Psiche e città

Un libro di interviste ad analisti e filosofi a cura di Paolo Bartolini esplora una possibile “rivoluzione dell’anima” per una nuova politica.

Psiche e città
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3 Settembre 2014 - 18.59


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L’estrema
specializzazione dei saperi, presente anche nelle scienze umane, impedisce
puntualmente di riconoscere nella nostra vita il legame indissolubile che
esiste tra la sfera psicologica, quella etica e quella socioculturale. E’
appena uscito
Psiche e città (IPOC,
Milano), un libro di interviste a cura di
Paolo
Bartolini
, che si avvale del contributo di importanti analisti e filosofi
che, da anni, sondano il rapporto tra la psicologia del profondo e i mutamenti
storici innescati dalla globalizzazione economica.
 Il volume si interroga sulla possibilità di
una
nuova politica.
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Qui psicologia, filosofia e politica si riconoscono
come percorsi solidali nella ricerca di un Senso che trascenda le miserie del
nostro tempo e sfoci in una vera e propria “rivoluzione d’anima”. Autori? Oltre
alle riflessioni dello stesso Bartolini, vi sono quelle di

Federico de Luca Comandini, Massimo Diana, Nicole Janigro, Franco
Livorsi, Romano Màdera, Moreno Montanari, Marina Valcarenghi, Luigi Zoja

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Il libro si acquista on line sul sito dell”IPOC.


Di seguito, la Prefazione scritta da Paolo Bartolini e infine l’indice.

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Prefazione

Ciascuna di queste interviste è nata
da un’urgenza etica che, ci piace credere, appartiene sia all’intervistatore
che a coloro che hanno gentilmente accettato di rispondere alle sue domande. L’obiettivo
comune, affrontato da prospettive tanto diverse quanto le personalità dei
singoli autori, è stato quello di interrogare a fondo il rapporto che
intercorre tra i cambiamenti storici e culturali innescati dalla
globalizzazione economica e la vita psichica degli esseri umani che stanno
prendendo parte a questo inedito processo. ll curatore ringrazia di cuore i
responsabili del magazine online Megachip per aver permesso, in questi
anni, di sviluppare contatti significativi con gli autori coinvolti nel libro.

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Un dibattito serrato su questi temi,
che coinvolga nel nostro Paese i professionisti della cura psicologica ed
esistenziale, stenta ancora a decollare nonostante alcune recenti pubblicazioni
sull’argomento. Questo spiega la scelta di inaugurare, perlomeno in forma
scritta, un dialogo sincero ed esigente con alcune figure di spicco della
cultura italiana appartenenti al mondo della psicoanalisi e dell’analisi
filosofica. Con loro – come vedremo – sono stati esplorati argomenti
decisamente attuali, che nel mondo accademico e in quello della stampa
ufficiale faticano a suscitare interesse, forse per la paura di sconfessare le
illusorie pretese di oggettività e neutralità associate abitualmente al
discorso analitico e terapeutico.

È uno spazio critico dunque – se con
questo termine intendiamo l’aspirazione consapevole a mettere in discussione
l’egemonia dei grandi centri di comunicazione e del loro pensiero “unico” –
quello che ospita gli scritti che qui offriamo all’attenzione del lettore.
Consapevoli di questo, tutti gli intervistati si sono distinti per coraggio e
onestà, rifiutando le maschere di ruolo e scegliendo di impiegare il sapere
dell’anima acquisito in molti anni di pratica per far luce sulle contraddizioni
dell’odierna organizzazione socioeconomica e culturale.

Tuttavia, prima di illustrare i temi
portanti che ricorrono nel libro, è opportuno chiarire a chi legge cosa
accomuni i partecipanti a quest’opera corale. Innanzitutto ciascuno di loro,
come psicoanalista o come analista biografico a orientamento filosofico, ha
sviluppato nella sua formazione umana e professionale un legame intellettuale
particolarmente intenso con il pensiero di Carl Gustav Jung e con la sua idea
di psicologia complessa.

