stando a metà strada tra lo stalinismo, il togliattismo e l’anticomunismo in
chiave antisovietica. I comunisti italiani non lo consigliavano più.
Gl’intellettuali italiani di sinistra lo aborrivano perché aveva preso il
premio Lenin, o Stalin (non ricordo più) per la letteratura. I borghesi
italiani facevano altrettanto. Per gli stessi motivi e per altri, tutti poco
confessabili. Quasi nessuno lo aveva letto, naturalmente. Ma non era
“politically correct” leggerlo, tanto meno apprezzarlo. Insomma era uno
stalinista, uno scrittore di regime.

Poi lo lessi.

E feci una serie di scoperte straordinarie. “il Placido Don” è un
capolavoro letterario. Ma in Italia – in ambienti di sinistra –  non è più stato ripubblicato dopo l’unica
edizione fatta dagli Editori Riuniti quando ancora il PCI era sostanzialmente
un partito stalinista. Con qualche acrobazia lo ritrovai. Ma la cosa che più mi
sbalordì, felicemente, fu di scoprire che lo scrittore, amato da Stalin, aveva
scritto l’epopea dei cosacchi bianchi contro i rossi. Esattamente il contrario
di quello che mi ero prefigurato. Esattamente il contrario di tutti coloro che
avevo visto fare una smorfia di disprezzo intellettual-borghese all’indirizzo
di uno scrittore “al servizio della censura bolscevica”. Esattamente il
contrario di quello che pensavo a proposito di Stalin. Che quel libro lo lesse
con la massima attenzione, sicuramente. E che altrettanto sicuramente vide,
comprese, apprezzò e approvò la scelta di Sciolokhov: di raccontare l’umanità
degli sconfitti, dei controrivoluzionari, dei nemici. Vedi un po” le sorprese
che capitano.

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Va bene, questo è un ricordo personale. Ma serve per dirti che ti
capisco. Non sei un fascista, come non lo sono io. Che però non credo che il
socialismo senza materialismo sia fascismo. Sono due cose diverse, ecco tutto.
Io penso che il socialismo senza scienza, senza metodo, sia stupidità e
ignoranza. Marx fu un genio metodologico. Chi lo studia ancora oggi come un
catechismo non ha capito nulla del suo metodo e lo scambia per merito. La
rovina del movimento comunista non deriva dal materialismo; deriva da un
intreccio di fattori molto variegato. Uno di questi è appunto un errore di
scienza. Marx disse che l’individuo altro non è che il punto di convergenza dei
suoi rapporti sociali. E non è vero, perché l’individuo è cosa assai più
complessa dei suoi rapporti sociali. Marx non conosceva Freud. Se lo avesse
conosciuto avrebbe capito quello che sto scrivendo adesso. Ma non fu colpa sua.
Il tempo era diverso. Marx non conosceva — non poteva — il principio
d’indeterminazione di Heisenberg, la fisica dei quanti. Marx fece, benissimo,
da genio quale era, la critica dell’economia politica classica. Ma non vide la
Natura, non la inserì nel suo ragionamento. Prescindette dalla Natura, come
l’economia ne prescindeva. Anche qui non era colpa sua. Non affrontò il
problema dei limiti, quello della conservazione dell’energia, quello che si
esprime con la formula elementare secondo cui uno sviluppo infinito è impossibile
all’interno di un sistema finito di risorse. 

Il suo modello critico del capitalismo non prevedeva la Natura. Era
anch’esso, come il capitalismo, un modello di crescita infinita. E adesso la
sua analisi non è più in grado di gestire, né teoricamente, né politicamente lo
scontro tra l’Uomo e la Natura, che è in atto, e che pone il tema della
sopravvivenza umana al centro dello scontro. Invece per Marx lo scontro era tra
le classi, prevedeva una classe vincitrice. Non esaminava la possibilità che
non ci fosse nessun vincitore. Non prese in esame la possibilità che il
capitalismo fosse capace di annichilire la coscienza di classe nelle masse
operaie, conquistandole ai suoi valori, di superare la contraddizione
fondamentale e, infine, che diventasse suicida dopo essere divenuto dominatore
delle menti. 

