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"Potere al Popolo"? Un vicolo cieco

In risposta a un lettore: in che cosa differisce il mio punto di vista da quello di “Potere al popolo". [Giulietto Chiesa]

"Potere al Popolo"? Un vicolo cieco
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22 Febbraio 2018 - 10.59


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di Giulietto Chiesa

 

Buon pomeriggio,
la domanda che segue forse ha già avuto risposte altrove, pubbliche, da parte sua, e spero di non tediarla riproponendola : in che cosa differisce il suo punto di vista (estrinsecato nel suo movimento ) da “Potere al popolo”? Vedo di buon occhio questi ragazzi ma il suo non esserci (perché pensavo di trovarla lì nel mezzo) mi fa nascere dei dubbi.

Maurizio Razzai

***

Caro Maurizio, no, non ho ancora risposto in modo esauriente a questo quesito. Non in pubblico. Lo faccio adesso, ben sapendo che solleverò un vespaio di polemiche. Ma lo faccio anche perché a questa domanda, prima o poi avrei dovuto rispondere, al di fuori di ogni tattica. Vede, “dietro” Potere al Popolo” c’è Rifondazione Comunista; c’è la Rete dei Comunisti. E c’è molta ingenuità primitiva di una piccola parte della gioventù dei centri sociali e di cose affini, che sono cresciuti senza alcuna scuola politica e, quindi, che sono anch’essi vittima di approssimazioni, semplificazioni, banalizzazioni catechistiche. Sono, di sicuro, dei bravi ragazzi. Dopo il 4 marzo molti capiranno, in ritardo, di essere stati trascinati là dove non sapevano, e di essere stati usati per scopi che non erano quelli che credevano fossero. Ma questo è un discorso lungo che non si può affrontare qui.

Il fatto che io non sia stato là dove lei credeva di trovarmi si spiega bene con le posizioni che io ho assunto sia nella fase in cui facevo il corrispondente da Mosca, sia quando tornai in Italia. Io avevo visto in anticipo gli sviluppi della crisi mondiale (“La Guerra infinita”), e cominciai a criticare le sinistre italiane, tutte. La mia spiegazione dell’11 settembre fu respinta da tutte le sinistre. Erano al governo, o vicine, e non potevano rinunciarvi. Io, dicendo la verità, li scoprivo nel loro tatticismo. Era insopportabile. Dicevo che la crisi mondiale aveva subito una accelerazione senza precedenti. Che eravamo in una svolta storica. Che il marxismo (il loro marxismo) non era in condizione di capire tutto ciò perché non era capace di capire l’insorgere dei limiti allo sviluppo. Per carità di Dio! Erano bestemmie per loro, che guardano allo scontro tra le classi come all’unica realtà immutabile.

Non capivano che era vero quello che aveva detto Marx, che “la storia è sempre stata una lotta di classi”, ma che, cambiando la fisionomia delle classi, e creandosene di nuove, quella lotta avrebbe assunto fisionomie radicalmente diverse. Non erano capaci di emanciparsi teoricamente. E, infatti, si ridussero dove sono: a forza marginale, a “zoccolo duro”. Nel senso letterale del termine. Teste dure. Anche per loro ero un “complottista”. Rovinavo la loro tranquillità. Dicevo, dissi, ripetei, che erano tutti rimasti in un mondo che non esisteva più. Mi misi a parlare di rivoluzione della comunicazione. Spiegai e scrissi che, se non si affrontava questo problema, la politica sarebbe stata cancellata. E con essa sarebbero stati cancellati anche loro. Non solo non fui capito: fui isolato. Ma poiché diventò sempre più chiaro che avevo un seguito, sempre più largo, decisero che era meglio trattarmi come un nemico.

Fondai Pandora tv e me li trovai tutti contro. Fondai il Comitato No Guerra No Nato e me li trovai ostili e silenziosi, sempre contro. Fino ai giorni nostri, in cui molti (non tutti) decisero che ero diventato un “rossobruno”, perché mi ero convinto che fosse necessario parlare con tutti; perché dicevo e penso quello che pensava Pier Paolo Pasolini (a proposito dell’antifascismo d’accatto dei giorni nostri). Questo in grande sintesi.

Per un po’ pensai come se fosse ancora possibile trovare una via di dialogo con il pensiero ossificato di questa gente. Ma fui sistematicamente tenuto al di fuori dei loro poveri tentativi di “riunificare la sinistra”. Per mia fortuna. Dall’Arcobaleno fino a ieri, passando per Rivoluzione Civile, per L’Altra Europa con Tsipras, etc, l’obiettivo di costoro fu di impedirmi perfino di parlare nelle loro assemblee. Fino all’ultima in ordine di tempo: quella al teatro di Roma dove Je so’ pazzo si trasformò in Potere al Popolo. C’ero andato per dialogare (pensavo che bisognasse tentare ancora una volta, visto che eravamo ormai fuori tempo massimo), ma non mi fu data la parola. Avevo già fondato, con Ingroia, la Lista del Popolo. Figuriamoci! Due reprobi insieme!? Fummo ignorati. E anche derubati del nome che avevamo scelto. “Potere al popolo” fu pensato anche per relegare in un angolo la “Lista del Popolo”.

Ecco perché non sono là dove ti aspettavi che fossi. C’è un abisso tra ciò che sono diventati (anzi ciò che sono rimasti) questi “compagni” e il modo come io vedo lo scontro tra le nuove e gigantesche forze che si contendono il potere mondiale e il destino di vita e di morte che ci troviamo dinnanzi. Non videro e non vedono la guerra. Se il movimento pacifista è morto e sepolto è perché lo hanno sepolto loro (o hanno contribuito a seppellirlo). Io so che loro non sono più capaci di leggere la realtà contemporanea e, per questo, non conteranno più niente. Perfino il loro linguaggio è divenuto incomprensibile ai più.

Andare con loro significa condannarsi a una perpetua suddivisione tra clan, tra sette dogmatiche, fino alla lotta sulla punta di uno pillo. E ciò mentre, al di fuori, immense masse umane non hanno una spiegazione degli eventi che le dilaniano. Cercare queste spiegazioni è essenziale, poiché non esiste e non esisterà una via d’uscita “rivoluzionaria” senza una spiegazione rivoluzionaria della attuale “complessità”, cioè senza una teoria del cambiamento nei termini attuali. Essendo evidente che le teorie del cambiamento del secolo XX non sono più nemmeno lontanamente in grado di produrre cambiamento nel XXI secolo. Ecco dunque dove sono io, e dove sono loro: lontanissimi. Poi, sul piano pratico, si potrà collaborare anche con loro, come con molti altri. La Costituzione è di tutto il popolo. Ma tenendo sempre presente che le visioni nostre e loro sono diverse. Radicalmente diverse. E rimanere nel loro contesto, teorico e politico, significa restare fermi in fondo a un vicolo cieco.

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