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La sintonia profonda che risuona,
leggendo i diversi contributi qui raccolti, non è però il risultato scontato di
un’ipotetica appartenenza di scuola. Comune a tutti, piuttosto, è l’ascolto
innamorato per il profondo e per l’incompreso che abitano tanto la psiche
individuale quanto quella collettiva. La dedizione che ne segue fa sì che
l’approccio alle dinamiche psicosociali esplorate sia ben lontano dalla
tendenza, ancora prevalente, a rinchiudere il disagio e la sofferenza degli
esseri umani tra le mura anguste del romanzo familiare. Anche il duro lavoro
per riuscire gradualmente a integrare la propria Ombra, ovvero gli aspetti
rifiutati della vita psichica che minacciano il regime autocratico dell’Io e
della coscienza collettiva, è un’esigenza irrinunciabile a cui, in un modo o
nell’altro, alludono i protagonisti di questo libro. Riflessioni del genere si
pongono in continuità con le intuizioni anticipatrici di Jung e, soprattutto,
con le successive elaborazioni tentate dai suoi discepoli più originali.

Ci troviamo allora, in virtù di
queste considerazioni, dinnanzi alla possibilità di rintracciare un compito
politico sui generis per la psicologia del profondo: quello di favorire nel
singolo individuo – visto come espressione unica e irripetibile di una storia
collettiva a cui immancabilmente partecipa – l’adozione di una postura
esistenziale tesa a trasfigurare il male e il negativo senza cadere nei vecchi
meccanismi difensivi della repressione, della rimozione, del diniego e della
proiezione. Anche una filosofia che voglia dirsi realmente “biografica” si
riconosce oggi nella necessità, per il soggetto, di farsi carico dei propri
complessi irrisolti, rinunciando a fare del prossimo un capro espiatorio su cui
scaricare angosce mai elaborate e pulsioni aggressive.

Detto ciò non sorprende il fatto
che, con accenti anche molto diversi, tutti gli autori coinvolti in questo
dialogo a più voci concordino sulla centralità propedeutica di una
trasformazione di sé che anticipi e accompagni un possibile, e desiderato,
cambiamento del mondo. L’armonizzazione individuale, in quest’ottica, si
configura come transito obbligato per dirigersi responsabilmente verso una
crescente sostenibilità dell’intero sistema socioeconomico e verso una
convivenza pacifica tra culture e soggettività rese prossime dall’estensione
planetaria dell’economia capitalistica e delle sue interconnessioni materiali,
ambientali e tecnologiche.

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Che un’etica globale all’altezza dei
tempi possa e debba passare per un’educazione psicospirituale dei singoli
individui è quanto emerge da queste interviste e rappresenta l’esito condiviso
di una comune ricerca di senso nella quale la consapevolezza del fallimento dei
progetti di liberazione novecenteschi convive con l’urgenza di nuove utopie
concrete capaci di futuro. Questo libro aspira, dunque, a portare l’attenzione
dell’opinione pubblica e degli addetti ai lavori sulla “categoria della
liberazione integrale, che abbraccia tutte le dimensioni dell’essere umano:
quella sociale, quella politica e quella personale”. [1] 

Gli interrogativi rivolti agli autori si sono
soffermati proprio su queste dimensioni, con l’obiettivo di stimolare nel
lettore una comprensione articolata della crisi di civiltà che stiamo
attraversando.

Il risultato finale ha preso la
forma di una riflessione molto libera che, sollecitata dalla forza centripeta
delle domande, è spesso tornata – con accenti e sfumature mai uguali – su
almeno quattro temi guida: il primo riguarda l’attuale fase neoliberista del
capitalismo globale, caratterizzata dal declino progressivo dell’egemonia
americana e segnata dall’inasprirsi delle disuguaglianze sociali,
dall’indebolimento delle istituzioni democratiche e dall’aggravarsi della
situazione ambientale; il secondo si confronta con gli effetti psichici e
culturali collegati al cambiamento storico in corso; il terzo rivendica la
necessità di immaginare alternative possibili all’attuale sistema dominato
dalle ambizioni sfrenate del capitale finanziario; il quarto si focalizza sulla
decrescita come esempio di uno stile di vita misurato ed ecocompatibile, vero e
proprio esercizio di consapevolezza praticabile al crocevia tra scelte
individuali e ripensamento collettivo dei rapporti produttivi e di consumo.
Ovviamente molto altro emerge da questi scritti e ogni autore sembra offrirci,
dalla sua personale prospettiva, chiavi di lettura originali capaci di
arricchire l’impianto complessivo della discussione.