Dunque quando io e te diciamo che non siamo più di sinistra o di
destra, non diciamo che la lotta di classe è finita, ma diciamo che si è
trasformata come si sono trasformate le classi sociali, anche, in primo luogo,
 psicologicamente; diciamo che i riferimenti storici non possono più
essere gli stessi perché il partito comunista non può più essere ricostituito,
in quanto non avrebbe alcun senso, non avendo più una classe di riferimento
esso stesso. Ma anche le forme dell’agire  politico  sono state
trasformate radicalmente e non potranno più essere quelle del secolo XIX e XX.
E l’organizzazione delle masse, che pure ci vuole, non potrà più essere quella
dei partiti di massa del XX secolo. Senza trascurare il dato che i partiti,
tutti i partiti, hanno cambiato natura, sono irriconoscibili. E infatti nessuno
li riconosce. E se li riconosce, allora è inevitabile che li respinga per
quello che sono, corrotti e ignoranti. E cercare disperatamente di riproporli,
con nomi che ormai nessuno sa cosa significhino, significa condannarsi a essere
estranei alle masse popolari, alle nuove generazioni, che pensano con
nuovi linguaggi e nuovi nomi. 

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Hai ragione anche quando dici che un certo antifascismo (non tutto
ancora) è diventato il prodotto peggiore del fascismo.  Come minimo è
divenuto inservibile dal momento che pensa che il nemico sia nelle sedi di Casa
Pound e non nelle cattedrali di Wall Street, o a Palazzo Chigi. Ecco, la
sinistra è sparita ed è diventata inservibile prima di tutto perché non ha
saputo studiare i cambiamenti. E in questo rabbioso riproporre le categorie del
passato non riesce neppure a interrogarsi sulle ragioni della sua sconfitta.

L’episodio della raccolta di firme per l’uscita dalla NATO si è
verificato esattamente come tu lo descrivi, nella pratica. Le firme, per
certuni,  si dovrebbero raccogliere solo “a sinistra”. E quando cerchi di
far loro notare che sono ormai marginali, e che là fuori c’è un popolo diverso
da quello che loro si figurano, e che non si potrà più cambiare il paese
partendo da quello striminzito 3% che, tutti insieme, loro malamente
rappresentano, allora sei il nemico. E preferiscono delimitare con paletti
sempre più rigidi il cortile della loro autoreferenzialità.  Così, nel momento
in cui ci si dovrebbe aprire per andare incontro a una nuova esperienza
collettiva (certo organizzata, perché senza organizzazione non avrà futuro
nessuna esperienza collettiva) eccoli scegliere una forma di “individualismo
collettivo” (espressione di Alexis de Tocqueville per definire i gruppi chiusi
che non sanno e non vogliono vedere che se stessi).

No, la storia non è finita. Come non è finita la democrazia. Ma
bisogna ricostruirle. Innanzitutto dotandosi degli strumenti concettuali e
pratici per farlo. Il nemico ha vinto perché si è impadronito della
comunicazione e dell’informazione. Ed è su quel campo che dobbiamo andare a
combattere. Fino ad ora ha stravinto anche perché noi eravamo assenti e lo
abbiamo lasciato fare. Il nemico è ora mille volte più potente di quanto non
fosse anche solo 70 anni orsono. Bisogna studiarne la forza per poterlo
battere. Il che significa costruire una leadership dotata degli strumenti della
conoscenza per comprendere la complessità del momento presente.

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E c’è il fattore tempo. La follia del nemico procede con i ritmi
della sua demenza. Bisogna fermarlo prima che scateni la guerra. Per fermarlo
bisogna «rompere il fronte atlantico», come dici esattamente.  Ricordo Enrico Berlinguer quando disse al più forte Partito Comunista dell”Occidente
— dopo la morte di Salvador Allende — che la vittoria non sarebbe stata
possibile nemmeno con il 51% dei voti. Aveva ragione lui. E adesso dovremo
spiegarlo anche al Movimento 5 Stelle. Ci vorrà una grande alleanza democratica
e popolare, dotata di chiari obiettivi di lotta. Il primo dei quali, prima che
sia troppo tardi, dev’essere l’uscita dell’Italia dalla NATO e la riconquista
della nostra sovranità. Può darsi che non sia più possibile, ma non è certo un
delirio. E’ un progetto di liberazione e anche di salvezza che, a ben vedere,
non ha alternativa. O tentarlo, o finire schiavi. O  morti. 

Questo è un invito all’azione. 

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Con amicizia,

Giulietto 

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