'Kosovo: orrori di guerra, dalla casa gialla ai morti d''uranio'

Preroll AMP

admin Modifica articolo

24 Luglio 2010 - 22.15


ATF AMP

Top Right AMP

di Tommaso di Francesco – il manifesto.

A rompere il lungo silenzio editoriale su un enigma irrisolto d”Europa, il Kosovo, sono usciti in questo periodo due libri importanti, originali perfino nel metodo di approccio ai Balcani. All”inizio dell”anno, Lupi nella nebbia. Kosovo: l”Onu ostaggio di mafie e Usa di Giuseppe Ciulla e Vittorio Romano (ed. Jaka Book); e in questi giorni L”urlo del Kosovo di Alessandro Di Meo (ed. Exòrma).

Dynamic 1 AMP

 

Per Lupi nella nebbia, si tratta di un prezioso lavoro di giornalismo d”inchiesta che prende le mosse da semplici osservazioni e domande che tutti quanti avrebbero dovuto farsi in questi 11 anni dalla fine della guerra della Nato del 1999.

Dynamic 1 AMP

Vale a dire: il Kosovo è grande come l”Abruzzo ed è diventato stato; dovrebbe essere il paese più sicuro al mondo con una miriade di osservatori internazionali e ben 14mila soldati della Kfor-Nato, invece si spara ancora e c”è tensione armata soprattutto a nord; le poche minoranze rimaste vivono in enclave superprotette mentre in 300mila sono fuggiti nel terrore; ci sono stati innumerevoli uccisioni e sparizioni di serbi, rom e albanesi «collaborazionisti»; i magistrati internazionali, l”Interpol, l”Osce, le Nazioni unite che pure lo hanno amministrato, denunciano che l”illegalità delle mafie governa il paese, diventato ormai snodo dei traffici malavitosi verso l”Occidente di prostituzione, droga, organi, armi. Ciononostante svetta la statua di Bill Clinton sulla piazza di Pristina a eterno riconoscimento della guerra «umanitaria» della Nato contro quella che era ancora Jugoslavia.

Così gli autori hanno pensato bene di indagare a partire dal non-detto degli organismi internazionali. Per scoprire che qualche agente della sicurezza internazionale si chiede se «non abbiamo bombardato la parte sbagliata»; che esistono e sono numerose le inchieste e le denunce sul nesso indissolubile tra traffici illeciti e leadership dell”Uck (l”esercito di liberazione nazionale, con diramazioni in Macedonia, valle di Precevo, Montenegro), l”attuale governo guidato da Hashim Thaqi, capo indiscusso dell”Uck, la stessa cosiddetta opposizione, primo fra tutti Ramush Haradinay, anche lui premier in pectore e leader militare Uck; che ognuno di queste inchieste è stata monitorata, revisionata, bloccata e nuovamente istruita da funzionari americani, prima inviati e rappresentanti dell”Onu, poi diventati all”improvviso «esperti» dei ministeri kosovari.

Pubblicando, ecco la novità del libro, per ognuna delle inchieste e denunce, prove concrete di tutta la documentazione internazionale. Fino alla scoperta del «Rapporto ufficio persone scomparse» dell”Onu del febbraio 2004, del documento-dossier del 30 novembre 2005 e di quello conclusivo del 10 febbraio 2006 del quartier generale dell”Onu a Pristina, sui delitti della «casa gialla» – denunciata nel suo libro «La caccia» dall”ex procuratore Carla Del Ponte – , l”edificio di Burrell nel nord dell”Albania, dove vennero deportati centinaia di serbi e dove, in una sala operatoria fatiscente, subirono l”espianto di organi utilizzato per finanziare l”Uck.

Dynamic 1 AMP

Nessuno di questi crimini di guerra – feroci anche quelli contro i rivali albanesi della brigata Mergimi legata al leader Ibrahim Rugova – è mai stato punito. «Per non destabilizzare il Kosovo», dicono i governi complici dell”Ue e degli Usa.

E singolarmente, proprio dalla «casa gialla» inizia L”urlo del Kosovo di Di Meo. Se gli autori di Lupi nella nebbia hanno trovato la testimonianza di un albanese che sentiva «lamenti in serbo» venire dalla «casa», Di Meo comincia a raccontare con il nome di Jelena, una donna serbo kosovara ora profuga in Serbia, che ha perso il marito rapito con altre centinaia di serbi e albanesi «collaborazionisti» fin dal giugno del 1998 e forse finito nella «casa gialla».

La figlia Dragana ogni anno viene ospitata in Italia grazie al sostegno di alcune Ong come Un Ponte per…, che insieme ad altre come Abc sono impegnate nelle adozioni a distanza verso i profughi e i bambini serbi e rom. Ecco la novità di questo narrare. Si tratta di testimonianza diretta nel tentativo di ricostruire quello che la menzogna dei media e poi la guerra della Nato, ben oltre i nazionalismi locali, ha inesorabilmente strappato: il legame umano e il senso d”appartenenza. Testimoni è meglio che inviati. Perché non è il diritto-dovere di cronaca che può far scoprire i profughi più dimenticati di tutti, quelli serbi – dalla Krajina croata, dalla Bosnia, dal Kosovo. È solo il testimone che può decidere di ri-attraversare scuole, ospedali, città, monasteri rasi al suolo, cercando a ritroso la devastazione degli «effetti collaterali», quei raid dell”aviazione della Nato che per 78 giorni colpirono quasi esclusivamente obiettivi civili.

Dynamic 1 AMP

Un rapporto di Amnesty International del 2000 indicò questo effetti collaterali come «omicidi mirati» a terrorizzare. Provate allora a parlare con i sopravvissuti, ad inventariare i nomi dei bambini, provate a stenografare le loro storie di vittime infinite e non riconosciute da nessuno. A raccogliere e interpretare queste vite, ad adottarle come chiave di comprensione del presente. Non è un caso che il libro si apra con la dedica ad un”altra ragazza, Sladjana, morta da poco di cancro alle ossa. Perché i bombardamenti «umanitari» erano anche all”uranio impoverito.

Ci siamo battuti perché proprio l”uranio impoverito venisse riconosciuto come la causa della morte di decine di soldati italiani reduci dalla Bosnia e dal Kosovo, ma nessuna commissione parlamentare si è mai occupata delle vittime civili provocate dalle bombe «intelligenti» quando colpivano ospedali, scuole, fabbriche, ponti, autobus, vagoni ferroviari, piazze, scuole.

 

Dynamic 1 AMP

Link: http://www.radiocittaperta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=4725&Itemid=9.

 

 

Dynamic 1 AMP

FloorAD AMP
Exit mobile version