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Federico de Luca Comandini, ad
esempio, sottolinea l’importanza – per un’epoca come la nostra in cui la
coscienza collettiva si identifica senza scarto con il controllo razionale
degli eventi – di promuovere una crescita psicologica dell’individuo che
contempli il dialogo paritario tra l’Io e l’inconscio, al fine di riscoprire in
noi stessi quel sentimento di relazione e di connessione che il primato della
tecnica e della competizione di tutti contro tutti sta tristemente oscurando.
In quest’ottica l’esercizio dell’immaginazione attiva (di cui de Luca Comandini
è uno dei massimi conoscitori) si configura come uno dei lasciti junghiani più
stimolanti e ricchi di futuro.

Massimo Diana, da un altro vertice
di osservazione, ribadisce la fiducia nelle possibilità di cambiamento del
singolo, purché il suo processo trasformativo approdi a una vera e propria metànoia,
a una conversione che riguardi la persona nella sua interezza psico-sociale e
spirituale. Affrontare la realtà in modo non-duale, ricucendo tra loro
dimensioni esperienziali dolorosamente separate (corpo/mente,
maschile/femminile, autonomia/dipendenza, spirito/materia ecc.), significa per
il filosofo immaginare una pienezza di vita che già qui, nell’istante presente,
può essere assaporata mutando il nostro modo di percepire la realtà.

Proseguendo, Nicole Janigro
sottopone al lettore delle considerazioni penetranti sulla psicoanalisi al
tempo del capitalismo globale. La prassi analitica, secondo l’autrice, non può
estraniarsi dal flusso dei mutamenti storici che condiziona le più frequenti
richieste di aiuto influenzando persino le coordinate abituali del setting.
L’insicurezza epidemica dovuta alla crisi generalizzata del lavoro, nonché la
paura di fallire nella realizzazione di progetti di vita un tempo “garantiti”
alla maggior parte dei cittadini, si riflettono nella stanza d’analisi
attraverso le vicende di pazienti sempre meno dotati di strumenti psicologici
adeguati a fronteggiare il male e il negativo insiti in ogni sconfitta
esistenziale.

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Franco Livorsi, nella sua lunga
intervista, sviluppa una proposta inedita di alleanza tra la psicologia
analitica di Jung e le tendenze emancipative maturate in ambito ecologista e
socialista. Pur riconoscendo la gravità della crisi sistemica innescata dalle
contraddizioni dell’attuale fase capitalistica, egli non risparmia una critica
severa al materialismo storico e ai progetti rivoluzionari del Novecento che a
esso si sono ispirati.

Il fascino della proposta di Livorsi
è rintracciabile, a ben vedere, proprio nel capovolgimento di prospettiva che
ci costringe ad adottare: secondo l’autore le innovazioni sociali e politiche
capaci di fiorire e durare nel tempo sono quelle preparate da una rivoluzione
nel campo delle idee, da un cambio di mentalità profondo che – a partire da
piccoli gruppi di uomini consapevoli – può riuscire a contagiare positivamente
larghe fasce della popolazione. Oltrepassare il capitalismo e le sue storture,
in altre parole, non è pensabile al di fuori di una nuova e profondissima presa
di coscienza che avvenga prima nell’anima degli individui e solo dopo nello
spazio esterno delle relazioni politiche e materiali.

Romano Màdera, coniugando il rigore
del discorso filosofico con le intuizioni della psicologia del profondo,
esprime un quieto disincanto rispetto alla possibilità di modificare in tempi
brevi l’assetto odierno della civiltà dell’accumulazione economica. Il suo
approccio, tuttavia, non cede allo sconforto né si accontenta di un adattamento
creativo allo stato di cose presente. La nuova politica a cui il suo pensiero
allude non cerca referenti, in prima istanza, nella galassia dei movimenti e
dei partiti “antisistema”. Entrambi possono ambire a rallentare l’estensione
capillare delle logiche di potere, tuttavia l’autore sembra scommettere su
un’avanguardia spirituale che si dimostri capace di trascendere il feticismo
del nostro tempo, sperimentando su di sé una cultura dell’autolimitazione
consapevole che funga da antidoto al cattivo infinito insito nell’accumulazione
compulsiva di merci e di denaro. La ricetta di Màdera per il presente è, in
definitiva, quella di una rivoluzione culturale e spirituale che non disdegni,
visti gli attuali rapporti di forza, di attestarsi su posizioni istituzionali
più meditate e riformiste.

