Vietato parlare dei Moratti

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2 Novembre 2010 - 21.48


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di Michela Murgia.

(Non lo chiedo mai, ma su questo articolo pongo esplicita richiesta di condivisione, per contrastare il silenzio che sta subendo Giorgio Meletti)

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L”anno scorso avevo scritto per Tiscali un articolo sulla raffineria Saras, ma avevo omesso di dire che la Saras ha un ufficio stampa che fa il contrario di quello che normalmente fanno gli uffici stampa: esiste per fare silenzio intorno alla Saras. Nessuno deve parlarne, nessuno deve scriverne, nemmeno le attività culturali e benefiche finanziate dalla Saras devono essere riconducibili esplicitamente alla sua sponsorizzazione. Anche se la più grande raffineria del Mediterraneo appartiene alla famiglia Moratti, né Gianmarco né Massimo si sognano di scrivere SARAS sulle magliette dei giocatori dell”Inter.

La parola d”ordine è sempre la stessa per tutti, dal presidente all”ultimo degli abitanti del comune di Sarroch dove hanno sede gli impianti: la Saras non esiste. O se esiste, non è una raffineria: è un posto utile, pulito, interessante e simpatico. Ecologico, nientemeno.

Lo dice anche il gabbiano Gaby, il protagonista del cartone animato che viene mostrato nelle scuole nell”ambito di un programma educativo rivolto ai bambini del circondario, cioè i figli dei dipendenti della raffineria, i suoi lavoratori del futuro. Il progetto si chiama Saras per la scuola e serve a rendere familiare ai bambini la presenza della raffineria sul loro territorio, abbattendo timori e resistenze. Il gabbiano Gaby illustra le buone pratiche per risparmiare energia e non inquinare, come se il problema dell”inquinamento a Sarroch fossero i comportamenti dei bambini delle scuole.

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Peccato che dentro la raffineria non lavorino gabbiani parlanti, ma esseri umani con nomi e cognomi, uomini con famiglie e giovani con progetti di vita, alcuni dei quali la vita tra quelle mura ce l”hanno anche lasciata. Un anno e mezzo fa dentro lo stabilimento di Sarroch sono morti Pierluigi Solinas, Bruno Muntoni e Daniele Melis, tre operai di una ditta esterna che operavano in condizioni di sicurezza che il giudice ha stabilito essere insufficienti e quindi causa della loro morte.

Quattro giorni fa la procura della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo di tre dirigenti della Saras e del suo amministratore delegato, Gianmarco Moratti. Nessun giornale tranne Il Fatto Quotidiano ha dato questa notizia, perché evidentemente l”ufficio stampa della Saras fa bene il suo lavoro: la Saras non esiste, e se non esiste nessuno muore alla Saras e nessuno è responsabile di quelle morti.

Chi prova a dire il contrario si trova davanti un muro impenetrabile di “vorrei ma non posso”. È successo l”anno scorso a Massimiliano Mazzotta, il regista che sulla Saras ha realizzato il documentario OIL, e che per quel film si è trovato ad affrontare lo stuolo di avvocati della famiglia di petrolieri che ne chiedevano il ritiro. Ai Moratti è andata male: il giudice non ha autorizzato il ritiro e il documentario lo abbiamo visto tutti. Ma la stessa cosa sta succedendo quest”anno a Giorgio Meletti, che per ChiareLettere ha appena fatto uscire un libro fondamentale per capire i silenzi della Saras. Si intitola Nel paese dei Moratti (Sarroch-Italia, una storia ordinaria di capitalismo coloniale) ed è un”inchiesta davvero completa, con un tale carico di informazioni e collegamenti che i Moratti devono averne proprio paura se in nessun giornale accettano di recensirlo o di parlare dei temi che solleva.

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Qualcuno a parlarne però ci prova lo stesso. Per esempio va reso merito al Comune di Sarroch di aver organizzato proprio una presentazione di questo libro. il direttore generale della Saras, uno dei quattro rinviati a giudizio per la morte di Pierluigi, Bruno e Daniele, evidentemente non lo considera un merito, tanto che ha spedito a tutti i dipendenti della raffineria questa lettera sottilmente intimidatoria, che illustra chiaramente che cosa l”azienda si aspetta dal Comune di cui è primo contribuente e datore di lavoro monopolista:

“Siamo venuti a conoscenza che il Comune di Sarroch ha organizzato un evento per la presentazione del libro di Giorgio Meletti “Nel Paese dei Moratti”. Consapevoli che questa recente pubblicazione ha suscitato qualche interesse e curiosità, desideriamo condividere un breve commento al riguardo.

Ci interessa evidenziare che il libro, al netto di alcune inesattezze e dell”utilizzo strumentale di alcune informazioni, non rende soprattutto merito dell”impegno profuso e dei risultati che Saras ha conseguito in oltre 40 anni di attività a favore della crescita economica e sociale del territorio e dello sviluppo di una cultura industriale ed organizzativa di cui tanto il nostro Paese ha bisogno. Ci auguriamo che questo sia lo spirito che ha indotto il Comune di Sarroch ad invitare l”autore del libro per un pubblico dibattito.

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Tutti, anche coloro che gravitano a vario titolo intorno alla nostra realtà, dovrebbero infatti farsi interpreti della sfida che come impresa quotidianamente viviamo: essere un punto di riferimento come produttori di energia sostenibile che alimenti la vita delle persone”.

Sorvolando sul fatto risibile che il petrolio viene definito “energia sostenibile”, immagino che non serva precisare che alla presentazione del libro non è andato nessun operaio della Saras.

Se fossi un giornalista di un giornale libero sardo a questo punto chiederei una intervista al direttore generale della Saras e gli porrei queste domande: signor direttore, se non è vero niente di quello che c”è nel libro, perché inibirne la presentazione?

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Se si può dimostrare che Giorgio Meletti mente, perché non portare quanto può smentirlo? Ogni tentativo di far tacere chi vuole scrivere o girare o parlare su quello che succede alla Saras dimostra solo una cosa: che le cose che scrive Meletti non possono essere smentite. Ecco perché è molto più conveniente che nessuno le senta ed ecco perché il direttore generale non mi rilascerebbe nessuna intervista.
L”ufficio stampa alla Saras funziona benissimo.

 

Fonte: www.michelamurgia.com.

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