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In linea con queste conclusioni
anche Moreno Montanari insiste decisamente sull’importanza di valorizzare la
formazione personale come premessa ineludibile per “immaginare altrimenti” la
nostra storia condivisa. L’autore ritiene che solo una comprensione autentica
(intellettuale, emotiva e sensoriale) del nostro costitutivo
essere-in-relazione con gli altri possa nutrire un’etica centrata sui valori
della pace e della giustizia. Il sogno di una convivenza umana solidale e
sostenibile va dunque ricercato al cuore della nostra esperienza biografica, là
dove lo slancio verso l’universale si incarna necessariamente nel particolare.

A Marina Valcarenghi dobbiamo invece
alcuni spunti illuminanti sulla fenomenologia del malessere contemporaneo. La
sua intervista, oltre a sintetizzare in maniera estremamente efficace le
principali reazioni dell’inconscio collettivo di fronte alla rigidità degli
orientamenti dominanti, coglie un aspetto centrale della nostra società europea
colpita dalla recessione economica e dalle politiche di austerity
imposte dalla Commissione europea, dalla Banca Centrale e dal Fondo Monetario
Internazionale. Secondo l’autrice le masse di cittadini-consumatori che
scontano gli effetti della crisi finanziaria scoppiata nel 2008 sarebbero ormai
entrate in una condizione patologica di astinenza. La società dei consumi e
dello spettacolo è, in altri termini, una società drogata che rende ormai
indifferibile un processo di disintossicazione senza il quale i nostri desideri
più profondi sono destinati a essere puntualmente traditi.

In ultimo Luigi Zoja chiude la serie
di queste interviste indicando nel mito della crescita infinita il fulcro
simbolico di un’ambizione umana radicalmente autodistruttiva. La nascita e
l’affermarsi di una cultura del limite, purtroppo assente, dovrebbero essere la
priorità per tutti coloro che hanno individuato nella dismisura l’origine dei
nostri mali. Zoja riesce inoltre a infrangere il culto ipermoderno delle nuove
tecnologie, secondo il quale la liberazione integrale dell’uomo passerebbe
necessariamente per la Rete. Lo spazio-tempo virtuale, infatti, non potrà mai
appagare il bisogno umano di legami affettivi concreti; ne è prova
inconfutabile il crescente senso di insoddisfazione e sofferenza che dilaga
soprattutto tra le nuove generazioni. Ed è forse pensando a esse che andrebbe
letto questo libro, cercando di utilizzarlo come una mappa attendibile per
preparare l’esodo verso un altro mondo possibile.

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1 L. Boff, L. Zoja, Tra eresia e verità,
Chiarelettere, Milano, 2014, p. 131.

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INDICE

Introduzione

I. Dal mito della coscienza alla comunanza in psiche Intervista a
Federico de Luca Comandini

II. In cammino verso l’Uomo Intervista a Massimo Diana

III. Il mondo in una stanza Intervista a Nicole Janigro

IV. La fine di un’epoca, l’inizio del domani Intervista a Franco
Livorsi

V. Un’avanguardia spirituale per la nuova politica Intervista a Romano
Màdera

VI. La filosofia e la speranza Intervista a Moreno Montanari

VII. Il mistero della felicità Intervista a Marina Valcarenghi

VIII. Il limite e il profondo Intervista a Luigi Zoja

IX. La nuova politica al crocevia tra psiche e storia

Autori

Bibliografia citata

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LIBRO – e-BOOK

Disponibili in formato cartaceo (paperback), come e-book PDF, come e-book .epub. Ma anche singoli capitoli in PDF oppure raccolti in un libro ad hoc (paperback).

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